Bernardo Bertolucci: l’ultimo Leone

In occasione dell’anteprima su Rai 3 in prima serata di La Nostra Magnifica Ossessione – Bernardo Bertolucci e la sua generazione, pubblichiamo una vecchia intervista di Marco Spagnoli al grande regista emiliano.

Bernardo Bertolucci: l’ultimo Leone
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Marco Spagnoli Modifica articolo

8 Settembre 2025 - 17.49


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In occasione dell’anteprima su Rai 3 in prima serata di La Nostra Magnifica Ossessione – Bernardo Bertolucci e la sua generazione, pubblichiamo una vecchia intervista di Marco Spagnoli al grande regista emiliano.

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Bernardo Bertolucci e la sua generazione, diretto da Marco Spagnoli e prodotto da Minerva Pictures e Arte, in collaborazione con Rai Documentari, racconta attraverso materiali di repertorio rari ed inediti l’avventura irripetibile di un gruppo di giovani cineasti guidati da un Maestro destinato a lasciare un segno indelebile nella storia del cinema italiano e internazionale: Bernardo Bertolucci. Una vera e propria “famiglia cinematografica”, riunita attorno alla figura carismatica di Bertolucci, capace di conquistare l’Oscar e di influenzare generazioni di spettatori e di registi in tutto il mondo.

Un viaggio durato quasi mezzo secolo tra successi, immensi risultati artistici, ostacoli tecnici, epici litigi e una sconfinata, immensa passione per la settima arte. Una cronaca contemporanea di vita e di cinema descritta attraverso le parole e la sensibilità di artisti come lo stesso Bertolucci, Vittorio Storaro, Gato Barbieri e tanti altri compagni di lavoro, testimoni diretti di quell’epica avventura: le mitiche Adriana Asti e Marisa Paredes alla loro ultima apparizione; Dario Argento, Marco Bellocchio, Liliana Cavani, Daniele Luchetti, Vittorio Cecchi Gori, e con la partecipazione speciale di Stefania Sandrelli – attrice che più volte ha lavorato con Bertolucci in film indimenticabili come Il conformista, Novecento e Io ballo da sola. Il documentario restituisce il ritratto intimo di un’intera epoca, con le trasformazioni sociali e culturali che hanno investito il mondo a partire dagli anni ’60.

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La nostra magnifica ossessione celebra sia l’autore, Bernardo Bertolucci, che ha saputo raccontare i grandi cambiamenti del Novecento, sia la libertà creativa e la potenza universale della settima arte, intonando un inno alla capacità del cinema di interpretare e trasformare la realtà.

L’intervista


 
“Quando ho fatto Novecento avevo ancora l’illusione che un film potesse in qualche maniera influire sulla storia e cambiare la realtà. Da molti anni ho perso, però, la fiducia nel potere messianico nel cinema, ma credo che comunque il cinema possa precorrere i tempi molto più spesso di quanto si creda. Certi film sono quasi delle profezie. E io posso testimoniarlo, perché quando avevo diciotto anni, uno dei film che mi convinse a entrare nel mondo del cinema, parlava proprio di Roma.

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Diceva Oscar Wilde che “La vita imita l’arte” e così fu per Federico Fellini quando girò La dolce vita a Via Veneto. Prima che Fellini facesse quel film, quella strada nel 1956 – 57 era squallidissima. Altro che “dolce vita” ! Era una noia mortale e non c’era niente di quello che si vedeva nel film. Dopo, quella pellicola e grazie al senso di Sodoma e Gomorra che gli diede Fellini, invece, sono arrivate le star, i paparazzi e tutto il resto. Fellini era profetico quando parlava di Roma.


Cosa prova quando rivede Bernardo Bertolucci giovane?

Ho rivisto molti filmini di quell’epoca e mi sono detto: “Sono davvero io. E’ possibile che mi vestissi così male?” Nonostante questo e molti altri segnali di apparente ingenuità non posso fare a  meno di pensare che quelli siano stati gli anni più felici della mia vita. Tempo fa ho letto una frase che mi ha colpito molto: “E’ grottesco accorgersi del passare del tempo. E’ come tentare di nuotare in un lago di marmellata”. Questa è la contemporaneità per me.

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Cosa rappresenta per lei l’idea di cambiamento?

Anche visto solo in rapporto al mio lavoro si tratta di sfuggire al labirinto in cui ci troviamo costretti – alle volte – anche solo dal successo di qualcosa che hai fatto. La mia idea è quella di contagiare i giovani con l’idea che è ancora possibile sognare. E’ un’ingiustizia storica il fatto che loro non sappiano nulla o quasi di quegli anni. E’ il mio modo di dire loro che è ancora giusto ribellarsi così come lo era trentacinque anni fa. Sono sempre stato stimolato dalle difficoltà. Non è una tecnica di lavoro che consiglierei a tutti, ma personalmente ne ho sempre tratto un grande giovamento. Ed è per questo che prediligo girare in luoghi veri e non in teatri di posa. Mentre in uno studio cinematografico puoi abbattere qualsiasi ostacolo, in una casa non puoi tirare giù un muro per un’inquadratura. Però, il risultato di questo tuo adattamento alle condizioni in cui lavori, fa sì che la ripresa che viene fuori sia totalmente organica all’ambiente dove hai girato il film. Anche l’architettura è fondamentale per il cinema. Come la musica e come la pittura. I film più interessanti che ho visto di recente sono pellicole a basso costo e la cui ricchezza sta solo nelle idee e nel modo in cui si racconta. Ed è forse anche per questo che non mi scoraggio nell’ennesima stesura della sceneggiatura del nuovo film su Gesualdo da Venosa. 

Parliamo di Inferno & Paradiso incentrato sulla figura del musicista rinascimentale Gesualdo Da Venosa…

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Anche per quel film la mia idea è di prendere una sorta di macchina del tempo e creare una virtuosa contaminazione tra passato e presente. La mia idea è quella di partire dal percorso di Igor Stravisnsky e di sua moglie Vera alla riscoperta di Gesualdo Da Venosa in occasione di un loro viaggio tra Napoli e Venezia per cercare di capire chi fosse questo principe e musico completamente dimenticato. Nel 1951 i due decisero di indagare su questa figura che lui trovava straordinariamente profetica. Spiegando a qualcuno chi fosse Gesualdo, Stravinsky nella sceneggiatura dice: “E’ come avere trovato un Picasso sui muri della cappella Sistina.” Credo che avrò un modo di fare un film con un grande legame con il presente.

Qual è la forza civile e sociale del cinema ai giorni nostri per film che parlano di cose, persone, sentimenti, passioni e situazioni della nostra vita di tutti i giorni ?Tutta la forza del cinema e di una televisione lontana dalle logiche dell’audience e della cassetta sta nell’essere il più contemporanei possibile a quello di cui si sta parlando. Girare con una macchina da presa nascosta nelle strade di Roma, dà questo senso. E a me interessa moltissimo qualcosa del genere per il mio lavoro.

Qual è il bisogno che sente nel suo fare cinema oggi?

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Quello di ricominciare. Di ripartire. Troppo spesso mi sembra che se rimani fedele al successo di un tuo film resti come chiuso in un labirinto. Per questo è necessario cambiare sempre.

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