La Gatta sul tetto che scotta al Vascello: Lidi riscatta Williams
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La Gatta sul tetto che scotta al Vascello: Lidi riscatta Williams

Al Teatro Vascello di Roma fino al 25 maggio, Valentina Picello incendia "La gatta sul tetto che scotta" di Williams, regia di Leonardo Lidi

La Gatta - Valentina Picello - ph Luigi De Palma - recensione di Alessia de Antoniis
La Gatta sul tetto che scotta - Valentina Picello - ph Luigi De Palma
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Alessia de Antoniis Modifica articolo

21 Maggio 2025 - 23.20


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di Alessia de Antoniis

Standing ovation a Roma per La gatta sul tetto che scotta di Tennessee Williams, diretto da Leonardo Lidi, al Vascello fino a domenica 25 maggio.

Sì, lo ammetto: in alcuni momenti è stato impossibile non pensare a Liz Taylor, icona dell’edizione 1958 candidata a sei Oscar. E forse c’è qualcosa di profondamente scorretto, e al contempo irresistibile, nell’accostare Valentina Picello a Liz Taylor. Ma il fantasma dell’icona hollywoodiana si materializza appena le luci si accendono. In certi momenti Liz torna alla memoria: sinuosa, velenosa; divina nell’abito da cocktail bianco che le accentua la vita stretta e una scollatura greca. Mora Liz, rossa Valentina: la prima felina, occhi lavanda, labbra sensuali; la seconda sanguigna, istintiva come un animale che sente odore di trappola.

Ma è un attimo e quel divino chiffon candido subito sparisce, bruciato da un satin celestino che pare plastica sotto il neon. Con una semplice sottoveste, Lidi spoglia Maggie non solo fisicamente, ma anche emotivamente, esponendo al pubblico la sua vulnerabilità e la sua forza.

La Picello percorre indomita il cubo marmoreo, scalza, pronta a graffiare quel pavimento lucido con la sola carne. Occupa la scenografia claustrofobica di Nicolas Bovey: senza veranda, arredi lussuosi né finestre, ricorda la stanza di un ospedale psichiatrico. In questo vuoto iper-illuminato da luci fredde, lo sguardo non ha vie di fuga: resta incollato al corpo di Valentina, che spara parole come proiettili; un lungo flusso che, nonostante gli scontri dialettici con gli altri personaggi, resta un immenso monologo.

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Nella scatola di Lidi, Maggie, sola, frustrata e disperata, resta intrappolata in un matrimonio senza amore, in una famiglia disfunzionale che misura l’affetto in eredi e acri di cotone, lottando con tutte le sue forze per la sua sopravvivenza emotiva e materiale.

Richard Brooks apriva con una Liz che si specchiava, ipnotizzando il pubblico con i suoi famosi occhi viola, disperata nella sua solitudine, parlando con se stessa. Lidi ha un’intuizione registica fondamentale: tiene in scena quello specchio per tutto lo spettacolo e ne fa un elemento chiave; un attore che cammina, che si muove come un personaggio muto; rivolto a una platea che si scopre voyeur della propria ipocrisia.

A Riccardo Micheletti, il compito di far muovere lo specchio; di essere il fantasma di Skipper, intento a far scivolare bottiglie di alcol, che rendono il palco un campo minato di menzogne; di incarnare il non detto: l’omosessualità mai digerita che avvelena Brick e l’intero clan; di essere una sorta di Joe Black.

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Scrive Lidi nelle note di regia: Williams, furibondo con i suoi contemporanei che l’hanno portato a Hollywood tradendolo totalmente, decise di riscriverlo in una versione cruda, piena di volgarità e accuse, per dipingere il ridicolo “presepe vivente” che lo feriva tanto.

Lidi lo prende alla lettera e smonta il presepe vivente. Smonta i confetti del melodramma, elimina i fronzoli, per far emergere un lessico ruvido e contemporaneo. Via vezzi sudisti e sospiri melliflui, dentro parole scorrette: “schifo”, “merda”, che suonano contemporanee senza perdere la poesia corrosiva di Williams. Una volgarità non è una scelta estetica, ma un detonatore sociale, per svelare come la famiglia tradizionale, oggi come ieri, sopravviva di menzogne rassicuranti e di appetiti predatori.

La grandezza della Picello? Quella di essere una Gatta che non cerca di imitare Liz Taylor. Laddove la diva del ’58 incarnava un velluto aristocratico, Valentina è fame viva: scatta, ride, scompone le parole in un flusso inarrestabile. È energia allo stato puro. Vibra sul palco del Vascello di Roma, trema, si emoziona ed emoziona.

E questa Gatta si riconferma anche un manifesto della regia di Lidi: sottrarre tutto per rivelare che sotto la seta di Williams batte un cuore impuro, pronto a esplodere. La sua Gatta sono 105 minuti tesi come una corda di violino: senza intervallo, senza misericordia e, soprattutto, senza quel cotone, economico e cinematografico, che ha infiocchettato la crudeltà del Sud.

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Una Gatta dove anche il famoso crutch-throw non è più quello di Hollywood: la verità, senza la stampella della menzogna, non regge più; Brick non si alza in piedi. Lui e Maggie si ritrovano sotto un tetto più freddo che mai. Mentre lo specchio, piegato quanto loro, ci restituisce la nostra voglia di bugie.

 Dal 20 al 25 maggio dal martedì al venerdì h 21, sabato h 19 e domenica h 17

LA GATTA SUL TETTO CHE SCOTTA

di Tennessee Williams

traduzione Monica Capuani

regia Leonardo Lidi

Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, Teatro Stabile del Veneto – Teatro Nazionale

Margaret, Valentina Picello

Brick, Fausto Cabra

Mamma – madre di Brick e Gooper, Orietta Notari

Papà – padre di Brick e Gooper,Nicola Pannelli

Mae – moglie di Gooper, Giuliana Vigogna

Gooper – fratello di Brick, Giordano Agrusta

Skipper, Riccardo Micheletti

Bambina, Greta Petronillo

Reverendo, Nicolò Tomassini

durata spettacolo 1h e 45 min senza intervallo

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