Hitler non aveva intenzione di scatenare la guerra mondiale? Falso: i documenti testimoniano il contrario

Lo storico Donald C. Watt, si è occupato a fondo delle cause della Seconda guerra mondiale. Stimato ordinario di storia diplomatica e internazionale, curò la pubblicazione dei documenti diplomatici tedeschi sulla guerra

Hitler non aveva intenzione di scatenare la guerra mondiale? Falso: i documenti testimoniano il contrario
Hitler e Mussolini
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Giuseppe Costigliola Modifica articolo

31 Agosto 2023 - 09.14


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Qualche tempo fa Alessandro Orsini, il professore associato nel dipartimento di Scienze politiche dell’Università Luiss ormai presenza fissa nelle varie trasmissioni di approfondimento politico, cercando di spiegare perché a suo avviso l’ingresso di nuovi paesi nella Nato sia un pericolo enorme per l’umanità, ha dichiarato in una puntata di Accordi e disaccordi (sulla Nove): “Tantissime persone hanno un’idea distorta di come sia scoppiata la Seconda guerra mondiale. A differenza di quello che molti pensano, la Seconda guerra mondiale non è scoppiata perché deliberatamente Hitler ha deciso di attaccare l’Inghilterra, la Francia, la Polonia e la Russia. Hitler non aveva alcuna intenzione di far scoppiare la Seconda guerra mondiale, ma i paesi europei hanno creato delle alleanze militari, ognuna delle quali conteneva l’articolo 5 della Nato, secondo il quale – in caso di attacco a forze straniere – sarebbero dovuti entrare in guerra. Il 1° settembre del 1939 la Germania invase la Polonia, Inghilterra e Francia erano alleati alla Polonia e si creò un effetto domino a cui Hitler non aveva interesse e che non si aspettava che scattasse.”

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Le reazioni a questa dichiarazione non si sono fatte attendere e il suo autore è stato subissato di critiche, a tal punto che giorni dopo ha provato a meglio argomentare la propria tesi, e al programma di La7 Non è l’Arena ha dichiarato: “Quello che io ho detto è inconfutabile alla luce delle scoperte storiche a cui siamo giunti. Forse un giorno ci saranno nuove scoperte scientifiche, non esiste un solo storico al mondo in grado di confutare questa mia affermazione. Hitler il 1° settembre del 1939 non aveva intenzione di scatenare la Seconda guerra mondiale e non si aspettava che si sarebbe scatenato un conflitto così forte e duraturo. Io non ho mai detto che l’alleanza tra Inghilterra, Francia e Polonia sia stata responsabile della guerra mondiale, non lo penso, è un falso quell’attribuzione”.

Malgrado il tentativo di distinguo, le polemiche non si sono placate, e qualche giorno fa, durante la trasmissione Cartabianca (Rai Tre), Orsini è di nuovo tornato sull’argomento, e rivolto alla conduttrice Bianca Berlinguer ha dichiarato: “Facciamo così, dottoressa, come si fa a scuola. Come i bambini. Per me Hitler è cattivo, un mostro, brutto brutto brutto brutto. L’Olocausto è un orrore. Non è colpa dell’alleanza Francia-Inghilterra-Polonia se è scoppiata la Seconda Guerra Mondiale. Io ho detto semplicemente che quando Hitler nel ’39 ha invaso la Polonia non si aspettava di far scoppiare una guerra mondiale. E ho usato questo caso studio per spiegare il meccanismo delle reazioni a catena nelle alleanze strutturali. È complesso, però questo è il concetto”.

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Adesso che il polverone scatenato dalle sue affermazioni sembra posarsi, si può forse trarre qualche conclusione da episodi mediatici come questo, con l’ovvia premessa che sapere chi il professor Orsini ritenga responsabile dello scoppio d’un conflitto planetario che ha prodotto milioni di morti non interessa a nessuno (se non forse ai suoi cari).

