Batterie, geopolitica e diritti: come ridurre la pressione su litio, cobalto e terre rare

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Batterie, geopolitica e diritti: come ridurre la pressione su litio, cobalto e terre rare
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17 Settembre 2025 - 12.33


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La corsa a litio, cobalto e terre rare non è una mera questione tecnologica e di potere: è un mix che coinvolge diplomazia, sicurezza economica, relazioni internazionali. Nel 2025 la Cina ha irrigidito i controlli su alcune terre rare e magneti, ricordando all’Europa quanto sia rischioso dipendere da una sola fonte. 

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In parallelo Bruxelles ha selezionato progetti strategici al di fuori dei confini comunitari per diversificare le forniture: una mappa di alleanze nuove, meno fragili. Un quadro chiaro, formato attualmente da 13 progetti “esterni”, volti a ridurre l’impatto dei controlli cinesi sul mercato.

2) Diritti umani e lavoro: i numeri che contano

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Ogni singolo grammo di materia prima che viene estratto ha un costo umano. I dati diffusi nel 2025 da OIL/UNICEF parlano di 138 milioni di bambini e adolescenti coinvolti nel lavoro minorile (54 milioni in attività pericolose): l’obiettivo ambizioso che puntata a sradicare del tutto questo fenomeno entro il 2025 non è stato centrato.

Zoom sul cobalto (R.D. Congo): nelle miniere artigianali rimangono diverse criticità, pur con segnali di riduzione del lavoro minorile individuato dalle autorità locali tra 2019 e 2022. Tradotto per l’industria: auditing seri, tracciabilità e contratti migliori lungo tutta la filiera, dal minerale al catodo.

3) La risposta regolatoria UE: misurare per cambiare

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L’Europa non si limita agli slogan. Con il Regolamento delegato (UE) 2025/606 la Commissione ha fissato le modalità di calcolo e documentazione dei tassi di efficienza di riciclo e recupero dei materiali delle batterie esauste: senza metodi e standard condivisi, gli obiettivi restano carta.

In più, il Regolamento batterie 2023/1542 introduce quote minime di contenuto riciclato dal 18 agosto 2028 nelle batterie industriali ed EV (cobalto, nichel, litio; piombo per le SLI). Il messaggio è politico oltre che tecnico: il ciclo “estrai-produci-smaltisci” non è più accettabile in un settore così importante per la competitività manifatturiera europea.

4) Circolarità che incide da subito: ricambi usati e ricondizionati 

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Upstream e midstream sono cruciali, ma c’è un “downstream” spesso trascurato che riduce immediatamente la domanda di materiali vergini: riuso, riparazione e ricambistica rigenerata.

Nel cuore di questo cambio di paradigma ci sono piattaforme specializzate come Ovoko, che offrono a migliaia di utenti la possibilità di acquistare ricambi nuovi/usati/ricondizionati con reti di officine e demolitori. Risultato: parti funzionanti che tornano in circolo, allungano la vita dei veicoli, spostando tonnellate di pressione dalle miniere ai magazzini dell’usato. È economia circolare applicata: meno componenti nuovi = meno estrazione, meno scarti, più resilienza di filiera e più margine per chi ripara.

5) L’angolo italiano: miniere “di ritorno”

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Questo “capovolgimento” è coerente con la gerarchia europea dei rifiuti (prevenzione-riuso-riciclo) e, soprattutto, con la grammatica del rischio: se il nodo geopolitico è la concentrazione del potere su poche piazze (raffinazione in Cina; cobalto in Congo), allora ridurre il bisogno di materiali vergini diventa una politica industriale dal basso. È una strategia di hedging contro shock di prezzo e contro lo sfilacciamento sociale a monte delle catene di fornitura.

Sul fronte informazione, il dibattito italiano si muove in a pendolo tra opportunità e caveat: dalla riapertura di miniere per inseguire le “terre rare” in casa nostra alle diplomazie minerarie nel vicino Est. Si concretizza così una nuova vampata d’interesse per l’estrazione nelle cave nazionali, con tutti i suoi “se”

Se l’Italia non è (ancora) hub di produzione celle, può esserlo su raccolta, pre-trattamento e riciclo di rifiuti delle batterie e su un aftermarket digitale e trasparente. Le priorità operative:

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  • Rafforzare le filiere RAEE/pile, con tracciabilità e capacità impiantistica sulla “black mass”.
  • Standardizzare qualità e garanzie del ricondizionato per farlo diventare default, non eccezione.
  • Incentivare riparabilità e riuso (IVA agevolata, appalti pubblici “repair-first”, programmi formativi).
  • Integrare i dati di circolarità nei piani industriali (contenuto riciclato, efficienze, recuperi).

Passi pratici verso il futuro

In pratica, cosa dovrebbero fare imprese e policy-maker? Primo: impegnarsi in una due diligence sostanziale, non notarile, sui diritti umani e origine dei materiali, scongiurando la concentrazione d’interessi e il “single supplier risk”. Secondo: dati tracciabili sul contenuto riciclato, efficienze e recuperi (gli atti UE ora dicono come misurarli). Terzo: spingere l’aftermarket circolare con standard di qualità per il ricondizionato, incentivi fiscali intelligenti e piattaforme trasparenti per rendere il “pezzo rigenerato” la scelta predefinita, non l’eccezione.

Chiudiamo dove abbiamo iniziato: la transizione energetica è un gioco di potere oltre che di ingegneria. Se la Cina usa le terre rare come leva negoziale e l’UE prova a riequilibrare la bilancia con progetti e regole, allora ogni componente riusato può fare la differenza. Non è un dettaglio da addetti ai lavori: è il modo più rapido per creare un ponte tra competitività europea e tutela dei diritti dove il sottosuolo, oggi, decide il destino di troppi esseri umani.

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