Un esperimento filosofico sulla manipolazione della realtà nell’era digitale
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Un esperimento filosofico sulla manipolazione della realtà nell’era digitale

Ipnocrazia di Juanwei Xun, autore inesistente, è un saggio-manifesto sull’era digitale, dove la manipolazione percettiva sostituisce la verità con simulazioni ipnotiche.

Un esperimento filosofico sulla manipolazione della realtà nell’era digitale
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28 Maggio 2025 - 11.00


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di Antonio Salvati

Avevo già letto l’interessante volume Ipnocrazia. Trump, Musk e la nuova architettura della realtà (Tlon 2025, pp. 128, € 18,00) quando è giunta la notizia che l’autore del saggio Juanwei Xun, indicato nella copertina, non esiste. Da appassionato lettore di Byung-Chul Han ho avuto l’impressione di leggere un testo di un suo discepolo, anch’esso filosofo e asiatico. Ipnocrazia, che scaturisce dall’utilizzo dell’intelligenza artificiale, è un evidente esperimento – direi riuscito – sulla costruzione della realtà nell’era digitale, come ha confessato il responsabile dell’operazione, l’editore e il filosofo Andrea Colamedici. 

Quindi, un testo che analizza i meccanismi della manipolazione percettiva contemporanea, scritto da un autore inesistente. Una vera e propria dimostrazione pratica dei meccanismi che analizza. È la prova – piaccia o no – che l’intelligenza artificiale, se è usata bene, è un ottimo strumento per imparare a pensare. Anche se molti utilizzano gli strumenti dell’intelligenza artificiale per delegare l’esercizio del pensiero. Comunque sia, siamo in presenza di un testo utile sui meccanismi del potere nell’era digitale che più che sull’oppressione puntano sulla manipolazione della realtà e su narrazioni ipnotiche. Lo stesso termine ipnocrazia è assai suggestivo e pervasivo, anche per via dello smarrimento in cui siamo immersi e per il bisogno di trovare termini che ci aiutino districarci nel caos.

Il volume è una mappa inedita di indicazioni di come il potere operi oggi attraverso la manipolazione della percezione della realtà. Con il concetto di ipnocrazia si cerca di individuare qualcosa che altre analisi hanno solo sfiorato: il fatto che non stiamo semplicemente vivendo in un’epoca di manipolazione dell’informazione o di sorveglianza digitale. Assistiamo a una trasformazione radicale, in cui la realtà è diventata interamente gassosa. Il problema non è più separare il vero dal falso; la distinzione stessa ha perso significato, in un sistema che prospera proprio sulla coesistenza di realtà tra loro incompatibili. Da tempo ci stiamo abituando a barcamenarsi tra verità multiple e narrative caotiche. Il libro non vuole “svelare la verità” – costituirebbe una “promessa ipnocratica”, per dirla con il presunto autore del testo – ma sviluppare quella che viene definita literacy della realtà, ossia la capacità di riconoscere e navigare tra reality system diversi, mantenendo un nucleo-guida di autonomia percettiva. Non vengono offerte soluzioni semplici o consolatorie. Dopo aver analizzato l’homo social, il testo nella seconda parte delinea una mappa per orientarsi nel territorio disorientato e affascinante della contemporaneità, e nuovi modi per disertarlo, sabotarlo e, soprattutto, abitarlo.

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«L’Ipnocrazia è il primo regime che opera direttamente sulla coscienza. Non controlla i corpi. Non reprime i pensieri. Induce, piuttosto, uno stato alterato di coscienza permanente. Un sonno lucido. Una trance funzionale. La veglia, infatti, è stata sostituita da un sogno guidato. La realtà da una suggestione continua. L’attenzione viene modulata come un’onda. Gli stati emotivi vengono indotti e manipolati. E così la suggestione si ripete, instancabile, e la realtà si dissolve in molteplici sogni guidati. Il pensiero critico viene dolcemente addormentato e la percezione viene rimodellata, strato dopo strato». Questo è l’incipit netto e asciutto del breve testo che ci avverte che viviamo in un regime che manipola la percezione. Siamo quotidianamente sottoposti ad un bombardamento di notizie che scorrono come un fiume ipnotico. L’esperienza si frammenta e si moltiplica in mille specchi. La ripetizione batte e ribatte come un tamburo sotterraneo. I sensi vengono sovrastati da stimoli costanti. La dopamina scorre nel sistema. L’incredulità si dissolve come nebbia al mattino. Una società algoritmica è una società ipnotica che ti toglie il respiro e la libertà. Si potrebbe dire con una battuta che una volta i giovani avevano due vite: una in casa e una fuori. Adesso ne hanno tre: una online.

È come se avessimo una realtà divisa in mille realtà. Non esiste più nessuna narrazione unificante attraverso cui dare un senso al mondo. Innumerevoli storie competono per un dominio estemporaneo, e ciascuna si proclama verità ultima. Queste narrazioni «non dialogano: collidono. Si sovrappongono e riflettono all’infinito su sé stesse, creando una galleria degli specchi vertiginosa dove realtà e simulazione diventano sinonimi. Ma il potere, nel frattempo, si è evoluto ben oltre la forza fisica e la persuasione logica. È diventato gassoso, invisibile, capace di infiltrarsi in ogni aspetto delle nostre vite. Ogni immagine, ogni parola, ogni frammento di dati non è più neutrale; è un’arma sottile progettata per catturare, manipolare e trasformare la coscienza. Esistiamo in uno stato d’ipnosi permanente, dove la consapevolezza è attutita ma mai del tutto quieta».