Nelle sue ormai quotidiane esternazioni Orsini sceglie spesso di esprimersi con un linguaggio icastico, estremo, volutamente scandalistico, in tema col personaggio pubblico che si è abilmente costruito. Non è né il primo, né sarà l’ultimo: chi vuole accreditarsi come anticonformista, trasgressivo e portatore di libero pensiero impiega tali strategie retoriche e simili atteggiamenti provocatori. Il che va benissimo, poiché un tale posizionamento nel dibattito pubblico è assolutamente fertile e vitale per un sano consesso democratico. Se ricordiamo figure dello spessore d’un Pasolini, di un Bianciardi, di un Moravia è proprio per tale modo di porsi nell’agone mediatico, per le scelte ardite che compirono, per le idee anticonvenzionali che portarono avanti con indomito coraggio.

Ma per fugare il dubbio che la scelta di ingaggiare una battaglia culturale contro il pensiero mainstream più che da un insopprimibile furore civile e intellettuale sia dettata da una vis polemica fine a se stessa, o peggio da un calcolo per creare e accreditare un certo personaggio pubblico, bisogna che a quell’atteggiamento teatralmente antisistema si accompagnino saldi contenuti, solide conoscenze, un progetto culturale concreto. Si corre il rischio, altrimenti, quantomeno di indebolire l’idea che si intende affermare.

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Quando si tira in ballo la storia (e che storia!), la faccenda si complica non poco. Gli storici di professione (e Orsini non lo è) sanno bene quanto sia insidioso affrontare dei “casi studio”, instaurare paragoni tra epoche lontane, stabilire parallelismi tra fatti, uomini e contesti diversi. Soprattutto, sanno quanto sia importante una conoscenza solida, un approccio corretto e serrato alle fonti disponibili. Nel tentativo di affermare la propria presa di posizione sulla guerra in corso tra Ucraina e Russia, nel sostenere la pericolosità della Nato in tale contesto, il professor Orsini si è lasciato andare ad un’affermazione incauta, che, suscitando un vespaio, ha finito per indebolire il discorso che intendeva trasmettere, spostando su altro l’attenzione mediatica.

Lo storico Donald C. Watt, si è occupato a fondo delle cause della Seconda guerra mondiale. Stimato ordinario di storia diplomatica e internazionale, fece parte del gruppo di storici del Foreign Office che curò la pubblicazione dei documenti diplomatici tedeschi requisiti alla fine del secondo conflitto mondiale, ed è autore di uno degli studi più accreditati su questo tema (1939. Come scoppiò la guerra, Leonardo, 1991). Nella sua ricostruzione Watt presenta una panoramica a tutto campo degli eventi che condussero a quella guerra analizzando il punto di vista di tutti i responsabili, avvalendosi di documenti ufficiali e di una vastissima gamma di testimonianze private, edite ed inedite, provenienti da ben 17 paesi. Il giorno cruciale, secondo la sua ricostruzione, fu il 25 agosto 1939. Alle 15 di quel pomeriggio Hitler ordinò l’attacco alla Polonia, da lungo tempo preparato. Alle 16:30 venne però a sapere che a Londra era stata firmata un’alleanza tra Gran Bretagna e Polonia che incorporava in modo formale l’impegno di garanzia accordato dagli inglesi già nel mese di marzo: una chiara evidenza che la Gran Bretagna non sarebbe rimasta in disparte in caso di attacco tedesco. Alle 18 Mussolini comunicò a Hitler che l’Italia non avrebbe potuto appoggiare la Germania se quest’ultima non le avesse fornito materiale bellico adeguato. Quello stesso giorno il Giappone interruppe i negoziati di alleanza con la Germania e tre giorni dopo salì al potere un nuovo governo. Le speranze di Hitler di riuscire a distrarre la Gran Bretagna dalle questioni europee creandole preoccupazioni nell’estremo Oriente vennero meno, e alle 19:30 il dittatore revocò l’ordine di attacco.

