Manovre militari e fallimenti diplomatici. Le prime danno conto di una preoccupante escalation nel braccio di ferro tra Rusia e Nato. I secondi, raccontano di una frenetica attività diplomatica tanto intensa quanto, allo stato dell’arte, infruttuosa.
Manovre militari
Annota Pietro Batacchi, direttore di Rid (Rivista italiana difesa): “Nelle ultime ore va registrato un’ulteriore escalation nel confronto tra Nato e Russia sull’Ucraina. Mosca, per la prima volta, ha inviato 4 caccia MiG-31 equipaggiati con missili ipersonici Khinzal nell’enclave russa sul Baltico di Kalingrad. E’ la prima volta che un sistema del genere viene dispiegato a Kaliningrad, a testimonianza del livello che il confronto tra Nato e Russia ha raggiunto nelle ultime ore. Un confronto giocato lungo il binario delle manovre e dei movimenti militari utilizzati a fini di dissuasione e diplomatico-coercitivi. Il Khinzal è un missile quasi balistico aviolanciabile, derivato dal missile balistico tattico Iskander, con una gittata di 1500-2000 km e capace di colpire bersagli navali – a cominciare dalle portaerei – e terrestri, quali centri di comando e controllo, siti della difesa missilistica/antibalistica, ecc., grazie ad un seeker a guida radar e/o un sistema di riconoscimento del bersaglio. In generale, sulla guida terminale del missile non sono emersi finora maggiori dettagli da fonte aperta. A differenza di un missile balistico lanciato da terra, il KhinzaL segue una traiettoria “piatta”; viene rilasciato ad alta quota a velocità supersonica dal MiG-31 ed accelerato da un motore propellente solido. E’ in grado di manovrare, in particolare durante la fase terminale in modo tale da rendere più complicata l’intercettazione, e di colpire un bersaglio ad una velocità di Mach 10. Il Khinzal può essere dotato sia di una testa convenzionale che nucleare”.
Esercitazioni a due
Russia e Bielorussia hanno iniziato le esercitazioni militari congiunte che dureranno 10 giorni. Una mossa che aumenta le preoccupazioni internazionali per l’accumulo di forze russe ai confini dell’Ucraina. L’esercitazione Union Resolve 2022 si concluderà il 20 febbraio. Secondo la Nato si tratta del più grande dispiegamento militare della Russia nell’ex Bielorussia sovietica dalla Guerra Fredda. La Casa Bianca ha definito le esercitazioni un’azione di “escalation” delle tensioni sull’Ucraina.
Almeno 30mila soldati e due battaglioni missilistici
Valery Gerasimov, il capo di stato maggiore russo, è arrivato in Bielorussia per supervisionare le esercitazioni. La Russia ha spostato fino a 30mila soldati, due battaglioni di sistemi missilistici terra-aria S-400 e numerosi caccia nel Paese per le manovre militari congiunte. Le immagini satellitari mostrano che gran parte dei mezzi militari è stato spostato in località vicine al confine con l’Ucraina. La Russia ha ripetutamente negato qualsiasi piano per invadere l’Ucraina nonostante abbia accumulato più di 100mila soldati al confine. Ma alcuni paesi occidentali, compresi gli Stati Uniti, hanno avvertito che un attacco russo potrebbe arrivare in qualsiasi momento.
Ucraina: dagli Usa supporto limitato all’intelligence
La tensione resta ai massimi, anche all’interno degli stessi fronti. L’Ucraina denuncia che gli Stati Uniti inviano a Kiev solo informazioni di «valore limitato sulla pianificazione militare russa», come ha spiegato una fonte della presidenza ucraina, citata dal Washington Post. Per questo, i senatori della Commissione intelligence sollecitano, Repubblicani e Democratici insieme, l’Amministrazione Biden a condividere più intelligence con l’Ucraina. «La Russia è l’aggressore, e abbiamo bisogno di armare l’Ucraina con le informazioni di importanza critica necessarie per difendere il Paese», hanno scritto in una lettera indirizzata al Presidente. La Casa Bianca sostiene invece di aver reso pubblica una quantità straordinaria di informazioni riservate, incluse immagini satellitari e da altre fonti, sui siti del dispiegamento militare russo e dei piani per deporre il governo ucraino. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha chiesto agli Stati Uniti che in queste settimane già hanno inviato importanti forniture di armi difensive a Kiev di inviare batterie di intercettori antimissile Thaad per consentire alle forze armate dell’Ucraina di schierarle a difesa di Kharkiv, la seconda città del Paese dopo la capitale, che si trova a poche decine di chilometri dal confine russo. I Thaad rappresentano il meglio della difesa antimissile disponibile in Occidente, e sono utilizzati tra gli altri da Israele e schierati in Paesi Nato come Turchia e Romania. La Casa Bianca non ha ancora risposto alla richiesta di Zelensky, ma Mosca ha subito reagito con toni molto duri: il viceministro degli Esteri Aleksandr Pankin ha ammonito gli americani a «non fare niente di stupido, a non spingere la situazione in un vicolo cieco da cui sarebbe poi difficile uscire». L’altro numero due della diplomazia di Mosca, Sergei Riabkov, ha a sua volta parlato di «provocazione con un elemento di ricatto e pressione su di noi».
