“Buon 1 maggio a tutte le lavoratrici e i lavoratori che tengono insieme questo Paese, il Pd è al loro fianco. Abbiamo tanto da fare per migliorare le condizioni materiali di chi lavora. Serve una legge sul salario minimo: la maggioranza l’ha voluta bloccare. Meloni ha voltato le spalle a 3 milioni e mezzo di lavoratrici e lavoratori poveri. Continua a mentire a viso aperto sui numeri. Dice che non c’è un problema salariale in Italia e invece l’Istat lo ha confermato: i salari sono più bassi dell’8% rispetto al 2021”.
Con queste parole, pronunciate in piazza il Primo Maggio, la segretaria del Partito Democratico Elly Schlein ha lanciato un attacco frontale al governo Meloni, accusandolo di aver abbandonato i lavoratori e di aver ignorato sistematicamente i dati e le emergenze reali del Paese.
Il salario minimo legale, tema centrale del dibattito politico e sindacale degli ultimi anni, è stato bloccato dalla maggioranza di centrodestra, nonostante una proposta unitaria delle opposizioni e il sostegno delle principali sigle sindacali. L’INAPP ha stimato che oltre 3,6 milioni di lavoratori italiani percepiscono meno di 9 euro lordi l’ora, soglia individuata come livello minimo di dignità salariale. Eppure, il governo ha scelto di rinviare tutto a una generica “commissione tecnica”, senza vincoli né tempi certi. Le dichiarazioni di Giorgia Meloni, secondo cui “il problema dei salari non esiste”, risultano smentite dai numeri ufficiali: secondo l’Istat, i salari reali sono diminuiti dell’8% in due anni, a causa dell’inflazione non compensata da adeguati aumenti contrattuali.
Al tema del salario si aggiunge quello degli appalti pubblici, su cui il nuovo Codice approvato dal governo ha sollevato forti critiche. Le clausole sociali, che dovrebbero garantire continuità dei diritti nei cambi di appalto, sono state indebolite, e si è tornati a privilegiare il criterio del massimo ribasso. Una scelta che, secondo i sindacati, rischia di compromettere la qualità del lavoro, aumentare la precarietà e rendere meno sicuri i luoghi di lavoro. In un contesto già segnato da oltre mille morti sul lavoro nel 2023, secondo i dati Inail, questa impostazione è giudicata miope e pericolosa.
Il precariato, invece di essere contrastato, è stato rilanciato. Il decreto lavoro del 2023 ha reintrodotto e ampliato l’uso dei contratti a termine, riducendo le tutele introdotte negli anni precedenti. Si è tornati a una logica di flessibilità senza garanzie, in particolare per i giovani. E mentre il governo rivendica il taglio del cuneo fiscale, i dati dell’INPS mostrano che oltre un milione di lavoratori hanno guadagnato nel 2023 meno di 10.000 euro lordi annui: una cifra insufficiente a vivere con dignità.
Nessun passo avanti è stato fatto nemmeno sul fronte dei lavoratori delle piattaforme digitali, come i rider. L’Italia, al contrario di altri Paesi europei come Francia e Spagna, non ha ancora recepito la direttiva europea che impone di regolamentare il lavoro tramite algoritmi e riconoscere i diritti minimi dei lavoratori. La regolamentazione promessa è rimasta sulla carta, mentre la gig economy continua a espandersi in una zona grigia di sfruttamento e assenza di tutele.
Infine, sul piano industriale, il governo Meloni non ha fornito una visione chiara né strumenti efficaci per la creazione di lavoro stabile e qualificato. In settori in crisi come l’automotive o la siderurgia, i segnali di attenzione sono stati sporadici e insufficienti. La Corte dei Conti ha inoltre evidenziato come le risorse del PNRR dedicate all’occupazione giovanile e femminile siano state ridotte o rimodulate, contraddicendo gli annunci di rilancio.
Alla retorica del lavoro come fondamento della Repubblica non sono seguiti provvedimenti coerenti. Anzi, per larga parte del mondo del lavoro – dai precari ai lavoratori poveri, dagli addetti agli appalti ai giovani sottopagati – il 1° maggio di quest’anno segna l’assenza di risposte concrete da parte dell’esecutivo. Elly Schlein ha voluto ricordarlo con chiarezza, riportando la questione sociale al centro del confronto politico.