La destra blocca l’aumento al 33% della tassa sulle cripto: un regalo ai miliardari della finanza digitale

Secondo i partiti coinvolti, la misura mira a dare respiro agli investitori cripto; ma, al di là delle dichiarazioni ufficiali, il blocco dell’aumento appare come un chiaro favore alle grandi fortune accumulate nel mondo delle valute digitali.

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18 Novembre 2025 - 19.34


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Il governo italiano, tramite una serie di emendamenti alla manovra economica, ha deciso di fermare l’aumento previsto dell’aliquota sulle plusvalenze da criptovalute: doveva passare dal 26% al 33%, ma la maggioranza – composta da Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia – spinge per mantenere la tassazione al livello attuale.

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Secondo i partiti coinvolti, la misura mira a dare respiro agli investitori cripto; ma, al di là delle dichiarazioni ufficiali, il blocco dell’aumento appare come un chiaro favore alle grandi fortune accumulate nel mondo delle valute digitali. Non è un caso che chi investe seriamente in cripto non sia solo un “privato appassionato”, ma spesso un miliardario con interessi globali, anche legati a figure come Donald Trump.

Infatti, la famiglia Trump è pesantemente coinvolta in questo settore: secondo Forbes, ha incassato circa 5 miliardi di dollari grazie alle criptovalute, in particolar modo dal progetto World Liberty Financial.

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Questo profondo intreccio tra élite politica e industria cripto solleva evidenti conflitti di interesse, come denunciato anche da analisti internazionali.

Dietro la retorica della “difesa dell’investitore” e della “competitività tecnologica”, si nasconde dunque un’altra realtà: la maggioranza parlamentare italiana sembra favorire un taglio fiscale che avvantaggia non tanto i piccoli risparmiatori, quanto quei grandi player internazionali che hanno già fatto fortune nel mondo cripto.

Nel frattempo, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti richiama il tema della legalità economica, ammonendo contro i “crimini economici” che, secondo lui, minacciano la stabilità democratica.

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Ma proprio per contrastare queste forme di ricchezza concentrata – specialmente nel settore digitale – servirebbero regole più severe, non sconti fiscali.

In definitiva, la decisione della maggioranza non sembra un semplice errore tecnico, ma un disegno politico chiaro: proteggere una lobby che ha guadagnato molto – e che continua a esercitare forte influenza, anche attraverso figure come Trump.

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