di Thomas Cattoi
La cattedrale dell’Immacolata Concezione a Pechino –più nota ai fedeli cinesi come Nantang Church- incarna come pochi altri luoghi la storia tumultuosa del cattolicesimo cinese e i molteplici paradossi della sua situazione odierna. Situata nel distretto di Xuanwumen a sud della Città Proibita, la cattedrale sorge presso il luogo dove all’inizio del diciassettesimo secolo il gesuita Matteo Ricci ottenne dall’imperatore Wanli il permesso di costruire una residenza stabile e di erigere una piccola cappella per il culto pubblico. Dopo la fine dell’era Ming, la nuova dinastia mongola dei Qing si caratterizzo’ inizialmente per una maggiore apertura verso la scienza e la cultura occidentali, tanto che il gesuita tedesco Johann Adam Schall, forte della sua amicizia personale con l’imperatore Shunzi, poté procedere alla costruzione di un nuovo e più grande edificio in stile barocco. Nel 1690 la nuovo chiesa – una delle primissime costruzioni in stile occidentale nell’intera Cina- avrebbe ricevuto il rango di cattedrale e accolto il primo vescovo di Pechino, il francescano Bernardino della Chiesa. Nonostante numerose traversie e un periodo di chiusura durante la Guerra dell’Oppio, la cattedrale sarebbe presto divenuta il fulcro dell’attività della chiesa cattolica nella capitale, tanto che quando la rivolta di Boxer ebbe causato la completa distruzione dell’edificio, bastarono tre anni perché la Nantang Church venisse riedificata com’era e dov’era con donazioni di cattolici di tutto il mondo.
Nel corso del ventesimo secolo, un periodo di fioritura durante la repubblica del Kuo Min Tang e nei primissimi anni del dopoguerra sarebbe stato interotto bruscamente dalla decisione del governo comunista nel 1957 di creare l’Associazione cattolica patriottica cinese, immediatamente condannata da papa Pio XII. Dopo gli anni bui della rivoluzione culturale, quando ogni forma di culto pubblico venne interdetta, la cattedrale dell’Immacolata Concezione venne scelta nel 1979 per ospitare la consacrazione del vescovo Michele Fu Tieshan, deceduto nel 2007 e per molti anni la massima autorita’ della chiesa patriottica cinese. Piu’ di trent’anni dopo la scelta di Deng Xiaoping di abbandonare gli eccessi ideologici dei decenni precedenti e di aprire la Cina all’Occidente, la chiesa di Nantang e’ la sede del vescovo Joseph Li Shan, uno dei pochi presuli cinesi ad essere riconosciuto sia dal Vaticano che dal governo cinese. Nel giugno del 2011, questa realta’ curiosa che coniuga struttura scismatica e riconoscimento vaticano e’ in bella mostra ogni fine settimana, quando sacerdoti americani ed europei celebrano messe in inglese per la comunita’ occidentale senza menzionare il nome del papa, talvolta concelebrando con sacerdoti della chiesa patriottica. L’ossessione cinese per la tecnologia fa si’ che molti fedeli, ben piu’ avvezzi al computer e all’iPad, seguano la messa sui maxischermi che coprono gran parte del colonnato della chiesa piuttosto che volgere lo sguardo sull’altare. La liturgia non e’ molto diversa da quella di una chiesa italiana di periferia: chitarre, tamburi, e coro approssimativo. Se fino agli anni Novanta la messa tridentina continuava ad essere usata dalla chiesa patriottica che non riconosceva le riforme liturgiche seguite al concilio, l’uso del latino e’ ora un lontano ricordo.
In Occidente le discussioni sulla situazione della chiesa cinese vertono quasi esclusivamente sulla questione del riconoscimento dell’autorita’ papale da parte del governo di Pechino. Se nel 2005 il governo vietnamita e’ arrivato ad un accordo col Vaticano a riguardo delle nomine episcopali, la politica cinese continua ad alternare periodi di maggiore disponibilita’ al dialogo ed improvvise retromarce, frustrando ogni tentativo di raggiungere un modus vivendi che sia accettabile per entrambe le parti. C’e’ pero’ una dimensione del cattolicesimo cinese che sfugge quasi interamente ai radar degli osservatori occidentali, ma che si tocca con mano se si ha la possibilita’ di trascorrere un periodo di studio o di insegnamento in una delle universita’ cinesi che recentemente hanno aperto dei dipartimenti di studi religiosi. Questa dimensione e’ quella del dissenso teologico, che si articola in modalita’ soprendemente analoghe a quelle delle universita’ cattoliche tedesche od americane. Un professore di teologia che giunge dalla California a Pechino per qualche settimana si trovera’ a discutere con i suoi studenti cinesi degli stessi temi che sembrano preoccupare i suoi studenti americani: perche’ la chiesa non ordina le donne? Perche’ la chiesa insiste cosi’ tanto sul celibato? Perche’ la chiesa continua a condannare la contraccezione? Come puo’ la chiesa continuare ad affermare di avere la verita’in un contesto multi-religioso e multi-culturale? Quando gli studenti scoprono che il professore che viene dall’America e’ anche di nazionalita’ italiana, le domande assumono un carattere piu’ diretto, quasi personale. Forse, nell’immaginario cinese, l’essere di cultura italiana faciliterebbe la comprensione dei misteriosi meccanismi della chiesa di Roma.
La realtà della chiesa patriottica non è quindi solo quella di un’istituzione che deve combattere per preservare una sua misura di autonomia dal governo comunista. E’ anche quella di una chiesa dove non pochi sono felici di poter liquidare l’enciclica Humanae Vitae con l’affermazione che essa “è irrilevante per il nostro contesto”, o dove le dichiarazioni vaticane contro il sacerdozio femminile, soprattutto in ambienti accademici, sono apertamente contestate. All’interno della chiesa patriottica, il celibato stesso è fortemente criticato: in una cultura che attribuisce grande importanza all’obbedienza filiale, e dove non è permesso avere più di un figlio, numerosi candidati al sacerdozio abbandonano il seminario sotto pressione dei genitori che desiderano una discendenza. All’universita’ Minzu di Pechino, molti fra gli studenti –ragazzi e ragazze- che esprimono interesse per il cristianesimo non fanno mistero del fatto che si sentano piu’ a loro agio nelle chiese evangeliche indipendenti, caratterizzate dall’assenza di una struttura gerarchica e dall’eguaglianza di uomini e donne nel ministero pastorale, che all’interno di una chiesa cattolica “rigida” e “patriarcale”. La stessa nozione di magistero infallibile viene accolta con scetticismo, ed associata con il totalitarismo ideologico che i loro genitori dovettero affrontare negli anni sessanta e settanta.
Se la situazione presente dovesse persistere nel tempo, è possibile che la chiesa patriottica cinese finisca col seguire la strada dell’anglicanesimo, che vide la luce nel sedicesimo secolo come espressione di potere della monarchia inglese per poi sviluppare una sua teologia indipendente da quella romana. D’altro canto, una riconciliazione fra Vaticano e governo cinese potrebbe avere come conseguenza inaspettata la nascita di un nuovo filone di dissenso teologico: il prossimo “documento dei trecento teologi”, invece che in tedesco, potrebbe essere in mandarino.