Sangue sull'altare: il caso Elisa Claps
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Sangue sull'altare: il caso Elisa Claps

Sangue sull’altare è la cronaca di una verità annunciata e troppo a lungo sottaciuta. Sappiamo fin dalla prima pagina come siano andate le cose, ma la potenza delle parole ci spinge inesorabilmente a divorare le pagine.

Sangue sull'altare: il caso Elisa Claps
Elisa Claps
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21 Settembre 2023 - 00.58


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di Rock Reynolds

Siamo un popolo di poeti, santi e navigatori. Ce lo sentiamo dire dalla più tenera età e finiamo per crederci e, sostanzialmente, andarne fieri. Chissà come ci vedono realmente gli altri popoli? Chissà se quell’immagine li fa sorridere? Non so quanto sia vera, ma di certo so che su tale slogan abbiamo costruito un quadretto nazionale naif, buono per un certo tipo di turismo ma non esente da sfumature fastidiosamente patetiche. E se a quella triade volessimo aggiungere l’aggettivo “levantino”?

Sangue sull’altare (Il Saggiatore, traduzione di Luca Fontana, pagg 365, euro 18,00) del giornalista inglese Tobias Jones, collaboratore del Guardian e del Financial Times tra le altre testate, ricostruisce il caso Elisa Claps in tono accorato e con una puntigliosità da cronista esperto qual è. La vicenda della sparizione della sedicenne Elisa nella sonnecchiosa Potenza, in un’anonima domenica del 1993, ha finito per scuotere le coscienze di tutta la nazione non per l’inverosimiglianza di un allontanamento volontario di una ragazza per nulla incline ai colpi di testa, bensì per l’ostinazione quasi eroica di sua madre Filomena e di suo fratello Gildo nel tentare di squarciare un muro più o meno deliberato di omertà.

Ci sono stati “silenzi e complicità”, errori marchiani e omissioni colpose. Il quadro del sistema Italia è sconfortante: sotto l’incredibile bellezza di un paese dotato di un territorio e di una storia senza pari al mondo, emerge una società in cui clientele e accomodamenti sono la norma, una società che, inevitabilmente, colloca in ruoli di potere persone inadatte o, addirittura, indegne. Chi non è adeguato al ruolo che svolge finirà inevitabilmente per operare ben al di sotto degli standard richiesti. Chi è indegno non proverà nemmeno a raggiungerli.

Uscita di casa per incontrare presso la chiesa della Santissimaa Trinità Danilo Restivo, un ragazzo dalle risapute stranezze (come l’ossessione feticistica di tagliare ciocche di capelli alle ragazze) che l’aveva fatta oggetto di attenzioni indesiderate, Elisa non fece mai ritorno. La famiglia ebbe immediati sospetti su Danilo, ma le autorità la presero sotto gamba e, con il passare dei giorni, dei mesi e poi degli anni, l’incessante ricerca della verità trasformò Filomena e Gildo in due molestatori seriali agli occhi della gente, di alcuni esponenti delle forze dell’ordine e ancor più del magistrato inquirente. Oltre a chiedere a gran voce alle autorità di concentrare l’attenzione su Restivo (il cui padre era un potente notabile della città), la famiglia Claps avrebbe voluto che si facessero ricerche più attente nella chiesa in cui Elisa era stata vista per l’ultima volta, ma il parroco si mise di traverso, impedendo di fatto ogni perquisizione, più interessato a celare un segreto scomodo che a far emergere la verità. E, com’è noto, alla fine i timori della famiglia trovarono un triste riscontro: a distanza di 17 anni dalla sparizione della ragazza, i suoi resti furono trovati là dove erano sempre stati: nel sottotetto della chiesa della Santissima Trinità.

Sangue sull’altare è la cronaca di una verità annunciata e troppo a lungo sottaciuta. Sappiamo fin dalla prima pagina come siano andate le cose, ma la potenza delle parole ci spinge inesorabilmente a divorare le pagine.

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Cosa l’ha portata in Italia?

È una storia semplicissima: nel 1998, mi sono innamorato di una ragazza italiana! Al tempo, lavoravo per il quotidiano The Independent a Londra e, così, mi sono licenziato e mi sono trasferito a Parma. Sto con quella ragazza da 25 anni.

Il suo libro è stato pubblicato nel 212. Cos’è cambiato nel frattempo?

