Torna il Festival Paestum Teatro antico

Giunta alla dodicesima edizione la rassegna dedicata a giovani studenti-attori italiani ed europei

Torna il Festival Paestum Teatro antico
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Giuseppe Costigliola Modifica articolo

8 Maggio 2025 - 20.25


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Dal 13 al 15 maggio prossimi si svolgerà nell’omonima cittadina campana la dodicesima edizione del Festival Paestum Teatro antico – Concorso internazionale del giovane teatro classico, rassegna promossa e curata dall’Accademia Magna Graecia con la direzione artistica dell’attrice e regista Sarah Falanga. Il Festival coinvolgerà per tre giorni oltre 500 giovani studenti-attori provenienti da scuole italiane ed europee: i partecipanti, selezionati da una commissione di esperti, metteranno in scena spettacoli classici elaborati durante l’anno scolastico, in una vera e propria “gara leale” che unisce arte, emozione, confronto e formazione; in palio, oltre ai premi artistici, 10 borse di studio per accedere gratuitamente per tre anni alla Scuola d’arte drammatica dell’Accademia Magna Graecia. La manifestazione, fino allo scorso anno riservata ai licei, si apre adesso anche agli istituti tecnici e professionali, rafforzando la sua vocazione inclusiva e formativa. Ogni giornata prevede infatti circa 12 ore di attività continuative, tra teatro, visite guidate, incontri didattici, masterclass, confronti con la giuria e momenti di scambio tra i partecipanti.

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L’interessante evento nasce dall’accordo esclusivo di valorizzazione attivo dal 2009 tra l’Accademia e la Soprintendenza dei Parchi archeologici di Paestum e Velia, che da anni garantisce continuità, qualità e unicità alle attività didattiche e performative. Del resto, il Festival si svolge proprio all’interno del Parco archeologico di Paestum, nell’area del Santuario meridionale: un contesto unico, in cui l’arte torna a vivere tra i templi dorici e la storia si fonde con il futuro. Gli spettacoli e le attività didattiche si estenderanno anche agli spazi verdi dell’Hotel Villa Rita, mentre visitatori, turisti e appassionati potranno assistere liberamente agli eventi in programma.

Un’occasione preziosa, dunque, anche per il territorio: la manifestazione richiama ogni anno centinaia di studenti, docenti, famiglie e accompagnatori da tutta Italia, offrendo ricadute positive per il turismo culturale e per l’economia locale del Cilento. Non solo: “Il Festival è un invito a superare i blocchi espressivi e i condizionamenti della comunicazione contemporanea: in un mondo che impone modelli disumani e spettacolarizzazione del vuoto, noi scegliamo la conoscenza, la consapevolezza e il linguaggio del teatro come via di riscatto umano. I nostri giovani sono la vita che si rinnova e Paestum è il luogo ideale dove la poesia si fa carne”, ha dichiarato la direttrice artistica Sarah Falanga, da noi intervistata per l’occasione.

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Che emozioni si provano a dirigere un’iniziativa come quella del Festival nello scenario di arcana suggestione dell’antico sito di Paestum?