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Nell’era dell’Ipnocrazia si muovono figure emblematiche, artefci e simboli di questa epoca del mondo: Donald Trump ed Elon Musk; che non sono semplicemente individui potenti, «sono i sacerdoti di questo nuovo paradigma, forze opposte ma complementari nella battaglia per la realtà». Da una parte, Trump con le sue parole, ripetute all’infinito, prive di senso eppure carichi di potere ipnotico. Dall’altra, Musk che inonda la nostra immaginazione di promesse utopiche destinate a non materializzarsi, trascinando le menti in una trance perenne di anticipazione ossessiva. Insieme modulano i desideri, «riscrivono le aspettative, colonizzano l’inconscio».

L’Ipnocrazia può operare su ciò che è misurabile, visibile e manipolabile. Categorizza e ottimizza, ogni esperienza trasformabile in dati. Tuttavia, non tutto può essere rilevato o catturato. Alcuni aspetti dell’esistenza umana – il dolore, la gioia, il silenzio, il caos – non sono quantificabili: tratti irriducibili della vita che rifiutano di adattarsi allo stampo algoritmico.

La resistenza all’ipnocrazia non consiste nel cercare una verità autentica e definitiva, nel fare fact-checking alle affermazioni di Musk, di Trump o dei sovranisti, ma nella capacità di restare lucidi all’interno della simulazione stessa – quella che nel testo viene chiamata “sovranità percettiva”. Il testo realizzato Andrea Colamedici ed altri è stato concepito precisamente come un esercizio di sovranità percettiva collettiva.

Quindi, non individuare e presentare una realtà più autentica nascosta da qualche parte, ma a creare uno spazio di riflessione attiva costante «dove i meccanismi della costruzione narrativa contemporanea possano essere osservati e compresi attraverso un’esperienza diretta. In questo senso, l’esperimento Ipnocrazia non è tanto una critica della post-verità, quanto un tentativo di sviluppare una forma di alfabetizzazione del reale che permetta di navigare consapevolmente in un mondo dove la distinzione tra verità e simulazione è diventata sempre più sfumata». Un esercizio ed un impegno tutt’altro che semplice, soprattutto in un paese come il nostro dove l’analfabetismo funzionale cresce a livelli esponenziali. Certamente, nell’era delle realtà multiple e delle verità algoritmicamente mediate, «la capacità di abitare consapevolmente la soglia tra verità e finzione, tra umano e artificiale, tra individuale e collettivo, è molto più preziosa della ricerca di una verità assoluta».

Ma oggi – occorre riconoscerlo – sembra un appannaggio per pochi. Giusto l’invito, rivolto ai lettori e lettrici del testo, a riflettere sulla natura costruita di Jianwei Xun e del progetto Ipnocrazia, nonché ad a interrogarsi sul proprio ruolo attivo nell’ecosistema della verità contemporanea. In altri termini, diventare consapevoli di come partecipiamo quotidianamente alla costruzione di queste narrazioni non è solo un esercizio teorico, «ma un impegno concreto per abitare responsabilmente lo spazio tra verità e finzione, comprendendo che la lucidità critica è oggi una competenza essenziale per navigare il mondo». Un impegno imponente: quanti possiedono un’adeguata lucidità critica? La vera resistenza all’Ipnocrazia – per Andrea Colamedici – non risiede nel rifiuto ideologico dei meccanismi di persuasione o della tecnologia tout court, «ma nella capacità di abitare criticamente questi spazi liminali, riconoscendo la nostra corresponsabilità nella produzione di senso. Siamo tutti, consapevolmente o meno, produttori e vittime dei meccanismi di costruzione della realtà. Ogni nostra azione è un frammento nella macchina della produzione narrativa contemporanea. La verità non è un dato esterno da scoprire, ma un terreno di conflitto che modelliamo costantemente. La sfida non è smascherare l’illusione, ma comprendere le geometrie del potere che attraversano i nostri gesti più quotidiani e apparentemente innocenti». Non si tratta di opporre una verità altra, ma di scardinare i dispositivi stessi di produzione della verità, sviluppando una sensibilità che sappia muoverci tra i sistemi.

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La sfida non è quindi solo politica o tecnologica, ma ontologica: come navigare consapevolmente questi stati alterati di coscienza? Come utilizzare le tecnologie non per chiuderci in loop di suggestione algoritmica? La questione non è come sfuggire all’Ipnocrazia – impresa impossibile nell’epoca della mediazione totale – «ma come mantenere viva, all’interno del sistema stesso, la possibilità di una presenza diversa. Non una presenza puramente resistente, eternamente reattiva, ma una presenza creativa, capace di generare nuove forme di vita negli interstizi del controllo algoritmico». Queste forme di vita non possono essere prescritte o programmate. Possono solo emergere dalla pratica paziente di un’attenzione diversa, dalla coltivazione costante di una sensibilità alle crepe del sistema, dalla persistenza silenziosa di modi di essere che il regime ipnocratico non può né vedere né catturare.

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