"Il loro grido è la mia voce": poesia palestinese come resistenza, memoria e atto civile collettivo
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"Il loro grido è la mia voce": poesia palestinese come resistenza, memoria e atto civile collettivo

Il volume "Il loro grido è la mia voce", a cura di Bocchinfuso, Soldaini e Tosti, raccoglie poesie palestinesi come testimonianza, resistenza etica e solidarietà concreta.

"Il loro grido è la mia voce": poesia palestinese come resistenza, memoria e atto civile collettivo
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10 Aprile 2025 - 00.44 Tivoli


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di Antonio Picarazzi

Cosa può fare la poesia davanti all’orrore? In un tempo in cui la narrazione del dolore spesso passa per immagini crude, bollettini di guerra o retoriche politicizzate, «Il loro grido è la mia voce» (Fazi Editore, 2024) offre una forma di resistenza radicalmente diversa: quella della parola poetica. 

A curare questa raccolta sono Antonio Bocchinfuso, Mario Soldaini e Leonardo Tosti, con un lavoro editoriale che ha il merito non solo di dare spazio a una pluralità di voci palestinesi contemporanee, ma anche di offrirle in modo sobrio, senza compiacimenti né vittimismi.

Il titolo stesso è già una dichiarazione di poetica: il grido non è solo un richiamo all’urgenza del dolore, ma anche una trasfusione, un passaggio di testimone. La voce del poeta non è più sua, diventa quella degli altri. Di chi non può più parlare, di chi è stato zittito. Di chi, come Heba Abu Nada, ha perso la vita a Gaza nell’ottobre 2023, ma continua a vivere nei suoi versi.

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In questa raccolta, la poesia si spoglia delle sue ambizioni estetiche e si fa lingua della carne, del sangue, del lutto, ma anche della tenacia quotidiana. Ogni poesia è un frammento di umanità che rifiuta di piegarsi. Alcune sono scritte in condizioni estreme — sotto le bombe, nell’isolamento, nel pieno del blackout — eppure non gridano rabbia, ma custodiscono una forma di lucidità etica che sorprende.

I dieci poeti qui raccolti — tra cui Hend Joudah e Nima Hassan — non parlano solo di guerra. Parlano di maternità interrotte, di sogni mutilati, di amore, di cibo, di silenzi. E lo fanno in un arabo che, pur nella sua musicalità, si incide nella pagina come se fosse inciso nella pietra.

La scelta del testo a fronte è un gesto politico oltre che editoriale. Leggere l’arabo accanto all’italiano ci ricorda che ogni traduzione è un ponte, ma anche una frontiera. I traduttori — tra cui spiccano i nomi di Nabil Bey Salameh, Ginevra Bompiani ed Enrico Terrinoni — non tentano di addolcire o di spiegare: lasciano che le parole esplodano con la stessa forza con cui sono nate.

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La prefazione di Ilan Pappé, storico israeliano noto per il suo dissenso, colloca il libro in una cornice di responsabilità storica. Ma il vero cuore pulsante di questa raccolta è nella sua scelta di destinare parte dei proventi (5 euro a copia) a Emergency per operare a Gaza. Qui la poesia non è solo documento: è gesto attivo, è solidarietà incarnata.

«Il loro grido è la mia voce» è un libro che non si può semplicemente “leggere”: va ascoltato, va attraversato. È un documento letterario, certo, ma anche un atto civile. È una mano tesa verso chi soffre, ma anche uno specchio che ci chiede: che cosa stiamo facendo, noi, con le nostre parole? Come possiamo essere voci, anche quando il mondo ci chiede silenzio?

È una mano tesa verso chi soffre, ma anche uno specchio che ci chiede: che cosa stiamo facendo, noi, con le nostre parole? Come possiamo essere voci, anche quando il mondo ci chiede silenzio? 

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I versi di Ni’ma Hassan, presenti in questa raccolta, risuonano con questa urgenza:

“Una madre a Gaza non dorme…

Ascolta il buio, ne controlla i margini, filtra i suoni uno ad uno

per scegliere una storia che le si addica,

per cullare i suoi bambini

E dopo che tutti si sono addormentati,

si erge come uno scudo di fronte alla morte

Una madre a Gaza non piange

Raccoglie la paura, la rabbia e le preghiere nei suoi polmoni,

e attende che finisca il rombo degli aerei,

per liberare il respiro

Una madre a Gaza non è come tutte le madri

Fa il pane con il sale fresco dei suoi occhi…

e nutre la patria con i suoi figli.”

Questa poesia, come tutte quelle raccolte in “Il loro grido è la mia voce”, non ci permette di rimanere indifferenti. Ci costringe ad ascoltare quel grido e a interrogarci sul nostro ruolo.

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