La Terra grida in silenzio: un appello urgente per cambiare rotta prima del collasso ecologico globale
Top

La Terra grida in silenzio: un appello urgente per cambiare rotta prima del collasso ecologico globale

Andrea Masullo, ne Il grido silenzioso della Terra, denuncia l'urgenza di un cambiamento radicale per evitare il collasso climatico ed ecologico globale.

La Terra grida in silenzio: un appello urgente per cambiare rotta prima del collasso ecologico globale
Andrea Masullo
Preroll

globalist Modifica articolo

6 Maggio 2025 - 23.28


ATF

di Antonio Salvati

Papa Francesco ci ha trasmesso il valore dell’ecologia integrale, proposta con lungimiranza nell’enciclica Laudato si’. Si tratta di tener conto delle necessità di ciascuno e di tutti, salvaguardando la dignità della persona nelle relazioni con gli altri e nel legame profondo con il creato.

Nell’ultimo mezzo secolo gli approfondimenti di diverse discipline scientifiche hanno iniziato a convergere sorprendentemente verso una comune convinzione: l’umanità sta procedendo pericolosamente verso una crisi senza precedenti, che potrebbe mettere pesantemente a rischio il suo benessere e l’intera biosfera. Tutti gli indicatori, economici, ecologici e sociali ci informano che siamo in presenza di un livello di rischio molto elevato. Stiamo andando velocemente verso una tempesta perfetta, nella quale convergono diversi fattori che presi separatamente non suscitano allarme, ma che tutti insieme, attraverso i legami esistenti fra essi, potrebbero evolvere verso sinergie catastrofiche. Molti esperti sostengono che siamo di fronte a un punto di svolta, cioè ad una di quelle situazioni che rendono estremamente imprudente tirar dritto per la nostra strada come se niente fosse. Ne è particolarmente convinto Andrea Masullo, esperto in sostenibilità ambientale, che da poco ha pubblicato Il grido silenzioso della Terra (2025 Tarka edizioni srl Mulazzo (MS), pp. 104 – € 12,00). Masullo avverte che per i cambiamenti climatici non c’è tempo da perdere e bisogna agire subito. La crisi climatica è già ad uno stadio troppo avanzato per essere fermata in tempi brevi. L’unica cosa che possiamo fare è limitarla e governarla perché non degeneri diventando tecnicamente ed economicamente ingestibile. Se non interveniamo subito ed in modo efficace trascinerà con sé anche le altre crisi raggiungendo un punto di non ritorno. Nel suo volume, Masullo propone un tentativo di dialogo fra scienza e politica, descrivendo le ragioni dell’una e dell’altra, per capire se stiamo sulla strada giusta per evitare che le crisi ambientali previste dagli esperti raggiungano dimensioni drammatiche. A tale scopo «è necessario che la politica riconosca la necessità imprescindibile di non danneggiare i meccanismi che hanno generato e oggi regolano il funzionamento della biosfera, sottoponendo ogni sua scelta a una verifica di congruità con la sua integrità. Porsi al di sopra di questi meccanismi espone l’umanità a forti rischi, per ottenere un benessere incerto e di breve durata». La scienza ci ha avvertito e continua a ripeterci con insistenza che stiamo a un punto di svolta. È necessario cambiare la rotta per evitare il naufragio. La politica è disposta a farlo? Di questo ed altro ne abbiamo parlato con Masullo da anni fortemente impegnato su questi temi insieme all’organizzazione Greenaccord, attraverso numerosi incontri e molti articoli e monografie sullo sviluppo, la gestione delle risorse naturali e le politiche energetiche.

Cominciamo dal titolo: perché la Terra grida?

La Terra grida perché è in pericolo; ce lo dicono i dati scientifici che nell’ultimo mezzo secolo hanno cominciato a convergere verso una crisi senza precedenti, che potrebbe mettere a rischio gli equilibri dell’intera biosfera. Quasi tutti gli indicatori sono entrati in un’area inesplorata ed a rischio elevato. L’analisi macroeconomica fatta dal club di Roma, negli anni ’70, già aveva previsto le crisi di sistema che stiamo vivendo in questi anni.

Che significa che questo grido è silenzioso

Guardate il famoso dipinto “l’urlo” di Munk. Guardandolo voi non sentite nulla, ma l’immagine di quel volto deformato dà il senso di un urlo di disperazione. Molta gente, per esorcizzare l’inquietudine che nasce da prospettive future così drammaticamente incerte, preferisce nasconderla sotto un velo di indifferenza, come se non esistesse, come si fa quando per non sentire un rumore molesto ci si tappano le orecchie con le mani; nasconderlo non è il modo più intelligente per risolvere un problema, anzi è un modo sicuro per aggravarlo.

Se non vogliamo cadere nell’irresponsabile gioco dell’indifferenza, possiamo fare ancora qualcosa o non ci resta che rinchiuderci nel fatalismo ed aspettare gli eventi?