Nel 2003, siamo tornati a vivere nel Regno Unito, per poi tornare in Italia soltanto nel 2017. Dunque, nonostante tornassimo in Italia almeno una volta all’anno, ogni volta che lo facevamo notavamo cambiamenti evidenti. Parma – che nei tardi anni Novanta e nei primi anni “zero” era parsa una città molto ricca e molto ordinata (la “Parma da bere”) – ora sembrava decisamente più irrequieta, sporca e impoverita. Ovviamente, non aiutava il fatto che il principale benefattore di Parma fosse stato protagonista di uno spettacolare fallimento, proprio come lo era stato il consiglio comunale. Era come se, quando tornavamo, l’orgoglio della città fosse rimasto intaccato: le strade erano piene di buche, i parchi erano costellati di spazzatura, ogni cosa sembrava in stato di abbandono. È pure chiarissimo che, negli anni che si sono succeduti, una grossa fetta della gioventù italiana ha deciso di abbandonare il paese. Secondo l’AIRE (l’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero), nel maggio del 2006, 3.106.251 italiani vivevano fuori dai confini del paese. Nel gennaio del 2022, la cifra era quasi raddoppiata, raggiungendo quota 5.806.068. Il che significa che quasi un decimo di tutti gli italiani (9,8%) ora vive fuori dal paese. Il 36,3% di tutti gli italiani residenti all’estero è al di sotto del 35 anni di età, il che implica un impoverimento intellettuale e il fatto che molti “italiani” (come i miei figli) non nascano nemmeno in Italia. Tale impoverimento intellettuale ha pesanti effetti sul piano economico e sociale che si possono notare in tutte le regioni: case vuote, scuole che chiudono, servizi ridotti nelle zone rurali, paesi che lentamente vengono abbandonati. Una delle ragioni principali è una mancanza drastica di meritocrazia: le persone più competenti e qualificate raramente ottengono il posto di lavoro che meritano (e a ottenerlo spesso sono proprio quelle che non meritano!). E gli stessi salari sono ridicolmente bassi. Forse, l’altro cambiamento importante – un fenomeno globale e non meramente italiano – è il fatto che i partiti politici considerati estremisti e marginali ora sono considerati mainstream. Si cercano capri espiatori su cui scaricare la colpa per il crollo degli standard di vita e certi politici subdoli spesso indicano i “diversi” tra noi come spiegazione di tutti i nostri mali. Il livello della discussione politica è incredibilmente basso.

Cos’è che l’ha intrigata del caso di Elisa Claps?

Sono stato attratto dal suo mistero: l’impossibilità che una ragazzina scomparisse nel nulla. E noi scrittori siamo sempre alla ricerca di casi di true-crime che facciano luce sulla società in cui avvengono: pertanto, la centralità della Chiesa in quel giallo mi è risultata ovviamente intrigante, così come il sospetto di vaghi punti di contatto con il crimine organizzato. Anche lo scenario era importante: l’ambientazione di una storia criminale spesso è fondamentale quanto la storia stessa, trasformandosi in un personaggio centrale del cast. Dunque, il fatto che il giallo si sia svolto in Basilicata, una parte dell’Italia scarsamente nota agli italiani, figurarsi agli stranieri, mi ha certamente coinvolto. E, per finire, la storia della Claps è l’unica che io conosca in cui il colpevole metta in connessione il profondo Sud dell’Italia con la mia zona dell’Inghilterra, il Sudovest. Non avrei potuto non scrivere questo libro.

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C’è stato un errore particolarmente vistoso nelle indagini?

Sì, un errore talmente grossolano e scioccante da non poter essere un semplice pasticcio bensì un’omissione voluta: la mancata perquisizione del luogo in cui la ragazza era sparita, la chiesa. E ce ne sono stati altri: il mancato ottenimento di un mandato di perquisizione per la confisca degli abiti di Danilo Restivo, il rifiuto di prendere sul serio le preoccupazioni dei Claps (si sostenne che Elisa si fosse allontanata di sua iniziativa). Gli errori furono tanto, ma più delle sviste fu l’atteggiamento a recare danno al caso: l’idea che un prete debba essere per forza onesto, che le classi alte siano più rispettabili di quelle umili, che sia meglio non mettere alle strette e interrogare i potenti. Non si trattò di un errore, bensì di una forma mentis che ostacolò qualsiasi tentativo della famiglia Claps di elaborare un lutto, per quanto doloroso fosse.

Come è stato accolto il libro nel suo paese?

