Nel giorno della Festa dei Lavoratori, Giorgia Meloni ha scelto la via più comoda (e protetta): un video registrato, confezionato a uso e consumo della propaganda, diffuso dai suoi canali e rilanciato con zelo dalla stampa amica. Nessuna conferenza stampa, nessuna occasione per i giornalisti di porre domande, di chiedere conto dei dati, delle promesse mancate, delle contraddizioni. Troppa la paura che qualcuno, semplicemente con un grafico in mano, potesse rovinare la festa.
Meloni ha parlato di salari in crescita, di occupazione ai massimi storici, di un’Italia che “ce la sta facendo”. Ha sciorinato cifre senza spiegazioni, come fossero verità scolpite nella pietra, ignorando che la realtà, quella che si respira fuori dai palazzi, dice altro: stipendi stagnanti, precarietà crescente, inflazione che divora il potere d’acquisto. E poi l’evasione record, le morti sul lavoro, la fuga dei giovani all’estero, le disuguaglianze esplosive.
Perché allora non rispondere in diretta? Perché non accettare il confronto pubblico, magari con quei cronisti che ogni giorno documentano il disagio, le vertenze, le delocalizzazioni? Forse perché, una volta tolto il filtro del monologo, la narrazione non reggerebbe nemmeno un minuto. Un giornalista qualunque avrebbe potuto chiederle: “Ma se i salari crescono, perché le famiglie fanno la spesa a rate?” Oppure: “Se l’economia va così bene, perché i lavoratori sono sempre più poveri?”
Ma niente. Meglio il rassicurante silenzio dell’autoproduzione video, il soliloquio sovranista, lo sfondo istituzionale e lo sguardo da attrice consumata. Un primo maggio da palco televisivo, senza la minima voglia di sporcarsi le mani nella realtà. E chissà, forse tra qualche anno ci racconterà che anche questo è stato un segno di “stabilità”, di “responsabilità”, magari perfino di “ascolto”. Ma solo delle sue voci. Quelle fuori campo, beninteso.
Nel frattempo, i lavoratori veri ascoltano altro: il rumore del mutuo che sale, della benzina che rincara, del contratto che non arriva. E no, non basta un video per farli tacere.
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