Anime in affitto, commedia in cerca di una seconda chance

Al Todi Festival la prima nazionale di Eva Grimaldi e Claudio Insegno: idea buona, ma la commedia cade in una sequenza di sketch di coppia

Eva Grimaldi - Claudio Insegno - Anime in affitto - Todi Festival - recensione di Alessia de Antoniis
Eva Grimaldi - Claudio Insegno - Anime in affitto - Todi Festival
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5 Settembre 2025 - 16.42


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di Alessia de Antoniis

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C’è un’idea interessante alla base di Anime in affitto, in prima nazionale al Todi Festival: due persone, finite in coma dopo un incidente, si ritrovano in un limbo metafisico davanti a una corte di arcangeli che decide il loro destino. Ogni vita, spiega un’entità ironicamente annoiata dal proprio mestiere, è un esame: se impari dai tuoi errori, puoi avere una seconda possibilità. Alberto e Beatrice rinascono così come Giuseppe e Anna Rita, senza memoria e con l’obbligo di non ripetere le stesse colpe.

Un punto di partenza fertile, che unisce la commedia brillante al tema universale del “nuovo inizio”. Peccato che, dopo il prologo, la struttura abbandoni il registro metafisico per rifugiarsi in una serie di quadri farseschi, più vicini al varietà che a una drammaturgia compiuta.

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Dal matrimonio saltato alla finta gravidanza, dai litigi sul nome del figlio alla guida col freno a mano tirato, fino alla cena con Anderson e alla telefonata equivoca: scene che funzionano singolarmente, ma raramente si legano alla promessa iniziale della “seconda vita”.

La regia di Claudio Insegno sceglie il ritmo televisivo, serrato, senza pause. È una macchina che gira senza intoppi, che moltiplica battute e tormentoni, ma che raramente sorprende. Laddove servirebbe sottrazione arriva un rilancio; dove servirebbe un turning point, un cambio di direzione, arriva un altro equivoco. Così l’idea drammaturgica evapora e resta un collage di sketch.

Gli interpreti non mancano di mestiere: Eva Grimaldi gioca di autoironia e presenza scenica, Insegno calibra rilanci e controcanti. La loro chimica tiene in piedi lo spettacolo, ma li inchioda spesso ai cliché del battibecco coniugale. La cornice celeste, che avrebbe potuto funzionare da contrappunto surreale – con tanto di arcangelo licenziato e dio che gioca a carte -, resta poco più di un innesco.

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Le risate scarseggiano non solo per i tempi comici imprecisi, ma per la curva drammaturgica: tutto corre a volume alto, senza pause. Così l’equivoco non esplode, si consuma.

Resta l’idea forte della vita che si ripete finché non si impara, ma affidata a una comicità di routine. Anime in affitto intrattiene, senza lasciare il segno promesso dalla sua cornice celeste. Buona la seconda?

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