Mnemonica al Mia, l’arte di ricordare nell’era dei dati
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Mnemonica al Mia, l’arte di ricordare nell’era dei dati

Il CEO Piero Costantini racconta il lancio a Roma della prima piattaforma europea per la conservazione del cinema digitale

Il CEO di Mnemonica Piero Costantini - intervista di Alessia de Antoniis
Il CEO di Mnemonica Piero Costantini
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Alessia de Antoniis Modifica articolo

7 Ottobre 2025 - 15.06


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di Alessia de Antoniis

Nel mondo dell’audiovisivo, dove i contenuti nascono, si trasformano e circolano alla velocità del dato, la memoria rischia di perdersi in un clic. A dieci anni dalla fondazione, Mnemonica, piattaforma italiana nata per custodire, semplificare e connettere tutte le fasi di vita di un’opera cinematografica o televisiva, verrà presenta al Mercato Internazionale Audiovisivo (MIA) di Roma. La sua nuova creatura: Mnemonica Archive, un sistema cloud pensato per trasformare l’archiviazione da pratica passiva a leva attiva per la valorizzazione culturale ed economica delle opere.

Ne abbiamo parlato con Piero Costantini, CEO di Mnemonica, che racconta come l’azienda – prima in Italia ad aggiudicarsi il bando europeo Creative Europe – Innovative Tools & Business Models – stia costruendo un vero “ecosistema vivente del cinema digitale”, dove tecnologia e umanità si incontrano per preservare la memoria collettiva dell’immagine.

Qual era il vuoto che volevate colmare e come è cambiata la vostra missione in dieci anni?

La transizione epocale dalla pellicola al digitale non è stata un processo disciplinato, lineare. Se oggi è ancora in corso, dieci anni fa eravamo nella giungla. I metodi antichi e ben consolidati della pellicola stavano lasciando il posto, in modo disordinato, a una serie di espedienti improvvisati, complice il fatto che il digitale fa sembrare tutto facile. Cosa vedevamo all’epoca intorno a noi? Pregiati dati di produzione che passavano di mano in mano su mezzi occasionali, insicuri.

Ma soprattutto cantine e magazzini che si riempivano di hard disk e nastri con le copie originali dei film, eventualmente con dei post-it appiccicati sopra. Qualcuno credeva che questi supporti fossero eterni, oppure rimandava semplicemente il problema della conservazione sperando nella tecnologia del futuro. I proprietari spesso non ne sapevano niente. Così tante opere si sono perse nel nulla, e chissà quante sono a rischio in questo momento. Una situazione  preoccupante per chi ama il cinema.

È diffusa l’idea che un file sia eterno. Quali sono i rischi concreti di perdita oggi per cinema e serie TV?

L’idea dei dati come qualcosa di immateriale, di etereo, è molto ingannevole e pericolosa. In realtà i supporti di memoria sono fragili, sono formattati secondo certi standard e ospitano dati organizzati in certi format. Dopo un tot di anni qualunque supporto può diventare illeggibile oppure incompatibile con i nuovi lettori. Poi c’è il problema della capienza: il cinema produce quantità di dati sempre più colossali, è difficile stargli dietro con le memorie locali. Infine la sicurezza: come può un hard disk lasciato su uno scaffale proteggere il valore delle opere che contiene? Certo, può essere criptato. Ma chi mai ricorderà la password tra dieci anni?

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In cosa consiste la differenza tra un archivio “passivo” e un archivio “attivo”? Perché questo passaggio è cruciale per l’industria audiovisiva europea? E quanto conta avere un unico hub e non processi frammentati?

La parola “archivio” ci fa subito venire in mente chilometri di sotterranei zeppi di faldoni impolverati che stanno lì da chissà quanto e che per essere ritrovati richiedono due cose: una tecnica di catalogazione precisa e molto tempo a disposizione. Con i supporti fisici del digitale le cose non cambiano molto; la vera differenza la fa il cloud dove la dislocazione fisica è trasparente, gestita dal cloud provider, mentre noi ci occupiamo dell’interfaccia migliore per salvare e ritrovare i dati. Con il cloud si può centralizzare tutto, avere una unica “vista” virtuale sui propri contenuti ovunque siano, con uno storico delle operazioni e dei movimenti.

Mnemonica è un content hub del genere, infatti, e questo è un enorme passo avanti rispetto alla dispersione tipica del digitale. Ma anche su cloud, per l’archiviazione a lungo termine si usa di solito un tipo di storage che richiede giorni per “scongelare” i dati richiesti.

