di Alessia de Antoniis
Arriva in sala il 6 novembre Anna di Monica Guerritore, prodotto da LuminaMGR, Masi Film Mediaflow e Rai Cinema, distribuito da Notorious: un’opera che la Guerritore ha voluto fortemente e che ora trova la sua strada verso il pubblico.
È la notte del 21 marzo 1956. Anna Magnani cammina per le strade di Roma mentre a Los Angeles si assegna l’Oscar per La rosa tatuata. Non è volata in America – l’aereo la spaventava – e aspetta la notizia in quella città che è la sua vera scenografia. «Lo so che non è una notte come le altre», dice. È da qui che parte Anna, scritto, diretto e interpretato da Monica Guerritore, un film che non tenta di imitare la Magnani, ma di ridarle polso e respiro.
La Guerritore sceglie di non ringiovanirsi nei flashback: è lei, con le sue rughe, a farsi attraversare dal tempo. Il passato non viene ricostruito, ma ricordato. È come se la memoria stessa avesse la sua età e da quella età guardasse indietro. Così Anna rinasce come visione, non come copia: una donna che ripensa la sua vita camminando nella sua notte, tra le ombre di Cinecittà e i fantasmi del cuore.
Due ferite corrono parallele, come binari di una stessa ferrovia: il tradimento di Rossellini e la malattia del figlio. Da lì si snoda la vera tragedia, la falsa vittoria: vincere tutto nel momento in cui il mondo cambia direzione. «Ho vinto l’Oscar e mi hanno voltato le spalle», dice la Magnani. Il cinema non vuole più interpreti, ma facce. Il suo volto, che ha fatto Roma città aperta e Bellissima, diventa improvvisamente “troppo”.
La Guerritore dirige e interpreta con un rigore teatrale che non raffredda, ma eleva. La sua Anna è Medea, è lupa, è mamma Roma, è l’archetipo di ogni donna che ha dovuto essere forte non per scelta, ma per necessità. Quando Rossellini le dice «Sei forte, Anna» e lei risponde «Non c’ho mai avuto un’altra scelta», tutto il film trova il suo senso. È la dichiarazione di esistenza di una donna e di un’attrice che non chiedono indulgenza, ma comprensione.
Certo, Anna è un film nato dalla forza di un’idea più che dai mezzi di una grande produzione. Alcune inquadrature si sentono trattenute, alcuni raccordi non fluidi, ma è un’imperfezione autentica, non un difetto: è la materia viva di un’opera che nasce da un’urgenza, non da un calcolo. È un film “autoprodotto” nel senso più alto del termine: la Guerritore se lo è cucito addosso come una veste rituale e il risultato è un film che emoziona.
La fotografia di Gino Sgreva accende Roma di una luce notturna, sospesa tra sogno e malinconia. La musica di Giovanni Nuti e Paolo Daniele accompagna senza retorica, mentre la presenza di Tommaso Ragno come Rossellini dà corpo e voce al rimpianto. Accanto alla Guerritore, Beatrice Grannò e Lucia Mascino sono due sponde generazionali che riflettono Anna da dentro e da fuori: la giovinezza e la memoria.
Il film è dedicato ad Andrea Purgatori, che per primo credette nel progetto. E forse è anche per lui, e per tutti quelli che hanno bisogno di credere nella necessità del racconto, che Anna è un film che commuove. Non perché ricostruisce, ma perché riconosce: una donna che ha amato troppo, sofferto troppo e che, ancora oggi, ci insegna che la fragilità è l’altra faccia della forza.
In un panorama dove tutto tende all’algoritmo, Monica Guerritore consegna un’opera che sfugge a ogni formula. Non è un film “perfetto”. È, più semplicemente, un film che batte, come il cuore di Anna.
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