di Alessia de Antoniis
E se Silvio Berlusconi avesse avuto altre ventiquattr’ore per riscrivere la propria leggenda?
Silvio, nuovo testo di Giovanni Franci in prima nazionale all’ OFF/OFF Theatre – da mercoledì 12 a domenica 16 novembre – parte da questa fantasia tutta italiana: non se ne va finché non ha deciso lui come deve essere amato.
Solo che Franci gli mette accanto tre fantasmi scomodi: la moglie (Tiziana Sensi), che ha visto il crollo, l’infermiera (Priscilla Micol Marino), che lo tiene in vita fingendo di amarlo, e lo scrittore (Riccardo Pieretti), che finalmente gli dice ciò che i partiti non hanno mai avuto il coraggio di dirgli.
Ma non è un processo: è una commedia nerissima sul Paese che l’ha voluto, e che – parole dell’autore – «non ha fatto niente perché non entrasse in politica quattro volte».
Da qui siamo partiti con Giovanni Franci, parlando del suo nuovo spettacolo, dove Silvio non muore mai davvero: “La salma di silvio non sarà mai deposta nel suo mausoleo”. È solo una nota di regia o stai dicendo che il berlusconismo è una forma di non-morte che continua ad abitare la politica italiana?
Che il berlusconismo non sia morto è un dato di fatto, Berlusconi è stato un precursore, ma a livello internazionale. L’attuale politica italiana ha poco a che fare con lui. Chi è al governo è al governo grazie a lui, ma non ha raccolto nulla della sua eredità. Sono banalmente dei neofascisti che hanno la fortuna di confrontarsi con un’opposizione completamente disastrata e disastrosa. Il vero erede di Berlusconi penso sia più uno come Trump, un imprenditore che fa più riferimento ai propri interessi che agli ideali politici.
Lasci che le frasi più deliranti, come voglio un giorno di lutto nazionale, siano accolte da risate finte: chi è che ride? Il pubblico che ha riso alle sue barzellette o la Storia che ride di noi?
All’inizio sembra che le risate vengano da un pubblico immaginario, come in una sitcom, poi si fanno più amare, quasi macabre, come se provenissero, come dici tu, dalla Storia.
Le risate sono la tua risposta alla retorica dei grandi italiani? Non esistono grandi italiani senza grandi complici?
Silvio è il nostro Frankenstein, siamo tutti noi membri di una società che, realizzandolo, ha fatto la sua fortuna, nessuno escluso.
Perché l’hai chiamata “commedia” quando è una tragedia nazionale? È una presa in giro del lessico con cui in Italia camuffiamo il potere o è perché il potere, da noi, ha sempre la risata registrata pronta?
Da drammaturgo non giudico mai un mio personaggio, non è compito del teatro dare giudizi. Da diverso tempo, siamo abituati al fatto che chiunque possa dare giudizi definitivi in ogni campo, dal cinema alla questione israelo-palestinese; come se il dibattito, in fondo fosse lo stesso, come se avesse lo stesso peso. La commedia, invece, è capace di affrontare in profondità tutte le sfumature dell’essere umano: c’è spazio per la risata, per l’indignazione, per la critica e per la commozione. Io non giudico mai il “mio” Silvio, anzi. Ho cercato di mettermi nei suoi panni. Per assurdo, parafrasando Flaubert, potrei dire che “Silvio, c’est moi”.
Perché hai scelto di far arrivare la critica più feroce non dalla sinistra storica, non dai giudici, ma da un intellettuale precario? Stai dicendo che la vera resistenza culturale oggi non sta più nei partiti?
Quello stesso intellettuale di cui parli dirà che la colpa non è di Silvio: la colpa è nostra, la colpa è di chi non ha fatto niente perché gli fosse impedito di scendere in politica e di essere eletto, non una, ma quattro volte. Ricordiamoci che Silvio è stato il Presidente del Consiglio rimasto in carica più a lungo nella storia dell’Italia Repubblicana.
L’infermiera è la chiave sporca del testo: sa Shaw ma finge di essere scema perché “a lui piaccio stupida”. È la fotografia della nostra classe dirigente culturale che ha fatto finta di non vedere per restare in scena?
È un personaggio molto misterioso, è quello di cui sappiamo meno di tutti, è il fantasma del Natale presente. Un presente difficile da decifrare. Non è mai sé stessa, ogni giorno deve interpretare un ruolo diverso. Silvio l’ha scelta perché le stia accanto nei suoi ultimi giorni, preferisce qualcuno che faccia finta di amarlo invece che qualcuno che lo ami davvero. È tutta una messa in scena, ma questa è la sua verità.
Fai dire a Silvio: “È grazie a me se stanno al governo. Erano federalisti, erano neofascisti, erano incostituzionali. Ingrati”. Stai accusando Berlusconi di aver sdoganato la destra estrema o stai ricordando alla destra attuale che ha un debito non saldato?
Entrambe le cose.
In scena ci saranno catene, sfere, triangoli e nessun simbolo religioso. Il potere italiano non è cristiano ma iniziatico, massonico, segreto?
Di cristiano vedo molto poco perfino nelle massime autorità della Chiesa Cattolica, figuriamoci nella politica. Che tutto sia guidato da cosiddetti poteri occulti ormai non è più soltanto un sospetto.
Quasi tutti i personaggi femminili fanno finta: l’infermiera finge, Veronica finge, persino la madre riscrive la realtà (il dito medio voleva dire che sei il numero uno). Il consenso a Berlusconi è passato dal femminile addomesticato?
Il suo rapporto con le donne è molto complesso ed è una delle chiavi di lettura per interpretare le sue fragilità. Probabilmente è quello che mi ha più interessato affrontare e a cui mi sono maggiormente dedicato; quindi, mi è difficile adesso dare una risposta semplice e sintetica.
Anche grazie a Silvio, negli ultimi trent’anni abbiamo barattato l’etica con la promessa di diventare qualcuno? O semplicemente siamo generazioni senza etica, al massimo infarciti di moralismo?
Possedere qualcosa sembra essere diventato l’unico modo che abbiamo per illuderci di poter essere qualcuno. La Filosofia e l’Etica sono diventati un limite. Si può raggiungere qualunque posizione senza istruzione alcuna e qualsiasi mezzo è lecito. Questo vale particolarmente per la politica. Vince l’improvvisazione e l’ignoranza, di conseguenza dilaga il moralismo.
Pensi che questo testo, con l’attuale clima politico, potrà andare in tournée? O verrai boicottato come per la tua drammaturgia sul caso Varani?
È molto probabile che lo spettacolo susciterà polemiche e discussioni. Per il momento sono grato a Silvano Spada, direttore artistico dell’Off/Off Theatre, che ha sempre il coraggio di raccogliere sfide come questa e di sostenerle.
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