Le emozioni sono molteplici. La prima, più ingombrante, è la responsabilità di trasmettere quanto mi è stato donato, non solo dai miei maestri e dal pubblico durante l’esperienza di attrice, ma soprattutto dalla storia dell’umanità che ha frequentato gli spazi della magnifica polis di Poseidonia. L’emozione più grande è riuscire a scorgere negli occhi degli studenti partecipanti la voglia di scoperta, di sapere, la sete di conoscenza, che nasce attraverso il “gesto semplice” del teatro. Il loro senso di competizione e di sana sfida, la loro volontà di partecipare “per vincere”, la loro voglia di esibire un sapere che viene dal sacrificio dello studio, la loro abnegazione alla ricerca, alla scoperta di un mondo antico che rappresenta le loro (e le nostre) radici, che si tramuta, durante lo svolgimento del festival, in un sano scambio, in un donarsi esperienze ed umanità… ecco cosa è il teatro: la salvezza e la conoscenza dell’essere, del ventre, delle radici. La mia emozione più grande è verificare di aver inventato un “gioco” salvificatore. Ho sempre paura di sbagliare, studio ogni decisione didattica, pensando a me stessa nella loro condizione. Provo a immaginare quotidianamente cosa farebbe bene a me, provo a ripercorrere i motivi che mi tengono legata a Paestum. Cerco di interpretare i motivi che mi hanno attratta e che mi tengono “abbracciata” alla storia, che diventa sempre più consapevolezza. Provo a trasmettere il valore dello studio, a tradurre in gioco ogni emozione pura. La mia responsabilità è la trasmissione affascinante ed affascinata, la missione è trasmettere quel che continuo ad imparare, con i mezzi che mi suggerisce l’amore. La storia ancestrale delle origini, quella comune ad ogni uomo, ci salverà! Bisogna avere il coraggio di rischiare, durante il tempo che ci è stato dato, per vivere queste profonde esperienze. Ho capito che ogni uomo (di qualsiasi età e di ogni tempo) ha bisogno di ri-conoscere le sue origini e di riconoscere in queste i suoi bisogni, di individuare le risposte! Paestum mi aiuta in questo incarico, con la sua inebriante e primordiale bellezza, con i suoi venti profumati di mare e di silenzio eloquente. Paestum è la terra di Hera, che mostra un melograno di chicchi di sole. La metà di quel melograno, per me, rappresenta il teatro, circolare ed infiammato, ed in quel teatro ogni chicco è un seme di futuro. Hera urla in quel vento e ci chiede la fertilità del pensiero, genera le messi del futuro. I nostri ragazzi sono il futuro delle origini! Credo sia un’eredità, una grande occasione per i nostri animi, tanto confusi e travagliati dal rumore e dal disordine. Paestum è culla accogliente ed io provo ad interpretare ed a tradurre il suo richiamo. Mi sento serva del teatro e della storia. I ragazzi sono la risorsa, sono la vita che si rinnova. Mi sento una madre severa ed accogliente, che deve mettere a disposizione tutto di se’, in ogni momento. Dopotutto questo è il valore e la missione della scena. È come un valzer fantastico che corrisponde al ritmo del tuo cuore. Qualche volta bisogna pagare con la vita!

Quali modalità ha scelto per rapportarsi ai giovani impegnati nelle rappresentazioni teatrali?

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Il Festival si articola in vari momenti di scambio: spettacoli, laboratori, esibizioni di spettacoli in concorso. La modalità che ho potuto sperimentare, come più efficace, è la verità. In ogni momento del Festival il mio /nostro rapportarci ai i ragazzi non è saccente e /o distaccato. Ogni esperienza deve essere vissuta come un’emergenza di scoperta reciproca. Per rendere affascinante una storia tanto antica, credo sia necessario viverla molto da vicino, come una necessità moderna, attuale. Basta palesare che le risposte risiedono nella storia dell’uomo e comunicare, in maniera semplice, che i bisogni e le risposte sono custoditi nelle esperienze di chi ha vissuto prima di noi. Spero sempre di suscitare curiosità e sorpresa. La verità profonda, dimostrata attraverso azioni pratiche, moderne, reali, diventa affascinante. Ogni “essere” rimane rapito dinanzi alla verità dimostrata. Naturalmente sono necessari la ricerca, lo studio, il rigore e la fatica. In breve: regole e rigore, miste a grande umanità, per ritrovare l’istinto. I ragazzi sono impegnati per dieci ore al giorno in attività “elaboratoriali”, che sviluppano creatività e scambi umani. Vengono trasmesse tecniche professionali di educazione alla concentrazione/rilassamento, di educazione vocale, di dizione, ma anche e soprattutto di stimolazione creativa. Ogni “attore” è unico e viene valorizzato nel suo “io profondo”. Si sviluppa così la ricerca dell’individualità, dell’unicità e della manifestazione del proprio essere attraverso il teatro: mezzo catartico e salvificatore. La frequentazione della “disciplina teatrale” consente ,anche se con fatica, un approfondimento inevitabile, sulle proprie possibilità. Far parte di un gruppo teatrale significa sano confronto, che conduce all’inclusione, al rispetto reciproco ed alla collaborazione implicita ed esplicita.

