“Rifugiato di guerra in un campo profughi, così sono arrivato in Italia e mi sono laureato”

Fuggito dal Congo, Jules Bitwayiki Mende racconta in questa intervista come ha conquistato la laurea magistrale in discipline agrarie a Firenze. “Non dimenticherò quando ho scoperto la pizza”. E crea video musicali

“Rifugiato di guerra in un campo profughi, così sono arrivato in Italia e mi sono laureato”
Screenshot dal video di Jules Mugisha (Jules Bitwayki Mende) “Be Gentle With Yourself” da youtube https://www.youtube.com/watch?v=Ao0rMl10S1Y
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Stefano Miliani Modifica articolo

20 Dicembre 2023 - 15.31 Giornale dello Spettacolo


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Fuggito nel 2012 da un’area di guerra della Repubblica democratica del Congo vicina a Ruanda e Uganda, senza genitori fin da piccolo, in un campo profughi in Etiopia Jules Bitwayiki Mende ha ottenuto lo status di rifugiato di guerra. In Africa ha studiato laureandosi in Agraria nel 2017, ha scoperto il programma universitario per giovani rifugiati Unicore – University Corridors for Refugees grazie al quale ha potuto proseguire gli studi e laurearsi nel giugno scorso in Natural resources management for tropical rural development, vale a dire Gestione delle risorse naturali per lo sviluppo tropicale, nel Dipartimento di Scienze e tecnologie agrarie, alimentari, ambientali e forestali dell’Università di Firenze nella storica sede al parco delle Cascine. Nato nel 1995 a Goma dove è cresciuto con gli zii, Jules Bitwayki Mende crea anche video musicali, canta, lavora, progetta il suo futuro e sprizza una vitalità contagiosa con un sorriso aperto e cordiale.

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Bitwayiki Mende, come è arrivato in Italia?
È il vento della fortuna ad avermi ha portato qui. Non avrei mai pensato di poter studiare all’università, lavorare, avere amici e scoprire la cucina italiana che mi piace molto.

Jules Bitwayiki Mende. Foto Stefano Miliani

Come ha ottenuto lo status di rifugiato?
Ho lasciato il Congo nel 2012. A Goma c’era una ribellione, ci sono tanti problemi con gruppi ribelli, dal 2022 nella mia regione si conta un milione di sfollati. In quell’anno arrivò un gruppo, gli M23, la mia famiglia e io scappammo per salvarci la vita e per cercare pace.

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Con i suoi genitori?
No, con mia zia che mi ha protetto da quando ero piccolo. Siamo scappati con altri membri della famiglia cercando di andare più lontano possibile dalla guerra e dai ribelli in Congo.

Dove sono sua madre e suo padre?
Li ho persi nella guerra quando ero bambino. Mio zio e mia zia mi hanno cresciuto come un loro figlio, mi hanno insegnato a vivere, hanno fatto tutto quanto potevano per farmi istruire, per portarmi in una scuola. Li ringrazio moltissimo, sono loro la mia ispirazione, è grazie a loro che parlo sette lingue perché ho capito che conoscere le lingue, le culture e le persone è il segreto affrontare tutte le situazioni dolorose e di felicità. Grazie a mia zia e a mio zio posso dire di aver avuto quei parenti che ho cercato. Quando un bambino non ne ha, ha bisogno di una direzione, di ispirazione, di indicazioni. Mi sono arrivate ed è stata una benedizione di Dio.

Screenshot dal video di Jules Mugisha (Jules Bitwayiki Mende) “Be Gentle With Yourself” da youtube https://www.youtube.com/watch?v=Ao0rMl10S1Y

Dopo essere scappati dal Congo dove siete andati?
In Etiopia, ad Addis Abeba, perché mia zia grazie al suo lavoro ci ha dato i soldi per poterci andare. Dal Congo non è facile avere soldi per portare un gruppo di persone da un paese all’altro. Lì abbiamo vissuto nell’Ethiopia Sherkole Refugee Camp dell’agenzia dell’Onu per rifugiati, l’Unhcr. Non avevamo molte opportunità ma c’era la pace: per la prima volta riuscivamo a dormire senza pensare alla guerra. Dopo qualche mese ho iniziato a immaginare il mio futuro. Per aiutare la famiglia, grazie alle mie conoscenze linguistiche, ho lavorato come traduttore all’ospedale di Sherkole e ho racimolato un po’ di soldi. Mia zia lavorava al servizio per accogliere altri rifugiati. Ho letto un annuncio dell’ufficio dell’Unhcr nel campo per candidarsi a una borsa di studio, mi sono iscritto, io e altri rifugiati abbiamo fatto l’esame, siamo passati in meno di trenta e siamo andati a studiare a Gambella, una tra le regioni più calde dell’Etiopia. Lì ho fatto l’università triennale, nel dipartimento di agraria, studiando gestione delle risorse naturali in relazione all’agricoltura. Mi sono laureato nel 2017, poi sono tornato ad Addis Abeba perché mia zia stava male e, per sostenere la famiglia, ho lavorato con insegnanti di inglese e francese in un centro linguistico e in una scuola elementare.