Oggi l’esercito ucraino può contare su circa 145/150mila uomini (incluse le forze aviotrasportate/paracadutisti) e su approssimativamente 50mila effettivi della Guardia Nazionale (che sovrintende al controllo dei confini), a cui si aggiungono 10mila della difesa civile, entrambi però non alle dipendenze del ministero della Difesa di Kiev. L’esercito rappresenta la fetta maggiore delle forze armate ucraine (12mila uomini fanno parte della marina e 40mila dell’aeronautica), ma nonostante una grande industria della difesa e vaste scorte di armi, gran parte dell’equipaggiamento dell’Ucraina è obsoleto oppure non è più aggiornato o comunque abbisogna di riparazioni significative.
L’ultimo fallimento
Riguarda il vertice tra Lavrov e Truss, con la Gran Bretagna che nelle settimane passate ha dimostrato di essere il Paese europeo più vicino alle posizioni intransigenti di Washington nei confronti di Mosca. Già prima dell’incontro, è stato proprio il ministro russo a ripetere che “approcci ideologizzati, ultimatum e minacce non portano da nessuna parte. Molti dei nostri colleghi occidentali hanno una passione proprio per questa forma” di comunicazione. Ma la situazione è definitivamente deflagrata dopo il bilaterale. Sempre Lavrov ha ricordato che le relazioni tra Russia e Gran Bretagna hanno toccato “il livello minimo da molti anni a questa parte”, mentre la sua omologa gli ha ricordato che l’Occidente non può ignorare lo schieramento di truppe russe al confine e “i tentativi” attribuiti al Cremlino di “minare la sovranità dell’Ucraina”. La titolare del Foreign Office ha poi avvertito che un conflitto sarebbe “disastroso” anche per la Russia, lasciando comunque aperta “la strada alternativa della diplomazia” e sollecitando Mosca a “intraprendere questa via” e a rinunciare “a una retorica da Guerra Fredda”. A suggellare definitivamente il fallimento dell’incontro sono arrivate le parole del premier di Londra, Boris Johnson, che nel corso di una conferenza stampa a Bruxelles con il segretario della Nato, Jens Stoltenberg, non ha escluso che il Regno Unito assista militarmente l’Ucraina in caso di un attacco da parte della Russia. “Se manteniamo la nostra unità, con un mix tra forte deterrenza e diplomazia, possiamo trovare una via d’uscita alla crisi, ma il momento è molto teso”, ha detto. E ha poi fatto capire che a Londra non viene esclusa la possibilità di un’invasione russa nel breve termine: “Io non credo che il presidente Vladimir Putin abbia già preso la decisione di procedere con la guerra, ma questo non vuol dire che sia impossibile che qualcosa di disastroso possa accadere presto. La nostra intelligence dipinge un quadro fosco, nei prossimi giorni si affronterà il passaggio più pericoloso e dobbiamo fare bene, con una combinazione tra sanzioni, impegno militare e diplomazia”.
Chi prova a stemperare i toni è proprio Stoltenberg che, al fianco di Johnson, ha informato la stampa di aver “scritto oggi al ministro degli Esteri Serghei Lavrov per invitare la Russia a nuovi negoziati al Consiglio Nato-Russia e trovare una soluzione diplomatica”. E ha poi ricordato la posizione attuale della Nato di disponibilità al negoziato su diversi punti chiave come la “trasparenza”, “il disarmo”, “il piazzamento dei missili”, sia nucleari che tradizionali, ma nessun compromesso sui principi base, tra i quali la politica delle porte aperte e la possibilità di “difendere tutti gli alleati”.
Guerra di nervi?