Attraverso quali percorsi riesce a trasmettere loro la sua poliedrica esperienza artistica?

Partendo dal presupposto che non mi sento mai compiuta e mai soddisfatta di me stessa, credo sia onesto rispondere che sono sempre alla ricerca di modi e codici più precisi per trasmettere il grande valore del teatro, che è il mio strumento di comunicazione. Il mio percorso è lo studio. Vivo nell’instancabile e spasmodica ricerca di modi sempre nuovi e sempre più “perfetti”, per tentare di regalare emozioni sempre più autentiche e semplicemente umane. Ho la consapevolezza che la semplicità è il modo più compromettente e complicato per comunicare, perché spesso non ne abbiamo il coraggio. Quel che sento di dire è che provo a donare tutto il bagaglio che ho potuto ereditare, nel modo più verace possibile. Devo trovare sempre il modo per sfidarmi, per mettermi in gioco. I ragazzi devono sentirsi accolti nell’autenticità. I veli creano malintesi. Devo mettermi a nudo, riuscire a raccontarmi, riuscire ad emozionarmi nei loro sguardi, creare subito un ponte di comunicazione, provare ad interpretare e a donare, sentire di cosa hanno bisogno, creare stimolo e curiosità. I laboratori, come gli spettacoli, devono essere una trasmissione di umanità autentica e di competenza tecnica. Mi obbligo alla ricerca.

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C’è un personaggio da lei portato in scena a cui si sente più emozionalmente, oltre che professionalmente, legata?

Si, ce ne sono almeno quattro. Sono quelli che mi fanno tremare i polsi e le caviglie, quelli che mettono in gioco il mio io più profondo. Il più forte e dominante è sicuramente Medea. Mi fa paura e mi attrae allo stesso modo. Lei è la mia storia, mi inibisce e mi libera. Non la raggiungerò mai, sarà il mio obiettivo per sempre! Eppure ci teniamo per mano da anni, lei mi scopre, mi scomoda, mi libera e mi impaurisce…

Le forme di spettacolo basate sul contatto diretto fra interprete e pubblico subiscono la pervasività dell’intrattenimento digitale: la manifestazione che dirige vuole essere una risposta a una forma di fruizione sempre più asettica?

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Certamente. Il contatto col pubblico, lo scambio autentico di sguardi e di emozioni, il donare diretto, lo scambio diretto tra attore e pubblico, sono a mio parere i codici salvaumanità, rischiosi ma doverosi. L’attore, in ogni tempo e soprattutto in questo tempo, deve mettersi a servizio della catarsi!

Quali progetti ha in cantiere per il prossimo futuro? Il Festival del Giovane teatro classico ingombra la mia progettualità sempre. Sto programmando, poi, la prossima stagione estiva all’interno del Tempio di Nettuno sa Paestum, dove il pubblico è parte integrante degli spettacoli. Ringrazio a tal proposito la direzione della Soprintendenza dei Parchi Archeologici di Paestum e Velia poiché, sin dal 2006, concede all’Accademia Magna Graecia (che ho il privilegio di dirigere) l’utilizzo esclusivo degli spazi della città antica di Paestum, a fronte di un accordo di valorizzazione vigente. Tale accordo, concede e richiede la produzione di spettacoli identificativi, esclusivi, che rappresentano un’esperienza unica per il pubblico e per gli interpreti. Vi aspettiamo a Paestum! Tra qualche giorno (21, 22 e 23 maggio) sarò in scena con Medeae, da Euripide in poi… al Teatro Le Maschere di Roma. Per la stagione prossima sto programmando la messa in scena di due spettacoli che ritengo tanto illuminanti quanto rivoluzionari. Uno dei due sarà affidato alla regia di Luciano Melchionna. Per ora devo conservare segreto e sorpresa su questi. Quel che è certo è che, a breve, comunicheremo le date degli appuntamenti estivi a Paestum, occasioni irripetibili. Vi aspettiamo a teatro, dove potremo raccontarci le più profonde verità e dove “la poesia si fa sangue”, come diceva Garcia Lorca.

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