La disinformazione sul clima alimenta la catastrofe: un nuovo rapporto internazionale

La disinformazione dilagante sul cambiamento climatico sta trasformando una crisi in una catastrofe. È quanto emerge da un nuovo rapporto dell’International Panel on the Information Environment (Ipie)

La disinformazione sul clima alimenta la catastrofe: un nuovo rapporto internazionale
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19 Giugno 2025 - 21.07


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La disinformazione dilagante sul cambiamento climatico sta trasformando una crisi in una catastrofe. È quanto emerge da un nuovo rapporto dell’International Panel on the Information Environment (Ipie), che ha analizzato sistematicamente 300 studi scientifici.

Secondo i ricercatori, l’azione per il clima viene sistematicamente ostacolata da informazioni false o fuorvianti, spesso diffuse da compagnie legate ai combustibili fossili, politici di destra e persino da alcuni Stati. Le campagne di negazionismo climatico si sono evolute, spostando l’attenzione dalla negazione del cambiamento climatico verso la delegittimazione delle soluzioni, come nel caso delle false accuse secondo cui le energie rinnovabili avrebbero causato un blackout di massa in Spagna.

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Bot e troll online amplificano enormemente queste narrazioni, giocando un ruolo chiave nella diffusione delle menzogne sul clima. I bersagli principali oggi sono politici, funzionari pubblici e agenzie di regolamentazione, nel tentativo di ritardare ogni iniziativa climatica.

Il rapporto utilizza il termine disinformazione climatica per riferirsi sia alle falsità deliberatamente diffuse, sia a quelle veicolate in modo involontario. La preoccupazione per questo fenomeno è crescente: giovedì scorso, Elisa Morgera, relatrice speciale dell’ONU sui diritti umani e il cambiamento climatico, ha chiesto che la disinformazione e il greenwashing da parte dell’industria fossile siano criminalizzati. Sabato, il Brasile – Paese ospite della prossima conferenza COP30 – promuoverà un’iniziativa ONU per contrastare la disinformazione climatica.

«È un problema enorme», ha dichiarato Klaus Jensen dell’Università di Copenaghen, uno dei principali autori dello studio. «Se non disponiamo delle informazioni corrette, come possiamo votare per le politiche giuste? E come possono i governi tradurre le evidenze scientifiche in azioni concrete? Purtroppo gli attori malevoli sono ancora molto attivi e, probabilmente, oggi hanno il sopravvento».

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Jensen ha aggiunto: «Abbiamo circa cinque anni per dimezzare le emissioni e fino al 2050 per raggiungere la neutralità carbonica. Senza un’informazione corretta, non ce la faremo. Se non affrontiamo il problema dell’integrità informativa, la crisi climatica può davvero trasformarsi in catastrofe».

Nel suo rapporto, Morgera ha invitato gli Stati a «defossilizzare» i sistemi informativi, dopo decenni di manipolazioni da parte delle lobby fossili. Ha chiesto di criminalizzare la disinformazione e il greenwashing delle aziende energetiche, e di perseguire anche agenzie pubblicitarie e media che le amplificano. Nel giugno 2024, il segretario generale ONU António Guterres aveva definito le compagnie fossili «i padrini del caos climatico», proponendo il bando totale della loro pubblicità.

L’ONU ha avviato la Global Initiative for Information Integrity on Climate Change. Il Brasile, in occasione dei negoziati a Bonn, chiederà agli Stati di rafforzare gli strumenti contro le menzogne climatiche. Tra i Paesi già aderenti: Regno Unito, Francia, Cile, Marocco e altri. Anche la direttrice generale dell’UNESCO, Audrey Azoulay, ha lanciato l’allarme: «La disinformazione climatica dilaga sui social media».

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Il rapporto Ipie analizza in profondità chi produce la disinformazione, come si diffonde, quali effetti ha e come contrastarla. Conclude che le informazioni ingannevoli hanno minato la fiducia dell’opinione pubblica nella scienza climatica e nelle istituzioni, aggravando così la crisi.

Le menzogne spaziano dalla promozione del gas fossile come “carburante a basse emissioni” a teorie del complotto deliranti, come quella secondo cui gli incendi in California sarebbero stati orchestrati per distruggere tunnel di traffico di minori.

Il rapporto accusa l’industria fossile di una “doppia inganno”: prima ha negato la realtà del cambiamento climatico e ne ha nascosto la responsabilità, poi ha avviato operazioni di greenwashing per presentarsi come sostenibile. Anche altri settori sono coinvolti nella disinformazione climatica: compagnie elettriche statunitensi, agricoltura intensiva, compagnie aeree, turismo e fast food.

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Tra i diffusori più influenti di falsità c’è Donald Trump, che ha definito la scienza climatica “una gigantesca bufala”. Le sue dichiarazioni infondate e illogiche, dice il rapporto, sono state ampiamente rilanciate da account social, spesso automatizzati. Anche la Russia è accusata di aver usato troll farm per diffondere disinformazione sul clima.

Jensen ha precisato che il problema non riguarda solo i social: «Esistono alleanze tra industrie e think tank conservatori che prendono di mira direttamente le figure chiave nei processi decisionali. Siamo vicini a una vera e propria strategia organizzata».

In Europa, diversi partiti populisti di destra – come AfD in Germania, Vox in Spagna e il Rassemblement National in Francia – sono indicati nel rapporto come attivamente impegnati nel negare o distorcere la scienza del clima. I media ideologicamente affini a queste formazioni amplificano scetticismo, teorie del complotto e propaganda negazionista.

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Tra le contromisure suggerite: normative più severe sulla moderazione dei contenuti online, come previsto dal Digital Services Act dell’UE, e obbligo per le aziende fossili di dichiarare pubblicamente le proprie emissioni. Alcuni procedimenti legali contro chi diffonde disinformazione climatica sono già in corso. A lungo termine, il rafforzamento dell’educazione ambientale permetterebbe ai cittadini di riconoscere e respingere le falsità.

Infine, il rapporto chiede anche più studi fuori dal mondo anglosassone: dei 300 analizzati, solo uno si concentrava sull’Africa.


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