Eppure, malgrado questa situazione a lui sfavorevole, riprese ben presto l’iniziativa e il 31 agosto diede l’ordine di attacco definitivo, che venne lanciato alle 04:45 del giorno seguente. La sera del 2 settembre a Londra si tenne una tempestosa riunione tra i ministri e i parlamentari più in vista e il primo ministro Chamberlain, al termine della quale venne inviato un telegramma all’ambasciatore inglese a Berlino, Neville Henderson, con cui si davano disposizioni affinché alle 9 del mattino seguente venisse presentato a Hitler un ultimatum: se le truppe tedesche non avessero sospeso ogni azione aggressiva contro la Polonia e non avessero cominciato a ritirarsi dal territorio polacco entro le 11:00 di quello stesso giorno, 3 settembre, Gran Bretagna e Germania si sarebbero trovate in stato di guerra. Hitler accolse la notizia “seduto e immobile, come una figura scolpita nella pietra”. Le truppe tedesche non furono ritirate, e sappiamo com’è andata. Questo è il comportamento di qualcuno che non vuol far scoppiare la guerra mondiale?

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Sostenere che Hitler non volesse una guerra mondiale è pretestuoso e ininfluente. È storicamente accertato (la versione di Watt è condivisa dalla ricerca più accreditata) che Hitler sapeva bene che la guerra era inevitabile se la Germania avesse attaccato la Polonia, e che la Francia l’avrebbe seguita: era solo questione di tempo, quel tempo che serviva alla Germania per armarsi ancor più compiutamente per essere pronta a sferrare l’attacco ad Occidente. C’è infatti un altro ineludibile fatto che il professor Orsini non ha preso in considerazione: se Hitler non intendeva scatenare la guerra, perché chiese a Mussolini di schierarsi al suo fianco, prima di impartire l’ordine di attacco alle sue truppe? Era esattamente questo il fine ultimo del cosiddetto “Patto d’acciaio” siglato il 22 maggio del 1939 da Germania e Italia. Il testo dell’accordo prevedeva che i due Paesi fossero obbligati a darsi reciproco aiuto politico e diplomatico in caso di situazioni internazionali che mettessero a rischio i propri interessi vitali, aiuto esteso al piano militare in caso di guerra.

Che lo scontro bellico fosse da tempo nei piani tedeschi lo si deduce – tra l’altro – dai Diari di Galeazzo Ciano, Ministro degli esteri del Regno d’Italia e genero del duce, che firmò il trattato col suo omologo Joachim von Ribbentrop: già nell’ottobre del 1938 durante la sua missione romana questi aveva proposto l’alleanza, argomentando che un confronto armato contro Francia e Regno Unito sarebbe stato inevitabile: “Tutto il nostro dinamismo può dirigersi contro le democrazie occidentali”, spiegò con sinistro eufemismo. “Questa la ragione fondamentale per cui la Germania propone il Patto e lo ritiene adesso tempestivo”. Sulle intenzioni di Hitler di allargare i territori tedeschi e di scatenare una guerra contro le “plutocrazie occidentali” gli storici di professione non nutrono dubbi.

Hitler immaginava che il conflitto avrebbe avuto solo una dimensione europea? E se anche così fosse, cambia qualcosa nella valutazione degli eventi? Parliamo di un dittatore che aveva come nume tutelare la guerra (le ricorda qualcosa il concetto di Lebensraum, di “spazio vitale” professor Orsini? Ricorda che prima della Polonia Hitler aveva “annesso” l’Austria, invaso la Cecoslovacchia?), il dominio teutonico sui popoli considerati inferiori, lo sterminio degli ebrei  –non supposizioni, né deduzioni col senno di poi, ma propositi ampiamente enunciati nel suo Main Kampf e in innumerevoli discorsi pubblici. L’obiettivo imprescindibile, la sostanza stessa di un tiranno è creare un impero, e un impero si crea con la guerra, l’invasione di territori, la sottomissione violenta di altri popoli: che senso ha dichiarare che Hitler non aveva in mente di scatenare la Seconda guerra mondiale? Giova al suo pensiero sulla Nato e sul conflitto in corso tra Russia ed Ucraina?

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La morale che si può trarre da una tale avventata uscita pubblica sulle cause della Seconda guerra mondiale è dunque forse la seguente: sarebbe bene parlare solo di ciò che ben si conosce, soprattutto se si frequentano pulpiti seguiti da milioni di persone. Ad improvvisarsi storici si rischia di indebolire la propria posizione, e ridurre tutto a sterile flatus vocis.

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