Il Pkk ha annunciato il suo scioglimento dopo oltre quattro decenni di conflitto armato con la Turchia
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Il Pkk ha annunciato il suo scioglimento dopo oltre quattro decenni di conflitto armato con la Turchia

Il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) ha annunciato la sua dissoluzione dopo oltre quattro decenni di conflitto armato con la Turchia, una decisione che potrebbe ridisegnare le dinamiche politiche e di sicurezza in Turchia, Iraq e Siria.

Il Pkk ha annunciato il suo scioglimento dopo oltre quattro decenni di conflitto armato con la Turchia
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12 Maggio 2025 - 18.50


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Il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) ha annunciato la sua dissoluzione dopo oltre quattro decenni di conflitto armato con la Turchia, una decisione che potrebbe ridisegnare le dinamiche politiche e di sicurezza in Turchia, Iraq e Siria. L’annuncio, riportato dall’agenzia Firat, segue il 12° Congresso del PKK, tenutosi tra il 5 e il 7 maggio in due località nel nord dell’Iraq. La mossa, se consolidata, potrebbe porre fine a un’insurrezione che ha causato oltre 40.000 morti e aprire la strada a una risoluzione politica della questione curda.

Contesto storico e significato della decisione

Fondato nel 1978 da Abdullah Öcalan con un’ideologia marxista-leninista, il PKK ha avviato la lotta armata nel 1984 per ottenere uno Stato curdo indipendente nel sud-est della Turchia. Negli anni ’90, il gruppo ha spostato il focus su diritti culturali, politici e un’autonomia limitata per i curdi, che costituiscono circa il 20% della popolazione turca. Il conflitto, concentrato nel sud-est ma con attacchi anche in città come Ankara e Istanbul, ha devastato l’economia regionale e alimentato tensioni etniche.

La dissoluzione è stata preceduta da un appello di Öcalan, detenuto dal 1999 sull’isola di İmralı, che a febbraio 2025 ha chiesto al PKK di deporre le armi. Facilitato dal partito pro-curdo DEM, terzo per rappresentanza in Turchia, l’appello ha portato a un cessate il fuoco a marzo e, infine, alla decisione di scioglimento. Il PKK ha dichiarato di aver “completato la sua missione storica”, sottolineando che la lotta ha costretto lo Stato turco a riconoscere la questione curda come una realtà politica.

Implicazioni politiche e regionali

La fine del PKK offre un’opportunità al presidente Recep Tayyip Erdoğan per stabilizzare il sud-est curdo e rafforzare la sua leadership, in vista di un possibile prolungamento del mandato oltre il 2028. Tuttavia, il contesto politico è complicato dall’arresto del sindaco di Istanbul, Ekrem İmamoğlu, principale oppositore di Erdoğan, che ha scatenato proteste.

A livello regionale, la decisione impatta Iraq e Siria. In Iraq, il PKK è stato indebolito dalle operazioni turche e dalla cooperazione tra Ankara e Baghdad, che ha recentemente bandito il gruppo. In Siria, le forze curde alleate, come le YPG e le SDF, affrontano pressioni dopo la caduta di Assad nel dicembre 2024. Le YPG hanno chiarito che l’appello di Öcalan non le riguarda, complicando i negoziati di pace regionali.

Sfide e prospettive future

La dissoluzione del PKK richiede un quadro giuridico per il disarmo e l’integrazione dei combattenti, un processo complesso data la sua designazione come organizzazione terroristica da Turchia, Stati Uniti e Unione Europea. Il PKK ha condizionato la consegna delle armi alla risposta di Ankara e al progresso sui diritti curdi, mentre il destino dei suoi membri rimane incerto.

La sfiducia tra curdi e governo turco è alta. Negli ultimi anni, Ankara ha rimosso sindaci pro-curdi, incarcerato leader politici e proseguito operazioni militari in Iraq e Siria, anche dopo il cessate il fuoco. Il partito DEM chiede riforme, come la revisione delle leggi antiterrorismo e la fine della sostituzione dei sindaci eletti con amministratori fiduciari, ma il governo non ha ancora presentato un piano chiaro.

Gli analisti sottolineano la complessità del processo. “È un passo avanti, ma il disarmo e l’integrazione dei combattenti richiedono garanzie concrete”, ha dichiarato Sinem Adar, analista presso l’Istituto Tedesco per gli Affari Internazionali e di Sicurezza. “Senza progressi sui diritti curdi, il rischio di tensioni persiste”.

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