di Cinzia Mescolini
Nello splendido teatro del Santuario di Ercole Vincitore a Tivoli, con un tramonto struggente sullo sfondo a evocare il tema oggetto della serata – la bellezza appunto – Umberto Galimberti ha intrattenuto un pubblico folto e attento con una lectio magistralis sul binomio caro al mondo greco, quello tra estetica e etica, sintetizzato nell’espressione “bello e buono” in riferimento all’ideale classico di bellezza e virtù, quale “legge segreta della vita”.
Con un linguaggio chiaro e un eloquio mai monotono, in grado di catalizzare l’interesse dei presenti per poco meno di due ore senza mai permettere che l’attenzione declinasse, lo studioso ha toccato i diversi aspetti di questo argomento, affascinante e ricco di sfumature. A partire dalla concezione del bello nel paradigma della duplice matrice del mondo occidentale, ovvero la tradizione giudaico-cristiana e quella greca, di cui ha evidenziato contrasti e affinità, contraddizioni e complessità, il ragionamento è giunto a dimostrare quanto una rinnovata sensibilità alla bellezza possa veicolare la riappropriazione di una dimensione etica del vivere.
Citando Platone e Sant’Agostino, i testi sacri e gli autori più significativi della filosofia moderna, Galimberti ha inoltre argomentato, sulla base dunque di fondamenta culturali solidissime, valutazioni da inquadrarsi nell’ambito della contemporaneità. Molti i quesiti su cui la lectio magistralis ha condotto l’attenzione. Quale spazio resta per la bellezza in un mondo che immola la categoria dell’inutile a quella dell’utile imposta dall’economia e dalla tecnica? In che modo la bellezza stessa, travalicando la dimensione puramente sensoriale, può ancora offrire orizzonti di senso in chiave universale? A questi interrogativi ne sono seguiti altri che, per rilevanza, dovrebbero rappresentare una priorità assoluta. Queste le più significative: come risarcire i giovani a cui è stata sottratta la speranza nel domani, considerando che la cultura occidentale snoda il concetto di destino in una sequenza diacronica per cui l’idea stessa di sviluppo coincide con quella di futuro? Come ricondurre l’occidente a un sistema di valori che, seppure per natura mutevole nel tempo e nello spazio, dovrebbe contemplare il rispetto per la vita umana e la cura dell’altro? Muovendo proprio da tali considerazioni, il prof. Galimberti ha concluso il suo discorso centrando l’attenzione su una questione attualissima e rispetto alla quale non è più possibile tacere: l’orrore che si sta consumando a Gaza. Le atrocità subite dalla popolazione palestinese, e dai bambini in particolare, rappresentano infatti la misura di quanto si sia superato il senso del limite, un principio che invece nella cultura classica rappresentava un vero caposaldo e che nessun conflitto dovrebbe, comunque, in nessun tempo e in nessun luogo, ignorare.
L’evento, che ha sicuramente rappresentato un momento di eccezionale condivisione della bellezza e della cultura sia per lo spessore culturale e umano del professore Umberto Galimberti, sia per lo scenario incantevole del Santuario, faceva parte della ricca rassegna VILLAESTATE 2025 ed è stato organizzato con il contributo di ASI Cultura.