'Una grande canzone' per Checco Marsella, nuovo album da uno de I Giganti.
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'Una grande canzone' per Checco Marsella, nuovo album da uno de I Giganti.

Oggi Checco Marsella fa uscire un nuovo album di canzoni dal titolo «Una grande canzone» contenente nuovi brani e la rivisitazione di «Una ragazza in due» e «Tema».

'Una grande canzone' per Checco Marsella, nuovo album da uno de I Giganti.
Checco Marsella
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26 Aprile 2022 - 15.12


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di Giordano Casiraghi

Lo avevamo conosciuto come uno dei Giganti, complesso italiano diventato famoso negli anni Sessanta, prima con la canzone «Tema» che ha conquistato il primo posto della classifica di vendita e poi con «Proposta», canzone partecipante al Festival di Sanremo 1967. Oggi Checco Marsella, il cantante più dotato dei quattro, fa uscire un nuovo album di canzoni dal titolo «Una grande canzone» contenente nuovi brani e la rivisitazione di «Una ragazza in due» e «Tema». Lo abbiamo rintracciato in una località dell’Abruzzo dove vive da qualche anno, lui nativo di Forlì.

Anche Alice è nata a Forlì. L’hai conosciuta?

Alice prendeva lezioni da Rosa Nisi, mia mamma che era diplomata in pianoforte era ben avviata per prendere il diploma di direzione orchestra. Era conosciuta a Forlì, mentre mio padre era diplomato in violino, poi ha smesso di esercitare ed essendo ragioniere ha finito per diventare impiegato. Sì, mio padre l’ho coinvolto in una incisione di mie canzoni che però non hanno visto la luce, giusto recentemente ho ritrovato il nastro di quei provini e ho riconosciuto il suo violino, ho pensato di riprenderla e l’ho riadattata, il titolo è «Tu fotografia».

Non è però una canzone del tuo ultimo disco. Cosa c’è invece?

Sono tutte canzoni ballabili. Voglio dire che sono canzoni facili dove riprendo «Tema» che ho fatto cantare a tre mie ex colleghi di piano bar, poi c’è il brano che dà il titolo all’album con il testo scritto da Rita Giovannini, la stessa che ha firmato «Luna d’agosto», brano iniziale. Decisamente in stile reggaeton è «Este amor contigo», mentre «Una ragazza in due», successo de I Giganti del 1965 vede qui una versione con un intermezzo rap a cura di Ian Giovanni Soscara.

Come è stato realizzato l’album?

Tutto in casa, con un modesto home studio, ho cantato e mi sono fatto aiutare da cori femminili, mentre il missaggio finale l’ho realizzato in uno studio di Bellaria. Quando mi sono trasferito in Abruzzo pensavo di allestire una vera e propria sala di incisione, ma poi le cose sono andate diversamente e dopo tanti anni di musica sono rimasto quindici anni senza fare nulla.

La tua carriera inizia presto, è vero che eri sul palco di Milano, Genova e Roma prima del concerto dei Beatles?

Già, andiamo indietro al 1965, quando ero appena maggiorenne. In pratica sono scappato da Forlì  per andare a Milano a incontrare Guidone. Il mio concittadino Benny, che suonava il sax, era stato convocato per un’audizione e io l’ho accompagnato. Mi sono fatto prestare una giacca mentre i pantaloni a campana li possedevo. Quando siamo arrivati in viale Papiniano a casa di Guidone io ho cantato «Georgia on my mind», la mia canzone portafortuna. Lui, che aveva già un tastierista, ha pensato di prenderci entrambi nel suo gruppo. È così che ho suonato al Vigorelli di Milano, a Genova e al Teatro Adriano di Roma prima dell’esibizione dei Beatles. Mentre Guidone ha una foto con i Beatles io conservo una fotografia con le loro firme.

Con Guidone hai continuato, dove?

Siamo stati in Grecia con Guidone e con noi sono venuti Papes alla batteria e Mino alla chitarra, ovvero i futuri Giganti. Ma la storia con I Giganti riguarda solo una parte della mia carriera artistica. Va avanti dal 1965 al 1971, con una pausa nel 1969 quando ognuno di noi si è dedicato ad attività solistiche. Io per esempio ero stato al Festival di Sanremo con la canzone «Il sole è tramontato»

I Giganti terminano la loro carriera con il progetto più ambizioso, quel «Terra in bocca» a cui è stato dedicato un intero libro firmato da Semellini e Salvarani con prefazione di don Ciotti. Di che si tratta?

È stato il nostro punto artistico più alto. Una storia di mafia con sviluppo concept dove oltre a noi quattro intervengono altri professionisti come Tempera, Bandini e Tavolazzi. Ovviamente fu censurato e per noi non era la prima volta, ma quella è stata determinante per la fine del gruppo. Un disco che è stato riscoperto dal pubblico del Prog, al punto che nel 2011 ha ricevuto il Premio Borsellino. L’anno prima al Teatro Fraschini di Pavia siamo stati chiamati a rappresentare tutto l’album dal vivo. Eravamo io Papes e Mino a cui si sono aggiunti Tempera, Bandini e Tavolazzi. Lo spettacolo è stato proposto da un gruppo corale che abitualmente interpreta canzoni del Quartetto Cetra e da un gruppo musicale che invece propone abitualmente il repertorio di Frank Zappa. Insieme a loro abbiamo fatto rivivere questo straordinario album. In platea ad assistere allo spettacolo c’erano Guidone e Ghigo. Un estratto di «Terra in bocca» l’avevamo presentato al Teatro Lirico in occasione di un ricordo musicale per Gianni Sassi che aveva ideato la copertina.

Tante cose Checco, che meritano di essere meglio dettagliate in un libro, hai mai pensato di scriverlo? Sì certo, ho già chi mi farebbe la prefazione.

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