Hedda, il dramma della manipolazione. Da Ibsen a Nia DaCosta
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Hedda, il dramma della manipolazione. Da Ibsen a Nia DaCosta

Il film con Tessa Thompson apre la Festa del Cinema di Roma. Una rivisitazione femminista e sensuale, con Nina Hoss e Imogen Poots.

Hedda - Nia DaCosta - Festa del cinema di Roma- recensione di Alessia de Antoniis
"Hedda" di Nia DaCosta alla Festa del cinema di Roma
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Alessia de Antoniis Modifica articolo

16 Ottobre 2025 - 11.55


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di Alessia de Antoniis

Presentato in apertura alla Festa del Cinema di Roma, Hedda segna il ritorno di Nia DaCosta a un cinema personale, dopo le esperienze non soddisfacenti nel mainstream con Candyman e The Marvels. La regista newyorkese rilegge Hedda Gabler di Ibsen con mano decisa, sfrontata e sensuale, trasformando il dramma ottocentesco in un thriller psicologico ambientato nell’Inghilterra anni Cinquanta. È una versione che vibra di desiderio, frustrazione e potere, dove la claustrofobia domestica diventa un campo di battaglia interiore.

In apertura, l’immagine di Hedda (Tessa Thompson), elegante, imperscrutabile, prigioniera di sé stessa, annuncia il tono del film. Da qui il flashback, in una villa in stile Great Gatsby, dove si consuma la festa che precede il disastro.

Hedda, bellissima e letale, gioca con tutti: il marito ambizioso e mediocre, il giudice compiacente, gli ospiti, in un raffinato esercizio di manipolazione; come una regina che siede su un trono fatto di menzogne. Ma l’arrivo di Eileen Lovborg (Nina Hoss), ex amante e rivale accademica di suo marito, riapre una ferita: quella di un amore represso in nome del decoro.

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La scelta più radicale di DaCosta è proprio questa: trasformare Ejlert Lövborg in Eileen e riscrivere il testo come un triangolo interamente al femminile. Accanto a loro c’è Thea (Imogen Poots), la nuova compagna di Eileen, il riflesso rovesciato di Hedda.

Tre donne, tre strategie di sopravvivenza: quella che si piega, quella che comprende, quella che sente. Da questa variazione nasce un sottotesto nuovo, dove le tensioni di genere, di classe e di razza si intrecciano alla sensualità e alla colpa. Hedda non è più solo una donna infelice: è una donna queer e nera che ha barattato la propria verità per sopravvivere. Sempre fuori posto, manifesta la sua ribellione come distruttività e manipolazione, linguaggio disperato di chi cerca di controllare ciò che non può possedere.

Tessa Thompson è ipnotica. Muove le mani come un direttore d’orchestra, orchestra gli altri come pedine. È ironica, crudele, ferita. La sua Hedda domina la scena con un’energia felina, e quando incrocia lo sguardo di Eileen il film si accende: Nina Hoss le tiene testa con eleganza e malinconia, e il loro confronto diventa danza e duello insieme. Imogen Poots regala a Thea una grazia inquieta, trasformando la sua apparente dolcezza in lucidità morale.

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La confezione è sontuosa. La fotografia di Sean Bobbitt costruisce un gioco di specchi, porte e riflessi che intrappola i personaggi nel loro stesso desiderio di controllo. I costumi di Lindsay Pugh e la scenografia di Cara Brower disegnano un lusso che sa di gabbia dorata. La colonna sonora di Hildur Guðnadóttir è un respiro sensuale e inquieto, dove jazz e sussurri diventano il battito stesso del film.

DaCosta non nasconde la teatralità del testo, anzi la esalta, concentrando tutto in quella notte: il tempo di una festa che si trasforma lentamente in un’orgia di potere e autodistruzione. Solo il finale lascia un retrogusto meno potente del previsto: la regista devia da Ibsen, scegliendo una chiusura più psicologica che tragica, meno catartica di quanto la tensione promettesse.

Eppure Hedda resta un colpo d’autore. Un film elegante e tagliente, in cui la rivisitazione non tradisce il classico ma lo rianima. DaCosta ci ricorda che i personaggi estremi, come Hedda, ci attraggono perché fanno quello che noi non osiamo. Guardarla è come osservare un incendio da dietro il vetro: non puoi distogliere lo sguardo, anche se brucia.

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In fondo Hedda parla di questo: del bisogno di manipolare la realtà per sentirsi vivi, e del prezzo che si paga quando il controllo diventa ossessione.

Un ritorno in grande stile per Nia DaCosta e un trionfo per Tessa Thompson. Hedda non è solo una riscrittura di Ibsen, ma una dichiarazione d’indipendenza: del cinema, dalle convenzioni, e delle donne da ogni gabbia, anche la più elegante.

HEDDA
Regia: Nia DaCosta
Con: Tessa Thompson, Nina Hoss, Imogen Poots, Tom Bateman, Nicholas Pinnock
Produzione: Orion Pictures, Plan B Entertainment
Distribuzione: Amazon MGM Studios

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