Dopo 45 anni, il remix di “Luna” senza nostalgia: Gianni Togni e il suo sguardo sul futuro  
Top

Dopo 45 anni, il remix di “Luna” senza nostalgia: Gianni Togni e il suo sguardo sul futuro  

Remix 2025, Gianni Togni non celebra un passato cristallizzato né si rifugia nel vintage, non cede alla tentazione di aggiornarsi a tutti i costi, né a quella, opposta e altrettanto facile, di resuscitare un’epoca ormai mitizzata.

Dopo 45 anni, il remix di “Luna” senza nostalgia: Gianni Togni e il suo sguardo sul futuro  
Gianni Togni
Preroll

Maria Calabretta Modifica articolo

14 Ottobre 2025 - 22.35


ATF

Il rischio delle riedizioni è sempre quello della nostalgia, e spesso ci si cade dentro con tutte le scarpe. Ma in “…e in quel momento…” Remix 2025, Gianni Togni non celebra un passato cristallizzato né si rifugia nel vintage, non cede alla tentazione di aggiornarsi a tutti i costi, né a quella, opposta e altrettanto facile, di resuscitare un’epoca ormai mitizzata. Fa qualcosa di diverso, quasi controintuitivo: restituisce vita presente a un’opera che non aveva bisogno di essere riscritta, ma semplicemente riascoltata con attenzione, come si riascolta una frase che all’inizio sembrava semplice e poi ti apre un significato nuovo.

A quarantacinque anni dalla sua pubblicazione, quell’album dal titolo lunghissimo e segreto – “…e in quel momento, entrando in teatro vuoto, un pomeriggio vestito di bianco, mi tolgo la giacca, accendo le luci e sul palco m’invento” – torna in una nuova edizione remixata e rimasterizzata che riesce a fare ciò che raramente accade, portare il passato nel presente, senza sacrificarne l’autenticità. È un’operazione precisa, rispettosa, niente affatto didascalica, condotta sui nastri originali del 1979 con un approccio artigianale, quasi da restauro pittorico: analogica nel cuore e digitale quanto basta nelle rifiniture. Nulla è stato aggiunto, ma molto è stato riscoperto.

Il suono si apre, la dinamica respira, gli strumenti trovano un nuovo spazio, eppure la sensazione è che nulla sia cambiato davvero. L’equilibrio resta intatto, come pure il senso stesso di questo disco: una raccolta di canzoni che parlano con voce ferma e con arrangiamenti sobri, mai invadenti, capaci di trattenere l’emozione senza mai semplificarla. Togni non cercava l’enfasi, cercava la precisione, e ancora oggi quella precisione è ciò che rende queste canzoni sorprendentemente attuali.

Leggi anche:  Eurovision: voto su Israele rinviato dopo l'ultimatum dei Paesi

“Luna”, “Maggie”, “Chissà se mi ritroverai”, “Giardini in una tazza di tè”, titoli che hanno attraversato il tempo, non suonano come “musica d’epoca”. Al contrario, oggi queste canzoni risultano più affilate che mai, in grado di cogliere quel delicato equilibrio tra malinconia e introspezione che la canzone d’autore italiana ha spesso sacrificato in favore di eccessi emotivi o semplificazioni troppo facili.

Togni racconta storie da dentro, senza cercare l’effetto, ma curando ogni dettaglio, e proprio nei dettagli emerge quella grazia compositiva che fa la differenza. “Cercavamo di descrivere la società che ci circondava, sia musicalmente che nelle liriche”, racconta l’artista oggi, parlando di un’epoca in cui scrivere una canzone significava anche scrivere un punto di vista.

Così “Maggie” nasce dall’incontro con le figlie dei figli dei fiori, “Luna” dal ritratto onirico di un clochard che vive tra i sotterranei della metropolitana, “Una mia canzone” diventa la rappresentazione dei suoi inizi da cantautore, mentre “Giardini in una tazza di tè” prende ispirazione dal primo titolo che Proust aveva immaginato per Alla ricerca del tempo perduto e lo trasforma in un pezzo di canzone italiana, una microstoria d’autore, sospesa tra memoria e invenzione.

Leggi anche:  Musica popolare live: crescita record fatta di luci ed ombre

È questo il registro che Togni e Guido Morra, autore dei testi, costruiscono insieme: uno sguardo letterario e musicale che non impone un messaggio ma lascia affiorare impressioni, umori, frammenti di vita.

Il lavoro di remix ha richiesto mesi di studio e un approccio quasi filologico: le otto tracce originali sono state smontate e ricomposte partendo dalle registrazioni a nastro realizzate nel 1979 negli studi CGD di Milano. Niente è stato sovrainciso. Nessuno strumento moderno è stato aggiunto. Ma sono emersi suoni, voci, armonie che nella versione originale erano rimaste sullo sfondo, e oggi acquistano nuova evidenza.

Il CD, oltre alle tracce dell’album, include anche quattro versioni alternative che mettono in luce elementi strumentali esclusi dal missaggio finale, come nel caso di “Pomeriggio maledetto”, e una versione in spagnolo di “Luna”, pensata all’epoca per l’estero ma mai davvero entrata nella memoria collettiva.

In tutto tredici brani, accompagnati da un booklet ricchissimo con foto d’epoca inedite, digitalizzate da diapositive originali, e i testi completi. Le immagini, scattate dal fratello Piero Togni, restituiscono l’atmosfera di un inizio carriera vissuto in un’Italia di passaggio, tra sogni post ‘68 e disillusione anni ’80, ma lo fanno con uno sguardo intimo, mai nostalgico, capace di raccontare un’epoca senza imbalsamarla.

“Guardare al mio passato artistico non è mai stata una priorità”, dice Togni, “ho sempre preferito rimettermi in gioco, adottando soluzioni musicali nuove da aggiungere al bagaglio già acquisito nel tempo”, e in effetti questo progetto, sebbene sia tecnicamente una riedizione, si comporta come un’opera autonoma, che scavalca il tempo senza celebrarlo, lo abita.

Leggi anche:  Dieci anni di Jazzmi

Il cofanetto stesso (LP in vinile 180 gr., CD con bonus e booklet) non è una reliquia, ma un ponte tra epoche musicali, una finestra aperta sul passato che parla del presente. È come se il disco aspettasse da 45 anni l’ascoltatore giusto, quello che può comprenderlo non per nostalgia, ma per vicinanza emotiva e intellettuale.

E forse anche per questo il lavoro fatto qui è più di un semplice remix: è un atto critico, che riporta al centro un modo di scrivere canzoni che sa essere radicale senza urlare, raffinato senza compiacimenti, popolare senza essere superficiale.

In un panorama musicale che spesso tende a celebrare il passato senza rinnovarlo, Gianni Togni rappresenta una rarità: la sua arte non si appoggia sulle canzoni di un tempo, ma continua a muoversi in avanti, mantenendo viva una ricerca creativa senza mai cadere nella tentazione di restare ancorato alla nostalgia.

Con questa operazione compiuta con notevole acume artistico, Togni ha saputo rinnovare il proprio lavoro, riportandolo a nuova vita, con un suono che oggi sembra più fresco e lucido, pur mantenendo intatta la sua forza originale. Una musica che, pur rispettando la propria storia, non ha paura di guardare al futuro, evolvendosi senza tradire la sua essenza.

Native

Articoli correlati