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Screenshot dal sito italiano di UniCoRe, University Corridors for Refugees, il progetto per studenti rifugiati

Come è arrivato in Italia?
Nel 2020 con un messaggio su Whatsapp un amico mi informava che era possibile proseguire gli studi. In Etiopia mancavano le opportunità per fare la magistrale dell’università, non sapevo esistesse questa possibilità, è qualcosa che arriva una volta nella vita e mi sono detto che non potevo mancarla. Ho mandato la mia richiesta all’università di Firenze, ho fatto gli esami in Etiopia, nel giugno 2020 una mail mi informava che li avevo superati e avevo ricevuto la borsa di studio: è stata una gioia che non so spiegare a parole.

Una volta approdato all’università fiorentina come ha proseguito?
Abbiamo fatto incontri con qualche professore, tra cui Edgardo Giordani che mi ha insegnato coltivazioni tropicali. Alberto Tonini, professore di scienze politiche, rappresentava il progetto che dava la borsa di studio, è stato tra coloro che mi hanno spiegato come ottenere documenti, come studiare nel sistema italiano, come imparare la lingua. Tutto questo comunicando per mail o con “call”, lui qui e io in Etiopia, finché nel 2020 con un’altra ventina di studenti sono potuto venire a Firenze dopo una quarantena a Perugia perché era il periodo del Covid. Ero qui con il programma UniCore. Tonini mi ha spiegato come funzionano le cose, i diritti dello studente, le opportunità, nell’autunno del 2020 ho mangiato la mia prima pizza napoletana: è un giorno che non posso dimenticare, quando mangi la pizza per la prima volta è una cultura che ti entra nella testa.

Cosa ha studiato?
“Natural resources management for tropical rural development” al Dipartimento di scienze e tecnologie agrarie, alimentari, ambientali e forestali. Si studia come migliorare l’agricoltura con nuovi sistemi e tecnologie in Paesi che soffrono per mancanza di cibo ma tenendo conto delle conoscenze tradizionali. Fino alla laurea del 13 giugno scorso.

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Adesso?
Ho sempre lo status di rifugiato di guerra, sto lavorando nel marketing, ho partecipato a campagne umanitarie informative, ho fatto il receptionist. Mi piace molto vivere a Firenze, una bellissima città con tante belle cose da scoprire ogni giorno.

Screenshot dal video di Jules Mugisha (Jules Bitwayiki Mende) “Ndoto” da youtube https://www.youtube.com/watch?v=ySfdelsRCqU

Lei canta e compone canzoni, vero?
Sì. Con un sintetizzatore e uno strumento elettronico simile a un piano ho imparato la chitarra e l’armonica, da autodidatta. Compongo canzoni Afrobeat (l’Afrobeat odierno è altra cosa rispetto a quello di un maestro fondatore quale era Fela Kuti, ndr) con rhythm’n’blues, un po’ di rap, mi piace sperimentare. Le pubblico su Youtube, Spotify, iTunes e sulle altre piattaforme dove si può trovare musica in forma digitale. È tutto autoprodotto.  Come cantante però ho il cognome dei miei genitori, sono Jules Mugisha.

L’ultimo pezzo quale è?
Be Gentle with Yourself”, arrivata ora a dicembre 2023 a 25mila visualizzazioni (clicca qui per guardarla ). Ne ho fatte altre come “Ndoto”, che in swahili che significa “sogno” (clicca qui per guardarla ). A tutti quelli che attraversano periodi difficili vorrei dire di seguire sempre il proprio sogno, di crederci, quando hai una visione tua non ci sono limiti, il dolore del passato non può determinare cosa possiamo essere nel futuro.

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Clicca qui per il progetto delle università italiane UniCoRe Italia

Clicca qui per il Dagri – Dipartimento di Scienze e tecnologie agrarie, alimentari, ambientali e forestali dell’Università di Firenze.

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