Checco Zalone e la storia Lgbtq: quando la satira (cattiva) fa storcere la bocca

La fiaba dura e cruda ambientata tra Vibo e Riace, con un re della Calabria che cerca una donna al giovane principe. Sappiamo come finirà e chi calzerà la scarpina, numero 48

Checco Zalone e la storia Lgbtq: quando la satira (cattiva) fa storcere la bocca
Checco Zalone e Amadeus
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Maurizio Boldrini Modifica articolo

2 Febbraio 2022 - 23.01


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Saranno chiamate le nuove fiabe di Checco Zalone. Forse ne farà una serie: prendere Cenerentola e trasformarla in un canto ironico, a volte cattivo, in una storia Lgbtq, come l’ha definita lui stesso. 

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Un finale che ricorda le prime sferzanti canzoni di Fabrizio De Andrè, come Bocca di Rosa o meglio ancora Princesa. La scarpina calza il piede di una colei-colui. Cioè come canta lo stesso Zalone :”Io sono metà e metà…..e per questo pagherai di più, molto di più”.  

Zalone al piano intona parole su note di canzoni molto conosciute, come  “Almeno tu nell’universo”, con testi che faranno rabbrividire il pubblico pruriginoso e invece gioire chi ama la civiltà, non falsamente nascosta – e magari a pagamento –  della convivenza di generi e gusti sessuali diversi. Parole forti, tanto che lo stesso comico pugliese avverte che di fronte a eventuali denunce, querele, interrogazioni il Foro competente è quello di Amedeus. 

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Ma partiamo dall’inizio: da Amadeus che dichiara di aspettare questo momento da tempo, Cioè l’attesa del personaggio che farà impennare l’audience.  Dov’è Checco Zalone? Non scende dalla scalinata ma si infila tra il pubblico della galleria.

 “Io amo il popolino”, dirà scendendo poi, per strade sbagliate, verso il palco. E’ fatto così, Checco Zalone. Può piacere e far impazzire i social, fare grossi incassi con i suoi film,  e farsi – quasi automaticamente-  criticare da chi ama praticare sempre e ovunque  il “political correct”. 

Anche nella satira. Ironizza su Sanremo, e sul suo conduttore capace di far sentire un genio chiunque calchi quel palco, facendo sentire geni tutti quelli che lo calcano. Gioca sui co-conduttrici e sul ruolo che viene loro assegnato: “Ornella Muti? Parlava come se fosse stata doppiata da Maria De Filippi. Poi la fiaba dura e cruda ambientata tra Vibo e Riace, con un re della Calabria che cerca una donna al giovane principe. Sappiamo come finirà e chi calzerà la scarpina, numero 48. Poi Checco Zalone si mette al piano e intona “una canzone per spiegare l’evoluzione”.

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 La satira è satira quando fa storcere la bocca, non quando fa ridacchiare. E molti, di sicuro, non avranno gradito e riso. 

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