Di grande interesse è un report di Ispi Datalab. Alcuni stralci: “All’escalation militare in corso sulla frontiera orientale dell’Ucraina, si accompagna una guerra di nervi che accomuna tutti i leader coinvolti in questa crisi che, in modo diverso, stanno mettendo in gioco il proprio capitale politico e vogliono un ritorno sul loro investimento. Anche se non ha ancora formalmente annunciato la sua candidatura, Macron a un paio di mesi dalle elezioni si gioca un secondo mandato all’Eliseo. Dall’esito della sua mediazione dipenderà la sua immagine di statista internazionale capace di sostituirsi ad Angela Merkel nel traghettare l’Europa fuori dalla minaccia di un conflitto appena al di là dei suoi confini. Olaf Scholz invece ha sfruttato l’opportunità della prima visita alla Casa Bianca per rafforzare la sua autorità dopo un inizio traballante del proprio cancellierato, il primo dell’era post-Angela Merkel. Poi c’è Joe Biden, che, come osserva la Cnn, con l’avvicinarsi delle elezioni di medio termine e il ricordo ancora fresco della débacle in Afghanistan, ha bisogno di proiettare un’immagine di forza in patria e all’estero. Infine, Vladimir Putin. Dopo aver attirato l’attenzione del modo intero mobilitando le truppe al confine con l’Ucraina, il presidente russo è ora al centro di un’assidua staffetta di telefonate e incontri diplomatici. La settimana scorsa gli è bastata una visita a Pechino per evocare lo spettro di un asse Cina-Russia, in antagonismo con la Nato e gli Stati Uniti. Oggi, come ha ammesso Biden, solo il leader russo sa se invaderà o meno l’Ucraina.[…] Mentre l’Europa si affanna a cercare una soluzione diplomatica alla crisi che scongiuri la prospettiva di una guerra, Mosca sembra non averealcuna fretta di risolvere l’impasse. La crisi ucraina “è qui per restare”, osserva il corrispondente da Mosca del New York Times Anton Troianovski e ora che Vladimir Putin ha ottenuto che l’Occidente ascoltasse le sue preoccupazioni non permetterà che si distragga di nuovo. L’obiettivo del Cremlino “è mantenere costante la minaccia di una guerra, in modo da imporre negoziati che i funzionari occidentali hanno evitato fino ad ora”,
spiega Andrei Sushentsov,, preside della scuola di relazioni internazionali del Mgimo, gestita direttamente dal ministero degli Esteri russo, e aggiunge: “Per troppo tempo, l’Europa occidentale si è cullata nel pensiero che una nuova guerra nel continente fosse impossibile. Per Putin, quel punto di vista deve cambiare”. Una strategia, quella adottata dal presidente russo, che rifletterebbe un approccio popolare nei circoli di politica estera di Mosca, per costringere l’Occidente ad accettare una nuova architettura di sicurezzaper l’Europa orientale. La Russia, secondo gli osservatori vicini al Cremlino, ha abbandonato la tattica di chiedere semplicemente di essere ascoltata perché ha capito che quell’approccio non funzionava. “I leader russi – dice ancora Sushentsov – hanno deciso che è necessario chiarire all’Europa i rischi che corre se la posizione russa verrà ancora ignorata”.
La posta in gioco
La “fotografa” nitidamente lo storico Mirco Dondi su ilfattoquotidiano.it: “Attraverso la crisi ucraina si stanno ridefinendo gli equilibri geopolitici in Europa e nel mondo. L’Unione europea paga il suo mancato processo di integrazione, dal momento che ha continuato a delegare le questioni di sicurezza agli Stati Uniti dentro all’ambito Nato rinunciando ad avere un proprio esercito e una propria politica di difesa. […] All’Unione europea non conviene un conflitto né l’atteggiamento di fondo della diplomazia di Bruxelles appare così intransigente nello stabilire linee nette nel rapporto tra Mosca e Kiev. Si dice che in gioco ci sia l’autodeterminazione (quindi la piena indipendenza) dell’Ucraina a scegliersi liberamente le proprie alleanze, dal punto di vista politico verso l’Ue e conseguentemente dal punto vista di militare verso la Nato.
In realtà, il nodo del problema in termini geopolitici non riguarda il livello di libertà consentito all’Ucraina, mala leadership statunitense in Europa e la sua relazione di potere con la Russia. Gli Stati Uniti sono chiamati a compattare nella propria linea di intransigenza gli alleati europei e, al contempo, devono dimostrare la capacità di far desistere la Russia dalle sue pretese. Centrando questo obiettivo, gli Usa si porrebberoin una posizione di forza anche sullo scenario asiatico di fronte al principale competitor economico e militare quale è la Cina dove sotto la cenere, ma le braci accese sono evidenti, cova il proposito di Pechino di ricongiungere Taiwan al proprio territorio”.
Se questa è, come lo è, la posta in gioco, l’allarme rosso è d’obbligo. Per tutti, a cominciare dall’Europa.