“C’è un momento in cui ti devi rendere conto della realtà” dice Stefano Massini a Piazzapulita nel suo monologo della settimana, il terzo da quando è inziata l’emergenza Coronavirus in Italia, che per ora ha fatto più di 3.000 vittime.
“Mi ricordo del racconto di un anziano, che ha vissuto la guerra, e che mi diceva che, poiché era un bambino, non voleva rassegnarsi al fatto che le cose fossero cambiate. E sebbene sentiva i bollettini, vedeva la preoccupazione sui volti degli adulti, lui non voleva rassegnarsi. Finché non vide delle esplosioni fuori di casa e uscì fuori, gioioso, perché pensava che fossero fuochi d’artificio e lui aveva sempre amato i fuochi d’artificio. In quel momento, sua madre lo acchiappò e gli diede uno schiaffo, dicendogli: ‘Devi capire che le cose sono cambiate’. Quelli non erano fuochi d’artificio. In quel momento, la guerra si era fatta schiaffo”.
“Per me questo momento è arrivato due giorni fa, perché il Coronavirus ha ucciso una persona che conoscevo. Mi ha chiamato sua figlia, da Bergamo, e mi ha etto che il padre era morto, che lei non aveva neanche potuto vederlo, che non avevano nemmeno potuto comprare dei fiori da mettere sulla tomba, perché a Bergamo di fiori non ce ne sono più, i fiorai li hanno esauriti. E allora ha chiesto al figlio di disegnare un fiore per il nonno e poi lo ha spedito all’ospedale, chiedendo se, gentilmente, quel fiore potesse essere attaccato sullo scotch sulla bara del padre. In quella fila di camion che trasportavano le salme, forse c’era anche lui, con un fiore finto sulla bara”.
“E allora cosa vogliamo dire a chi si sta confrontando con il pugno, con lo schiaffo del Coronavirus? Possiamo solo dire che se c’è una risorsa utile, quella è la forza di volontà. E se è forte quella di un singolo, diventa incalcolabile la forza di volontà di una comunità. Possiamo vincere questa battaglia se vogliamo, ma abbiamo bisogno di qualcosa cui vogliamo arrivare. E se non ci basta la sopravvivenza nostra e di chi ci è caro dobbiamo darci qualche altra cosa.
C’è una novella di Pirandello, che racconta la storia di un uomo che fa tutti i giorni la stessa vita finché non impazzisce e lo chiudono in matrimonio. Un amico lo va a trovare e lo trova tranquillo, e allora lui gli spiega: ‘Io mi sono reso conto che vicino casa mia passa il treno, e che fischia. E mi è sembrata una cosa meravigliosa, perché mi sono reso conto di quante possibilità di vivere ci sono intorno a noi’.
Oggi noi abbiamo una libertà molto limitata. Non possiamo neanche uscire di casa. Ma deve servire a farci apprezzare la bellezza di quando la libertà ce l’avremo di nuovo. Mi sento di dirvi questo: la nostra occupazione adesso deve essere quella di salvarci la vita, ma deve implicare una promessa: quando ne usciremo, vivi, faremo di tutto per vivere non come prima, ma più di prima, proibendoci di non ascoltare i treni che fischiano. Da una situazione come questa si deve uscire solo con una sconfinata, immensa, voglia di vivere”.
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