Il libro cerca di dare proprio una risposta a questo; non una soluzione, ma diverse indicazioni che segnino la traccia di un percorso nel quale dovrebbero convergere l’economia, la politica e i nostri comportamenti sociali. La causa della malattia è il nostro sistema economico, ossessionato dall’aumento illimitato dei consumi, al punto da identificare questo come indicatore di benessere. Anche su questo c’è molto da dire; se andiamo a vedere i dati mondiali, vediamo che mentre il reddito dei più ricchi continua a crescere, si allarga la forbice fra ricchi e poveri ed aumentano le persone sotto la soglia di povertà. La necessità di introdurre quantità crescenti di materie prime limitate nel sistema economico è una delle principali cause delle attuali guerre. Basta vedere che gli spiragli di pace in Ucraina si basano sul soddisfare la sete di titanio, terre rare e metano degli USA in cambio di una mediazione (o dissuasione coercitiva) verso la Russia.

Un intero capitolo è dedicato ai cambiamenti climatici come madre di tutte le crisi. Perché i cambiamenti climatici che sembrerebbero una questione a sé stante, sono connessi alle altre crisi?

Il legame è diretto. Il sistema economico consumista si fonda su un uso massiccio di combustibili fossili che sono anche la causa dei cambiamenti climatici. Nella disgrazia questa può essere anche un allarme per fermarci in tempo. Mentre le altre crisi, come la perdita di biodiversità o l’alterazione del ciclo di nutrienti essenziali per la vita non sono visibili concretamente se non per quelle popolazioni che ne subiscono le conseguenze più gravi, penso alla deforestazione dell’Amazzonia o alla desertificazione in Africa, i cambiamenti climatici colpiscono tutti, paese ricchi e paesi poveri. I beni danneggiati colpiscono anche i ricchi. Il problema diventa davvero globale, anche se sono i poveri a pagarne le maggiori conseguenze per la mancanza di mezzi e capitali per proteggersi. E’ quello che ha fatto dire a Papa Francesco che la Terra è la casa comune di tutta l’umanità. Nessuno si salva da solo. Quando una parte della casa è danneggiata, ne soffrono tutti coloro che la abitano, gli uomini e tutti gli altri esseri viventi. Questa idea della connessione di tutti i problemi e di tutti gli esseri viventi è una chiave fondamentale per la costruzione di un nuovo modello di sviluppo sostenibile.

Ma allora perché i governi anziché risolvere il problema si rifugiano nel negazionismo?

Perché la soluzione è una radicale rivoluzione del modello di sviluppo che non sarà semplice, ma che va gestita con saggezza, coraggio e determinazione, raggiungendo gli obiettivi per tempo, in considerazione che già oggi, la non azione, in termini di danno, è ben superiore ai costi della necessaria transizione. Per la politica è più facile portare a casa risultati positivi in termini elettorali nei cinque anni di mandato, proseguendo sul vecchio percorso. Ma questo rischia di farci perdere i vantaggi di arrivare per primi, come struttura industriale ed economica, al nuovo modello. Se il traguardo è fissato, chi arriverà per primo ne trarrà i maggiori vantaggi. Chi arriverà per ultimo rischierà di essere sommerso da costi crescenti, lutti e danni da pagare. C’è una mancanza di ampiezza di visione che rischia di portare il mondo alla rovina.

Qual’ è questa visione ampia necessaria?

Mi rifaccio ancora alle parole di Papa Francesco che nella lettera enciclica Laudate Deum dice che i governi mondiali si comportano “come se la realtà, il bene e la verità sbocciassero spontaneamente dal potere stesso della tecnologia e dell’economia”. Questa è un’altra forma di fuga dalla realtà. Certamente lo sviluppo tecnologico degli ultimi 200 anni ha prodotto un grande balzo in avanti nella storia dell’umanità. Ma nell’ultimo secolo è stato anche la base delle crisi ecologiche. La tecnologia è una grande risorsa nelle nostre mani, che se usata con saggezza e lungimiranza può aiutarci ad attenuare le crisi e nel lungo termine a venirne fuori. Ma se usata nel modo sbagliato, può aggravarle e renderle irrisolvibili. E’ quello che sta avvenendo oggi con una nefasta azione congiunta di finanza, tecnologia e politica. Tale azione si è spinta fino a convincere molti che in fondo tutto va bene, tutto può continuare come sempre. Questo fa buon gioco ad una politica con una visione ristretta al proprio potere, alle prossime elezioni, e che non si preoccupa del futuro e del pesante costo che le prossime generazioni dovranno pagare per i problemi lasciati irrisolti.

Come dovrebbe essere questo nuovo modello?

Dovrebbe superare il concetto umiliante e limitativo di “uomo consumatore”, manipolabile e docilmente disponibile a seguire le indicazioni dei mercati. Ridare consapevolezza della realtà a ciascuno affinché sia realmente libero di scegliere. Un modello economico che non produce benessere e felicità per tutti, a prescindere dai consumi, può misurare solo i suoi drammatici fallimenti, che già stiamo vedendo, e non possiamo chiamarlo progresso. Per alcuni problemi, come i cambiamenti climatici, non c’è più tempo da perdere, il tempo è già scaduto mentre i governi tergiversano adducendo come motivazione le guerre in atto, la nuova corsa agli armamenti, tutte azioni che non faranno che aumentare fortemente le emissioni di gas serra ed aggravare la crisi. Dobbiamo assumerci tutti la responsabilità verso miliardi di persone che rischiano una esistenza futura ben peggiore del presente, ricordando che nessuno, e nessun paese, può illudersi di salvarsi da solo.

Native

Articoli correlati