L’attacco israeliano all’Iran ridisegna gli equilibri regionali ma attenti all’orgoglio nazionale persiano
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L’attacco israeliano all’Iran ridisegna gli equilibri regionali ma attenti all’orgoglio nazionale persiano

Difficile dire quali effetti produrrà l’azione israeliana sul territorio iraniano. Di certo il colpo subito dal regime degli ayatollah è pesante. Non tanto per le infrastrutture nucleari quanto per la decapitazione dei vertici militari e scientifici.

L’attacco israeliano all’Iran ridisegna gli equilibri regionali ma attenti all’orgoglio nazionale persiano
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14 Giugno 2025 - 00.27


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di Pierluigi Franco

Parafrasando un amaro film di Alberto Sordi si può dire che finché c’è guerra c’è speranza. E la speranza, in questo caso, è quella di non finire in galera. Deve senz’altro pensarla così Benjamin Netanyahu, che grazie alle bombe ha potuto mettere da parte, almeno per il momento, le sue numerose e pesanti grane con la giustizia israeliana.

L’uomo per tutte le stagioni – sul quale grava l’incriminazione per corruzione, frode e abuso d’ufficio – ha trovato nell’accordo di governo con gli inqualificabili elementi dell’ala più incivile e retrograda di Israele la scappatoia giusta. Così, dopo Gaza ridotta a un cumulo di macerie e il Libano di hezbollah disinnescato a suon di bombe, restava la preda più grande e ambita: l’Iran. Gli attacchi alla Repubblica islamica, al contrario di quanto pensano in molti, è tutt’altro che una sorpresa. A leggere bene gli antefatti, era sicuramente nell’aria. E, grazie alle bombe, la poltrona di Bibi continua a essere salva. Stavolta riuscendo anche a raccogliere consensi. D’altra parte è facile trovarli quando si attacca un regime che dichiara tutti i giorni di volere la distruzione di Israele e celebra con tristi riti di piazza l’incendio delle bandiere con la stella di David.

Difficile dire quali effetti produrrà l’azione israeliana sul territorio iraniano. Di certo il colpo subito dal regime degli ayatollah è pesante. Non tanto per le infrastrutture nucleari, il cui cuore è ben protetto sotto le alture di Natanz, quanto per la decapitazione dei vertici militari e scientifici. A pesare in particolare è l’uccisione del comandante delle Guardie della Rivoluzione, Hossein Salami, così come quella del comandante delle forze aerospaziali sempre dei pasdaran, Amirali Hajizadeh, il capo della temibile Forza Quds, Esmail Qaani, e il capo di stato maggiore dell’Esercito, Mohammad Bagheri. Attacchi mirati sulle abitazioni che non hanno risparmiato neppure sei importanti scienziati del settore: gli ingegneri nucleari e professori universitari Abdol Hamid Minouchehr, Ahmad Reza Zolfaghari, Amir Hossein Feqhihi, gli scienziati Motallebli Zadeh, Mohammad Mehdi Tehranchi e l’ex capo dell’Organizzazione per l’energia atomica dell’Iran, Fereydoun Abbasi.

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Il quadro immediato sembra senz’altro favorevole a Israele. È infatti assai improbabile che l’Iran possa rispondere con altrettanta forza, nonostante il lancio di droni e missili facilmente intercettati e i proclami di fuoco dei vertici governativi e religiosi. Tra l’altro, dopo le sconfitte delle milizie alleate in Libano e Siria, la Repubblica islamica appare evidentemente assai indebolita. Quello che è meno prevedibile è il futuro. Da una parte c’è chi crede che il rigido regime teocratico di Teheran possa uscire fortemente indebolito da questi attacchi, favorendo gli spazi per una ribellione interna che possa mettere alle corde gli ayatollah. Una considerazione che tiene conto del fatto che gran parte della popolazione iraniana, pur costretta alla sopportazione, ha mostrato più volte di essere stanca dell’oppressione religiosa soprattutto nei confronti delle donne. Un fatto ben dimostrato dalle rivolte giovanili degli anni scorsi, finite spesso in violente uccisioni e repressioni. Ma dall’altra parte c’è anche da considerare l’orgoglio nazionale persiano. Il popolo iraniano è molto fiero e l’attacco, che ha provocato anche numerosi morti e feriti tra i civili, potrebbe invece portare a una sorta di “tregua” interna e a un solidale spirito di ostilità e rivalsa contro Israele favorendo, almeno momentaneamente, il regime.

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In ogni caso i racconti che vengono direttamente da chi vive a Teheran parlano di boati, rombo di bombardieri e suono delle sirene per le strade che hanno svegliato nella notte tutti i cittadini. La sensazione è di timori e speranze di cambiamento. Perché non sono in pochi a credere e augurarsi che la morte di quegli ufficiali legati al regime e che avevano avuto un ruolo nella repressione delle proteste possa portare alla caduta del sistema. Un segnale in tal senso è venuto sui social da molti messaggi di sostegno a Israele che ha provocato l’immediata reazione della polizia informatica iraniana e dei pasdaran: internet sospeso e minacce di carcere duro fino a dodici anni per chi pubblica simili post.  E anche questo è un segnale di debolezza di quel regime. Evidentemente gli israeliani hanno calcolato anche questo. 

Indubbiamente l’attacco ha messo a nudo la vulnerabilità dell’Iran, dove il Mossad ha lavorato indisturbato per mesi, e probabilmente per anni, riuscendo a colpire con precisione le abitazioni nelle quali abitavano i vertici militari iraniani sorprendendoli nel sonno. Ma il servizio israeliano era anche riuscito a creare basi operative tecniche con armamenti di precisione e droni esplosivi sul territorio iraniano senza destare sospetti. Di certo è assai difficile credere che tutto questo sia stato possibile senza la collaborazione di elementi interni iraniani, probabilmente anche tra le file degli stessi pasdaran. Sta di fatto che ciò ha permesso di annientare la rete missilistica e le difese aeree iraniane beffando gli ayatollah.

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Resta però da capire quale legame ci sia tra l’improvvisa presa di posizione dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) contro l’Iran e la tempestiva azione di Israele con l’attacco alcune ore dopo. Per la prima volta, dopo venti anni di attività, l’Aiea ha decretato giovedì che “l’Iran non rispetta i suoi obblighi” e che l’Agenzia “non è in grado di garantire che il programma nucleare iraniano sia esclusivamente pacifico”. Una risoluzione del Consiglio dei governatori dell’Aiea che ha praticamente dato il via libera al governo di Netanyahu, da sempre sostenitore della minaccia nucleare iraniana. 

Sul fronte internazionale non sono in molti a essere disposti a schierarsi con gli ayatollah. Facile pensare, ad esempio, che gli attacchi israeliani non siano dispiaciuti agli Stati arabi del Golfo. E tutto lascia intendere che stavolta il regime teocratico voluto quasi cinquant’anni fa da Khomeini sia davvero in difficoltà. 

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