Altro che i fasti annunciati con grande sprezzo del ridicolo da Giorgia Meloni e i suoi partners. Una italia impoverita, precaria nel mezzo di una frammentazione sociale.
Il Rapporto Annuale Istat 2025, alla sua trentatreesima edizione, offre uno sguardo profondo e articolato sull’Italia di oggi, mettendo in evidenza i nodi cruciali che attraversano il tessuto economico e sociale del Paese. L’analisi fotografa un sistema in trasformazione, segnato da elementi di resilienza ma anche da persistenti vulnerabilità.
L’indagine affronta un’ampia gamma di tematiche: dalla crescita economica rallentata all’invecchiamento della popolazione, dall’evoluzione del mercato del lavoro all’accesso all’istruzione, passando per le condizioni economiche delle famiglie e l’impatto delle innovazioni tecnologiche. L’Italia, secondo l’Istat, si muove tra segnali incoraggianti – come l’incremento degli occupati e il raffreddamento dell’inflazione – e limiti strutturali che ostacolano uno sviluppo equilibrato e duraturo.
Uno degli assi portanti del rapporto è l’analisi delle trasformazioni generazionali: su 242 pagine, lo studio si sofferma in particolare sulle nuove generazioni, che, pur più scolarizzate rispetto al passato, si trovano spesso penalizzate sul piano delle opportunità occupazionali e della stabilità reddituale.
Nei prossimi paragrafi vengono presentati i principali risultati emersi dall’analisi dell’Istat, con l’obiettivo di offrire una lettura consapevole delle sfide che l’Italia si trova ad affrontare nel presente e nel futuro.
Un sistema economico e sociale in lenta evoluzione
Il primo capitolo del rapporto si apre con una ricognizione del contesto macroeconomico. Dopo una fase di ripresa, il PIL ha registrato un rallentamento nel 2024, in parte a causa della debolezza della domanda interna e di una flessione degli investimenti.
Sul fronte del lavoro, si segnala una crescita occupazionale, trainata soprattutto dai contratti a tempo indeterminato. Tuttavia, permangono disequilibri rilevanti tra settori e territori, e la qualità dell’occupazione resta disomogenea.
Le grandi transizioni – digitale, ecologica e demografica – procedono con fatica, frenate da ostacoli strutturali come la scarsa produttività, l’insufficiente capacità innovativa e una macchina amministrativa poco efficiente. Sebbene il Pnrr rappresenti un’occasione senza precedenti per rilanciare il sistema, la capacità di trasformare le risorse disponibili in riforme concrete e durature resta limitata, anche a causa della frammentazione delle politiche e della discontinuità nelle strategie pubbliche.
Famiglie, povertà e divari territoriali
Il secondo capitolo del rapporto approfondisce le condizioni economiche e sociali delle famiglie italiane, rivelando una diffusa vulnerabilità che interessa soprattutto i nuclei con figli, le famiglie numerose e quelle residenti nel Mezzogiorno.
Nonostante il rallentamento dell’inflazione osservato nel 2024, il potere d’acquisto non è tornato ai livelli pre-crisi. Le disuguaglianze territoriali si confermano marcate: il Sud presenta tassi di povertà sensibilmente più alti, una minore copertura dei servizi pubblici essenziali, scarsa partecipazione femminile al lavoro e livelli educativi inferiori rispetto al resto del Paese.
A questi squilibri consolidati si affiancano nuovi rischi sociali, derivanti dalla precarizzazione del lavoro, dalla frammentazione delle reti familiari e dal calo della coesione comunitaria. Il quadro che ne emerge è quello di una società in cui le disuguaglianze si trasmettono tra generazioni, ostacolando la mobilità sociale e minacciando la tenuta della classe media.