Diecimila presenze al Todi Festival 2025: una rinascita
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Diecimila presenze al Todi Festival 2025: una rinascita

Il ritorno di Silvano Spada rilancia la storica rassegna umbra: teatri sold out, oltre un milione di persone raggiunte sui social. Da Lino Banfi a Pietro Orlandi, da Bertinotti a Barberini, il palco diventa laboratorio di riflessione civile

Lino Banfi, Silvano Spada, Pino Strabioli - Todi Festival - di Alessia de Antoniis
Lino Banfi, Silvano Spada, Pino Strabioli - Todi Festival
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8 Settembre 2025 - 13.34


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di Alessia de Antoniis

In un’epoca segnata da tagli alla cultura e allo spettacolo dal vivo, il Todi Festival dimostra che non tutti i festival sono uguali. Ci sono manifestazioni nate per intercettare finanziamenti e ci sono progetti che generano valore, per il territorio e per la collettività. I numeri parlano chiaro: diecimila presenze in nove giorni, oltre un milione di persone raggiunte in poco meno di una settimana attraverso l’attività social, teatri sold out e luoghi restituiti a nuova vita.

Il ritorno di Silvano Spada, fondatore del festival nel 1987, ha saputo trasformare una rassegna in declino in una piattaforma vitale e coraggiosa, capace di offrire al pubblico la leggerezza dissacrante di Barbari, Barberini e Barbiturici e la densità tragica di Antigone non muore, di far convivere la comicità popolare di Lino Banfi – tornato sulle scene dal vivo dopo trent’anni per chiudere il festival con un applauso “che è sembrato interminabile” – con le riflessioni dei giovani del collettivo Generazione Disagio, che ha registrato il sold out con il cult Dopodiché stasera mi butto. O ancora, di alternare la standing ovation tributata a Milena Vukotic all’emozione palpabile per Pietro Orlandi in prima fila al Nido dell’Aquila durante lo spettacolo Pietro Orlandi, fratello, dove dal palco ha lanciato la sua denuncia: «Tutto è politica, questo spettacolo più che mai è politica». Senza dimenticare l’omaggio alla leggenda vivente Eddie Hawkins, ultranovantenne fondatore del The Folkstudio Singers, e le storie immortali raccontate da Elena Croce in Maria José, l’ultima regina d’Italia.

È in questo caleidoscopio di emozioni e generazioni che si inseriscono le riflessioni urgenti di Urbano Barberini, che a Todi ha ribadito: «L’ambiente, il paesaggio e i beni culturali sono il nostro capitale più prezioso. Potrebbero generare un’economia sana e restituirci qualità di vita, ma serve una società civile che partecipi attivamente».

Questa edizione è stata una lunga festa, ed è proprio quello che desideravo. Da domani si comincia a pensare al 2026“, ha dichiarato Spada a sipario calato. “I contenuti, le presenze e l’attenzione dei media sono stati degni di nota. Di più non ci si poteva aspettare“, gli ha fatto eco il sindaco Antonino Ruggiano, sottolineando come il ritorno di Spada sia stato accompagnato da sponsor importanti come Enel e Philip Morris. E accanto al riconoscimento istituzionale, è arrivato anche quello politico: “Il Todi Festival non è solo teatro, ma un luogo di libertà culturale e incontro fra linguaggi diversi. È un esempio di come la cultura possa diventare soft power per l’Italia, valorizzando i borghi, rafforzando coesione sociale e proiettando nel mondo l’immagine di una nazione che cresce attraverso arte e bellezza“, ha sottolineato Federico Mollicone, presidente della Commissione Cultura della Camera, volato appositamente dalla Mostra del Cinema di Venezia.

Questo è il senso più profondo del Todi Festival 2025: non un cartellone fatto per compiacere o replicare modelli già visti, ma un laboratorio di possibilità, dove la cultura diventa leva di rigenerazione sociale ed economica. E a Todi, quest’anno, il valore è stato tangibile: nei numeri, nell’entusiasmo del pubblico, nella partecipazione di un’intera città che ha ritrovato nel teatro una comunità.

La lezione è chiara, e la ribadisce anche Fausto Bertinotti dal palco di Todi: «Il fatto che la sinistra non ci sia, penalizza la politica e la democrazia in generale. A chi dice che la sinistra c’è, dico che c’è ma è ininfluente. E chi pensa che oggi viviamo in un mondo di guerra, in un mondo ingiusto, in un mondo di prepotenza e arroganza dei forti contro i deboli, dei potenti contro quelli che il potere non ce l’hanno, il ragionamento per la rinascita di una sinistra come alternativa credo possa interessare tutti». Investire nella cultura non è un lusso, ma un atto politico e civile. È scegliere di credere che l’arte, nelle sue forme più diverse, possa ancora rilanciare territori, restituire dignità e offrire futuro.

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