Il report Bankitalia sull'occupazione: creati oltre 830.000 posti di lavoro
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Il report Bankitalia sull'occupazione: creati oltre 830.000 posti di lavoro

E' avvenuto da inizio anno a fronte dei 327.000 del 2020 e dei 689.000 del 2019, ma quasi tutti però a tempo determinato

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24 Settembre 2021 - 15.32


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Da inizio 2021 sono stati creati oltre 830.000 posti di lavoro, a fronte dei 327.000 del 2020 e dei 689.000 del 2019.
È quanto scrivono Ministero del Lavoro e Bankitalia in una nota congiunta sul mercato del lavoro (dati aggiornati al 31 agosto 2021).
Dopo la crescita registrata a luglio, spiegano Ministero e Banca d’Italia, ad agosto, come negli anni passati, si è interrotto il processo di creazione di nuovi posti di lavoro che tipicamente si concentra nei primi sette mesi dell’anno. Sono stati attivati 375 mila impieghi a fronte di 411 mila cessazioni: il saldo è stato negativo e pari a -36.000 posizioni, un valore significativamente migliore di quello registrato nello stesso mese del 2019. 
Quasi il 90 per cento dei posti di lavoro creati dall’inizio del 2021 è stato attivato con un contratto a termine.
La modesta dinamica delle posizioni a tempo indeterminato, marcatamente inferiore anche a quella osservata nel 2020, risente del numero ancora esiguo di nuove assunzioni e trasformazioni di impieghi già in essere.
“Il buon andamento complessivo della domanda di lavoro e la possibilità di ricorrere ai regimi di integrazione salariale senza costi mantengono i licenziamenti in luglio e agosto su livelli molto bassi, nonostante la rimozione dal 1 luglio 2021 del blocco dei licenziamenti in alcuni settori, che impiegano circa quattro milioni di dipendenti”. Si legge così nella quinta Nota congiunta dell’indagine.
“Si stima che in luglio l’eliminazione del vincolo abbia sbloccato circa 10.000 licenziamenti, riportandone il numero sui livelli medi del 2019. I licenziamenti sono però tornati già ad agosto su valori estremamente contenuti, per effetto sia della ripresa ciclica sia del perdurare di condizioni favorevoli per l’accesso ai regimi di integrazione salariale”.

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