Con Mnemonica Archive superiamo anche questa impasse. Come giustamente dicevi, è un archivio “attivo” più simile a una library: da una parte conservi tutti i master e i metadati delle opere cinematografiche a lungo termine in un unico “posto”, ben ordinati e consultabili, dall’altra li hai a disposizione in qualsiasi momento per fare screening o delivery. È una soluzione nuova che sfrutta le qualità migliori del digitale, la facilità di elaborazione e di movimento, mentre neutralizza il più possibile i suoi aspetti rischiosi: il difficile rapporto coi supporti fisici e con i limiti cognitivi delle persone che li maneggiano.

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L’archivio “attivo” diventa una leva per la valorizzazione economica e culturale delle opere, ad libitum. E questo significa nuovi rapporti tra gli stakeholder e nuovi modelli di business basati sul controllo del proprio patrimonio digitale. Per tutti i rights owners, compresi i produttori.

Come si declina il “human-centered approach” in un settore altamente tecnico?

Abbiamo concepito Mnemonica come se fosse il social network dei professionisti del cinema, coi loro account a vita. Persone che si incontrano nei vari progetti, in privato, in totale sicurezza, e si confrontano coi media e sui media, cioè i dati, per aggiungere valore fino ad arrivare alle opere finite.

Siamo un content hub all’interno di ciò che chiamiamo “ecosistema vivente del cinema digitale”: un habitat pieno di vita che ispira la nostra identità anticonvenzionale. In questo ecosistema i dati sono in secondo piano rispetto alle persone, perché nel cinema le idee, il talento e le competenze individuali sono tutto.

Sapendo bene quanto la componente umana sia fondamentale nel cinema, abbiamo progettato un’interfaccia semplice per tutti e funzionalità che si adattassero il più possibile alla loro vita reale. La prova dell’efficacia di questo approccio non è solo la facile adoption e la forte retention, ma il fatto che Mnemonica sia diventata un classico in casi d’uso che non avevamo previsto, come il casting o il supporto ai festival.

Siete piattaforma ufficiale per la Mostra del Cinema di Venezia e ora guardate a musei, scuole, archivi pubblici. Quanto conta il rapporto con le istituzioni culturali?

Il nostro sguardo sul cinema è quello dell’amante. Non siamo tecnologi che ottimizzano i flussi del cinema come potrebbero fare, ad esempio, per la logistica. La nostra piattaforma non è riadattata da un internet banking, sebbene la sicurezza sia la stessa. Il nostro lavoro è costruito sulle fondamenta culturali della settima arte.

Va da sé, allora, che ci sta a cuore chi fa cinema e chi impara a farlo, chi lo cura e lo diffonde, chi lo protegge e lo conserva. Il Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma e la Scuola Gian Maria Volontè usano Mnemonica per le attività didattiche.

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Aiutiamo spesso gli indipendenti low budget, che siano produzioni o piccoli festival, offrendo il servizio gratuitamente. Organizziamo eventi per sensibilizzare l’industria sulla cybersecurity e sulla conservazione digitale. Da anni abbiamo in corso interlocuzioni col Ministero della Cultura perché al cloud sia data per legge la dignità di memoria ufficiale. Nulla di ciò che fa parte dell’ecosistema vivente del cinema digitale può esserci estraneo.

Avete ottenuto il sostegno di Creative Europe. Che ruolo ha oggi l’Europa nella costruzione di un patrimonio audiovisivo comune? E, in un’epoca dominata dalle piattaforme globali, e anche da una sorta di revisionismo ideologico, come si può garantire che le opere europee non vadano disperse ma restino accessibili alle generazioni future?

Per una piccola impresa come la nostra, il riconoscimento europeo è una splendida e non scontata conferma della strada su cui camminiamo da dieci anni. È un riconoscimento simbolico potente sia perché rispettiamo profondamente l’Europa come nostra patria comune, sia perché insiste sul valore culturale del cinema, sia perché siamo la prima impresa italiana a vincere il bando Innovative Tools & Business Models del fondo Creative Europe. Ma è anche un riconoscimento molto concreto, che ci rende ancora più responsabili rispetto a quello che stiamo facendo per il cinema come patrimonio comune e come motore economico, e ci dà più forza per scavalcare i confini di casa, dove ormai godiamo di una certa fama, per far conoscere Mnemonica in altri Paesi europei e provare a diventare un connettivo continentale.

L’offerta di racconti visivi non fa che crescere con la domanda, e dunque il bisogno di depositare e tenere al sicuro tutto il valore che nasce digitale, insieme a quello passato man mano che viene digitalizzato. Ora siamo ancora più confidenti che Mnemonica Archive sia lo strumento giusto per rispondere a questo bisogno.

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