Sutera, provincia di Caltanissetta, millecinquecento abitanti in un paese arroccato attorno a uno sperone di montagna. Di Sutera sono i fratelli Mancuso e il paese è stato incluso fra i 100 borghi più belli d’Italia.
Dal centro abitato il paesaggio in basso è aspro e solenne. Sicilia verghiana ma potremmo essere in Bolivia o in Messico.
Juan Esperanza è un artista messicano che da molti anni vive a Sutera. Qui la sua cultura profondamente india, messicana ed europea, la sua organica esperienza della sperimentazione contemporanea, si relazionano ad un territorio tanto prezioso di memorie e di bellezza quanto in progressivo disuso. Una generazione, quella fra i venti e i quaranta anni manca all’appello. E’ fuori, in Italia, in Europa, altrove. A Sutera come in tutti i piccoli paesi della Sicilia interna, i centri storici vengono abbandonati, vanno in rovina.
A Sutera, come ad Agrigento, c’è un quartiere che si chiama Rabato. Come la città marocchina. In alcune abitazioni di questo antico quartiere che di arabo non ha solo il nome ma la la struttura viaria intricata come quella di una Medina, abitano alcune famiglie di immigrati. Un finanziamento europeo ha permesso il recupero abitativo di alcune vecchie case abbandonate dove adesso risiedono nuclei familiari del Nepal, dell’Eritrea, del Senegal, di altri paesi.
La sera dell’8 agosto l’intero borgo di Rabato, dove d’inverno viene allestito un presepe vivente, è stato il palcoscenico di una festa che si è protratta fino a notte inoltrata. Cibo etnico, musica, teatro, danza, mostre, installazioni.
Juan Esperanza ha creato con le opere di artisti del territorio degli allestimenti espositivi in vecchie case abbandonate, stalle, grotte. Non è la prima volta, ed ogni volta l’intero paese viene a visitare queste proposte di arte contemporanea. Si stanno abituando, dice Juan, sta diventando normale anche per loro, perché l’arte contemporanea è per tutti, sostiene, anche per la gente di Sutera, per lo più anziani, pensionati.
Esporre qui o a Città del Messico non sembra fare per Juan Esperanza una grande differenza.
Quello che si sta verificando a Sutera grazie all’artista latinoamericano accade anche in altri centri minori della Sicilia nascosta: una presenza crescente degli artisti nei vecchi centri storici abbandonati, disertati a favore delle periferie disordinate, a misura di traffico caotico, di supermarcati e centri commerciali. Una testimonianza quella degli artisti, ma forse qualcosa di più.
Ortigia, negli anni ’80 in rovina, oggi è il cuore di Siracusa, dove si vive bene grazie alla bellezza recuperata dei luoghi, all’arte del passato, agli artisti del passato. Gibellina vecchia e Gibellina nuova, S. Stefano di Quisquina con la Rocca Reina, strepitosa invenzione di Lorenzo Reina, pastore, scultore, poeta, Marzamemi, la Godrano di Francesco Carbone, il Farm Cultural Park di Favara: esperienze diverse di un comune gusto per l’immersione dell’esperienza artistica nel territorio, in luoghi lontani dai lustrini delle grandi mostre, dai grandi ‘curatori’, dalla grande chiacchiera di cui si sostanzia tanta arte contemporanea.
I politici, gli amministartori, di solito hanno altro a cui pensare, e poi davvero non ci sono soldi. E quei pochi spesso vengono spesi per i giochi di artificio o altre forme di sicuro consenso di massa. Funzionano il volontariato e il talento. L’anno scorso in un quartiere degradato di Agrigento il volontariato di poche decine di persone, fra le quali molti artisti, ha portato migliaia di persone a frequentare la vecchia via delle puttane, bonificando un quartiere-discarica, aprendo due gallerie, trasforamando un cumulo di macerie in un piccolo palcoscenico dove adesso si fanno piccoli concerti ed eventi teatrali.
Si può fare, si fa. Senza soldi, e pazienza se politici e televisioni locali stanno alla larga. D’altra parte a volte non è sempre così, c’è il sindaco, l’assessore che ci credono, che danno una mano, a volte, come nel caso di Favara, qualche mecenate. E allora arrivano anche le televisioni.
Gli artisti e il territorio in Sicilia. E ovunque. A Calcutta, a New York, nelle periferie delle metropoli e nei villaggi andini. Gli artisti come Juan Esperanza, che forse non diventeranno mai famosi, o forse si, ma non è così importante.