Il "Rigoletto" di Martone alla Scala tra dissensi e applausi

Alla Scala la prima rappresentazione dell'opera di Verdi nella versione moderna del regista Martone andata in scena ieri sera è stata poco apprezzata dal pubblico

Rigoletto messo in scena nel Teatro La Scala
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21 Giugno 2022 - 13.59 Culture


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Dopo 28 anni dall’ultima produzione, il Teatro alla Scala porta in scena un nuovo Rigoletto firmato da Mario Martone con la direzione di Michele Gamba, da ieri sera fino all’11 luglio. Si tratta di una nuova versione, una versione tagliente e contemporanea che sa restituire l’intransigenza di Verdi che però non è stata apprezzata dal pubblico in sala. Quest’ultimo ha infatti ha urlato una serie di “buu” e “vergogna” durante la scena in chiusura andata oltre la morte di Gilda e la disperazione di Rigoletto, che ha mostrato, sia pur in un attimo, il sangue della rivolta contro il Duca di Mantova e la sua corte. Ai ‘buu’ si sono subito sostituiti gli applausi calorosi per tutti gli interpreti, soprattutto per Nadine Sierra (Gilda), Amartuvshin Enkhbat (Rigoletto) e Piero Pretti (il Duca). I dissensi sono poi ritornati quando a calcare il palcoscenico sono stati Martone, la scenografa Margherita Palli e l’autrice dei costumi Ursula Patzak e di pari intensità con gli applausi, sono andati avanti per un’altra manciata di minuti.

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Martone, che aveva già fatto capire che si aspettava un’accoglienza contrastata, ha voluto dare del capolavoro verdiano una lettura, con gli occhi di oggi, “più fedele” alle intenzioni di Verdi “che – ha spiegato egli stesso nei giorni scorsi – affronta il tema politico dell’ingiustizia sociale, rifacendosi al lavoro ‘Le Roi s’amuse’ che nel 1832 Victor Hugo aveva presentato alla ‘Comedie francaise’ di Parigi causando un autentico putiferio, suscitando le ire della censura. Tanto che dopo la prima non si ebbero repliche. La stessa censura che attaccò Verdi 19 anni dopo costringendolo a rimaneggiare il libretto.

Un Rigoletto che nelle intenzioni degli autori vuole essere la trasposizione ai tempi moderni, di un dramma che Verdi scrisse nel 1851, “un’opera politica – secondo Martone – che oppone una società di ricchi arroganti e una di diseredati, che all’epoca diede molto da fare alla censura”.  “Penso sia fondamentale – afferma Martone nel programma di sala – restituire la violenza che Verdi aveva in mente”. E siccome le opere dei grandi autori sono attuali in ogni epoca perché raccontano l’uomo nella sua universalità, ha riportato il tutto ad oggi senza forzature, “perché una corte di molti ricchi circondati da persone al loro servizio e che si sentono autorizzati a qualsiasi abuso è anche cosa dei nostri giorni”.

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