Nel Regno Unito e negli USA sussiste tuttora lo stereotipo secondo cui l’Italia è un paese solare, allegro e, dunque, per i più ingenui fu uno shock vedere uno spioncino letterario che penetrava nei recessi più oscuri del paese. Ma sono due i modi in cui il libro è stato accolto: a metà dei recensori e dei lettori è piaciuto un sacco il fatto che io avessi fatto varie scorribande in giro per la Basilicata per descriverne il territorio e la storia… e all’altra metà tutto ciò è piaciuto meno ed essa avrebbe voluto che io procedessi unicamente con la storia criminale. Con il senno di poi, oggi probabilmente questo libro lo scriverei in modo diverso, concentrandomi soltanto sulla storia e non viaggiando così tanto per la Basilicata, anche se ricordo il motivo per cui l’ho fatto: quando qualcuno scompare e hai dato fondo a tutte le piste, di cos’altro puoi scrivere? Ho voluto quasi rispecchiare la mancanza di direzione delle indagini.

Che impatto ha avuto nel Regno Unito la notizia dell’arresto di Danilo Restivo?

La storia di Restivo nel Regno Unito era decisamente meno nota. Non ha certo avuto l’impatto della scomparsa di Elisa in Italia. Temo (ed è una critica del modo in cui va il giornalismo) che l’assassinio di una donna di mezza età faccia decisamente meno scalpore di quello di un’adolescente sparita in una chiesa. Così, la stampa locale di Bournemouth si è occupata di Restivo e ha parlato del suo passato, mentre a livello nazionale se n’è parlato pochissimo.

Secondo lei, le indagini sulla sparizione di Elisa Claps avrebbero portato all’arresto di Restivo anche se non avesse ammazzato una donna in Inghilterra? 

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Il corpo di Elisa probabilmente sarebbe stato scoperto (e la storia dell’effettiva scoperta è uno dei tanti misteri di questo caso: quand’è stato effettivamente “scoperto” e perché?), ma l’assassinio della vicina di casa di Restivo ha trasmesso agli investigatori la certezza, se non la prova, che lui fosse il loro uomo. Le coincidenze erano troppo grandi da trascurare quando anche Heather Barnett è stata uccisa e trovata con ciocche di capelli tra le mani. Restivo era pure stato filmato mentre si preparava ad aggredire donne che facevano jogging nei parchi pubblici e, dunque, l’elemento inglese dell’indagine ha certamente svolto un ruolo importante in quella che alla fine è stata la sua condanna.

Restivo tagliava ciocche di capelli alle ragazze ed era notoriamente un tipo strano. Come ha fatto a farla ripetutamente franca, prima in Italia e poi in Inghilterra?

Molte delle donne interrogate dalla polizia scoprirono solo in un secondo momento cos’era accaduto, ovvero dopo che Restivo era sceso dall’autobus o era uscito dal cinematografo. Ho studiato numerosi criminali e il modo in cui sono sfuggiti alla giustizia e mi sono fatto l’idea che spesso i loro crimini hanno un andamento crescente: qualcosa di bizzarro o di quasi innocuo che alla fine e un po’ alla volta porta ai crimini peggiori. Dapprima, però, la gente ignora o scusa la bizzarria. Soprattutto se il colpevole è bravo a recitare la parte della vittima, a far sentire il prossimo dispiaciuto per lui. Ma Restivo è stato anche molto astuto sul piano forense: è salito su un autobus con un biglietto in maniera da presentare un timbro orario che gli fornisse un alibi ed è smontato dall’autobus alla prima fermata, per poi tornare a piedi a casa di Heather Barnett e ha messo le sue scarpe da ginnastica a bagno nella varechina. Credo che la posizione sociale della sua famiglia a sua volta abbia contribuito: i Restivo hanno lavorato nell’ombra e hanno fatto sì che, per anni, il figlio sfuggisse alla giustizia o alle cure mediche: pertanto, reati “minori” come immobilizzare bambini per poi praticargli dei tagli oppure tagliare ciocche di capelli alle donne non sono mai stati affrontati come avrebbero dovuto.

Lei si è trasferito in Italia grosso modo quando Silvio Berlusconi è “sceso in campo”. Da straniero, che idea se n’è fatto?

Temo di avere opinioni molto forti e ben note riguardo a Berlusconi: credo che sia stato un profittatore disonesto che ha dato il via libera ad alcuni dei peggiori elementi della politica italiana. Ha stabilito il tono – sessista, razzista e omofobo – del dibattito pubblico, il che significa che lo ha svilito pesantemente, mantenendo una facciata di finta pietà. Ma quello che io trovo molto interessante è che Berlusconi ha sostanzialmente scritto il canovaccio per chi è venuto dopo di lui: sbruffoni mentitori e donnaioli come Donald Trump e Boris Johnson. Ecco cosa trovo davvero affascinante della politica italiana: la sua capacità, nel bene come nel male, di lanciare mode, di creare, per molti versi, lo stampo di movimenti globali che vanno dal fascismo al populismo, dall’impero mediatico all’eurocomunismo.

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