Il bullo interiore, ovvero il nemico che è in noi
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Il bullo interiore, ovvero il nemico che è in noi

Maria Rita Parsi e Cristiano Zamprioli firmano un atto d'accusa contro una società che ha abdicato al suo ruolo educativo

Il bullo interiore - Armando Curcio Editore - recensione di Alessia de Antoniis
Il bullo interiore - Curcio Editore
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Alessia de Antoniis Modifica articolo

17 Luglio 2025 - 20.59


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di Alessia de Antoniis

È una citazione di Ralph W. Sockman che apre Il bullo interiore (Armando Curcio Editore, 2025): «Il coraggio si misura quando si è in minoranza. La tolleranza quando si è in maggioranza». Maria Rita Parsi e Cristiano Zamprioli non stanno scrivendo un saggio sul bullismo. Stanno denunciando una società che ha abdicato al suo ruolo educativo, trasformando il carnefice in capro espiatorio di un fallimento collettivo.

Definiamo il bullismo come: “Un’oppressione, psicologica o fisica, ripetuta e continuata nel tempo, perpetuata da una persona – o da un gruppo di persone – più potente nei confronti di un’altra persona percepita come più debole” (Farrington, 1993). – Il bullismo è un abuso di potere fisico o psicologico attuato in modo reiterato e organizzato contro uno o più soggetti incapaci di difendersi (Fedeli & Munaro, 2019).

Ma se il bullo è un prodotto, la fabbrica è il contesto. Famiglie distratte, scuole arrugginite, adulti analfabeti digitali. È qui che Parsi attacca con più furore. Alternando registro narrativo e tono da pamphlet, Parsi e Zamprioli puntano il dito contro gli adulti: sui nostri insegnamenti, sul nostro modo di guardare i figli, sulla complicità nascosta nella nostra indifferenza.

Il libro è un campo minato che alterna sdegno e statistica, memoria personale e protocollo terapeutico. Qui risiede la sua forza: nel rifiutare la consolazione facile per puntare dritto al cuore del problema. Il bullismo, sostengono gli autori, è solo l’effetto visibile di un male più profondo. Il vero nemico è “interiore”: quella voce che ci perseguita dall’infanzia e che continuiamo a proiettare sugli altri.

Il bullismo non è un fenomeno nuovo. Ma oggi ha nuovi strumenti, nuovi linguaggi, nuovi rifugi. E ha perso il volto: si nasconde dietro uno schermo. Da De Amicis a TikTok, la parabola è chiara: Franti, l’archetipo letterario del bullo ottocentesco, oggi si è digitalizzato. E gode di una platea infinita. Il cyber-Franti non ha più bisogno del cortile. Gli basta un reel, un commento, una chat.  La “bulimia d’immagine” del bullo contemporaneo è un manganello che picchia ventiquattr’ore su ventiquattro, nutrendosi dell’inerzia degli spettatori. È un punto fondamentale del libro: il problema non è il carnefice. È il branco.

Parsi e Zamprioli compiono un’operazione di anatomia etica e clinica. Il testo alterna riflessioni psicoanalitiche a spiegazioni comportamentali, fino ad arrivare ai profili tipologici: il bullo dominante, freddo e manipolatore; il gregario, fragile e dipendente; la vittima passiva; quella provocatoria, che interiorizza il ruolo fino a farsene carico emotivo.

In mezzo, ci sono gli adulti. Quelli che dovrebbero educare e che invece si trasformano in “genitori-bulli”, pronti ad aggredire insegnanti per difendere figli aggressivi. È qui che il libro attacca con maggior furore: nel chiedere conto di cosa insegniamo, di come guardiamo i nostri figli, di quanto siamo complici nella nostra disattenzione.

Dalla metafora del toro al ragazzo con i pantaloni rosa

Il punto più controverso è il parallelo tra il trattamento riservato ai tori nelle corride e quello inflitto al bullo nella sua infanzia. “Al toro vengono infilati aghi nei genitali, viene semiaccecato, assetato, terrorizzato… Poi scatta verso la luce convinto che sia la libertà. Invece è l’arena”. Parsi chiede di guardare il bullo come un toro ferito, non come un mostro. Un’immagine forte, forse eccessiva per alcuni. Ma nel suo eccesso funziona, perché ci costringe a vedere cosa c’è prima dell’aggressione: un’educazione alla violenza o, più spesso, un’assenza di educazione.

Tra le pagine più devastanti, il racconto del suicidio di Andrea, quindicenne perseguitato sui social perché indossava “pantaloni rosa”. Non perché fosse gay, ma perché “sembrava” diverso. La Rete come tribunale, la classe come platea. E nessun adulto capace di leggere i segnali.

Parsi chiede l’introduzione dell’educazione sentimentale e sessuale nelle scuole. Ma la proposta non è didascalica. È urgente. Di Andrea ce ne sono troppi.

Il bullo interiore non si limita alla diagnosi. Offre proposte concrete: la “psicoanimazione” della Fondazione Movimento Bambino, un approccio interdisciplinare per rieducare al rispetto; il progetto “Bulli Stop”, dove ex bulli ed ex vittime vanno nelle scuole come testimoni; la “Carta di Alba”, un decalogo per l’uso virtuoso del mondo virtuale. “Sta agli educatori far evolvere la natività digitale in cittadinanza digitale”, scrivono gli autori. Perché tra adolescenti, la parola ha senso solo se è incarnata.

Il bullo interiore non è un testo accademico. È più vicino a un atto d’accusa che a un manuale. Alcuni passaggi risultano ridondanti, certe immagini troppo martellanti. Ma forse è proprio in questa foga che il libro trova il suo senso: Parsi e Zamprioli non vogliono convincere, vogliono svegliare.

Il loro merito è duplice: da un lato denunciano una società che ha trasformato la violenza in spettacolo, dall’altro offrono strumenti concreti per invertire la rotta. Chi cerca formule pedagogiche eleganti resterà deluso. Chi vuole capire dove abbiamo sbagliato, troverà delle risposte. E forse anche qualche strada per rimettere le cose a posto.

Di fronte al bullismo come emergenza dei nostri tempi, questo libro interviene su un problema che non può essere ignorato. Perché il problema non è il bullo, ma noi che lo generiamo, lo tolleriamo, lo applaudiamo. E finché non guarderemo dentro noi stessi, continueremo a perdere i nostri Andrea.

Il bullo interiore è un libro consigliato a chiunque desideri non solo comprendere il bullismo nelle sue varie sfaccettature, ma anche sentirsi parte attiva della soluzione di un fenomeno che continua a segnare in modo indelebile la vita di tanti giovani.

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