Ken Saro-Wiwa: 84 anni fa nasceva uno dei pionieri e martiri dell’ambientalismo

La sua figura è una delle più importanti della storia contemporanea nigeriana. Qui in occidente, tuttavia, rimane sconosciuto ai più.

Ken Saro-Wiwa: 84 anni fa nasceva uno dei pionieri e martiri dell’ambientalismo
Ken Saro-Wiwa
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Agostino Forgione Modifica articolo

10 Ottobre 2025 - 17.46 Culture


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“Hanno ammazzato Ken Saro-Wiwa, Saro-Wiwa è ancora vivo”. Così canta Pierpaolo Capovilla de Il Teatro degli Orrori in uno dei pezzi più conosciuti della band, dal titolo ‘A sangue freddo’. Nel giorno dell’anniversario della sua nascita, il 10 ottobre, ho creduto fosse giusto omaggiare la memoria di una delle figure più importanti ed ecclettiche dell’Africa post-coloniale, purtroppo poco studiata e largamente sconosciuta a noi occidentali. La sua condanna a morte testimonia una delle pagine più scure circa i rapporti di collusione tra il governo nigeriano e le aziende petrolifere, in particolare la Shell.

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Ken Saro-Wiwa è stato un poeta, scrittore e attivista nato a Bori, in Nigeria, nel 1941. Appartenente all’etnia degli Ogoni, una minoranza indigena insediata nel Delta del Niger nota per la forte identità comunitaria e per le pioneristiche posizioni ambientaliste, proveniva da una famiglia della borghesia locale. La sua astrazione sociale gli permise di frequentare il prestigioso Government College di Umuahia, noto per aver formato alcuni tra gli intellettuali nigeriani di maggiore caratura. Proseguì gli studi presso l’Università di Ibadan dove si laureò in letteratura inglese, iniziando a scrivere le sue prime opere teatrali. Per un breve periodo insegnò anche presso l’Università di Lagos, prima di unirsi alle forze federali durante la guerra civile nigeriana.

Sebbene all’epoca, soprattutto in Africa, la questione fosse largamente ignorata, fu tra i primi attivisti a battersi per la difesa dell’ambiente, oltre che per l’autodeterminazione del popolo Ogoni. Saro-Wiwa documentò e denunciò gli effetti devastanti legati all’intensa attività petrolifera e alle conseguenti perdite di petrolio. Tra questi terreni agricoli prima fecondi resi completamente sterili, corsi d’acqua e falde contaminate, un’allarmante incidenza di malattie respiratorie oltre a migrazioni forzate dalle zone destinate alle attività estrattive.

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Il territorio in cui vivevano gli Ogoni, infatti, era tra i più ricchi di petrolio del Paese e per tale ragione attrasse l’interesse delle più grandi compagnie petrolifere, prima tra tutte la Shell. Per mezzo di accordi che favorivano esclusivamente la classe dirigente nigeriana, tralasciando ogni interesse della popolazione indigena, queste si assicurarono il permesso di trivellare senza alcuna garanzia ambientale. Degli enormi profitti generati nulla venne dato agli Ogoni, a cui anzi toccò solo l’impoverimento delle terre e l’insorgenza di malattie e malformazioni.

Proprio per voler denunciare tutto ciò nel 1990 Saro-Wiwa fondò il Movement for the Survival of the Ogoni People (MOSOP), un movimento non violento che ebbe il merito di far interessare i media internazionali alla tematica, fino ad allora trascurata. Le pressioni che riuscì a esercitare divennero così forti che nel 1993 guidò una manifestazione di 300mila persone, la quale costrinse la Shell a ritirarsi temporaneamente dalla regione.

Per via della posizione aspramente critica verso il governo, tuttavia, venne citato in giudizio assieme ad altri otto attivisti dal tribunale militare. Un processo internazionalmente riconosciuto come una farsa. Tra le accuse mosse, tutte prive di reale fondamento, quelle di aver incitato all’omicidio di alcuni presunti oppositori del sopracitato MOSOP. Per tale ragione il 10 novembre 1995 venne impiccato assieme agli altri imputati. Lo scorso luglio, a distanza di 30 anni, il presidente Tinubu ha riconosciuto la grazia postuma a lui e a tutti gli altri attivisti. Nel 2009 inoltre, a seguito di un processo in cui era coinvolta, la Shell ha accettato di pagare un risarcimento di 15,5 milioni di dollari per l’assassinio di Ken Saro-Wiwa e degli altri Ogoni giustiziati. Ciononostante ha precisato di farlo non per colpevolezza ma per incentivare la riconciliazione tra le parti. A ogni modo sono sempre più le prove secondo cui la multinazionale avrebbe avuto un ruolo cardine nell’emissione della condanna a morte.

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Tra le sue opere più famose, tradotte anche in italiano, ‘Sozaboy’, ‘A Forest of Flowers’ e ‘A Month and a Day: A Detention Diary’.  Il primo rimane una delle più importanti testimonianze letterarie sulla guerra civile nigeriana, raccontata dal punto di vista di un giovane e ingenuo ragazzino. Emblematiche le sue ultime parole, pronunciate sul patibolo: “Signore, accogli la mia anima, ma la lotta continua”.

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