Donald Trump ha dichiarato sabato che il suo “piano di pace” redatto a Mosca “non è la mia offerta finale”, dopo la dura reazione ucraina, che lo ha paragonato agli accordi di Monaco del 1938 firmati da Neville Chamberlain con Adolf Hitler.
Il presidente degli Stati Uniti ha detto ai giornalisti, in brevi dichiarazioni alla Casa Bianca: «Vorremmo arrivare alla pace. Sarebbe dovuta arrivare molto tempo fa… stiamo cercando di porre fine al conflitto, in un modo o nell’altro».
Domenica funzionari ucraini e americani si incontreranno in Svizzera per discutere il piano. Alla riunione di Ginevra dovrebbero partecipare anche rappresentanti della sicurezza di Francia, Regno Unito e Germania.
In vista dell’incontro, il Dipartimento di Stato ha smentito le affermazioni di senatori statunitensi di diversi schieramenti secondo cui il segretario di Stato Marco Rubio avrebbe definito la proposta “non il piano dell’amministrazione”, bensì una “lista dei desideri dei russi”. L’indipendente Angus King, membro della commissione Esteri del Senato, era tra coloro che avevano rilanciato la contestazione. Il portavoce aggiunto del Dipartimento di Stato, Tommy Piggott, ha definito quelle affermazioni “completamente false”. In seguito, Rubio ha scritto che il documento è stato redatto dagli Stati Uniti “come un quadro solido per le negoziazioni in corso”, sulla base dei contributi di entrambe le parti.
Trump ha dato a Volodymyr Zelenskyj tempo fino a giovedì per firmare il documento composto da 28 punti. Il testo chiede a Kyiv di cedere alla Russia territori che attualmente controlla, ridurre le dimensioni del proprio esercito e rinunciare alle armi a lunga gittata. Esclude inoltre l’invio di forze di pace europee e la possibilità di sanzioni per i crimini di guerra russi.
In un discorso solenne, Zelenskyj ha avvertito che il Paese si trova di fronte a una scelta impossibile: preservare la propria dignità nazionale oppure rischiare di perdere un partner fondamentale come gli Stati Uniti. Ha ammesso che questa è una delle fasi più difficili nella storia ucraina.
Sabato il presidente ha affermato che una pace reale, o “dignitosa”, si basa sempre su “sicurezza garantita e giustizia”. Ha annunciato la composizione della squadra negoziale, nominata tramite decreto presidenziale, che incontrerà a Ginevra la delegazione statunitense guidata dal suo capo di gabinetto, Andrij Jermak.
Un altro membro della delegazione, l’ex ministro della Difesa e segretario del Consiglio di sicurezza nazionale Rustem Umerov, ha affermato che sono previste consultazioni con Washington “sui possibili parametri di un futuro accordo di pace”. Alludendo ai limiti invalicabili per Kyiv, ha precisato: “L’Ucraina affronta questo processo con una chiara consapevolezza dei propri interessi”.
Zelenskyj ha cercato di dialogare con una Casa Bianca che appare determinata a chiudere il conflitto secondo condizioni considerate sbilanciate a favore del Cremlino. Ha ripetuto che non può rinunciare alla sovranità del Paese né violare la Costituzione, che definisce i confini attuali dell’Ucraina.
Al vertice del G20 in Sudafrica, i leader del gruppo e il Consiglio europeo hanno diffuso una dichiarazione con cui prendono le distanze dal piano Trump, sostenendo che necessita di “ulteriori approfondimenti”. Alcune delle sue clausole — che escludono l’adesione dell’Ucraina alla Nato e impongono condizioni al suo percorso verso l’Unione europea — richiederebbero un confronto con gli Stati membri.
La reazione ucraina al testo, redatto dall’inviato di Putin Kirill Dmitriev insieme al rappresentante di Trump, Steve Witkoff, è stata quasi unanimemente negativa. Commentatori e analisti lo hanno definito la ricetta per una nuova invasione russa, in Ucraina e potenzialmente anche in altre parti d’Europa.
Mustafa Nayyem, giornalista e figura di primo piano della rivoluzione di Maidan del 2014, ha sottolineato le somiglianze con l’accordo di Monaco. Il piano di Trump, ha scritto, appartiene allo stesso “genere riconoscibile”: quello in cui alla vittima si chiede di formalizzare la propria sconfitta “affinché gli altri possano vivere più tranquilli”.
In un post su Facebook ha denunciato l’amnistia totale prevista per i crimini di guerra russi, definendola un insulto a chi si è nascosto nei sotterranei di Bucha o Mariupol, dove le truppe russe hanno giustiziato centinaia di civili, e alle famiglie dei bambini deportati con la forza in Russia. “Un accordo piuttosto cinico”, ha commentato.
Nella metro di Kyiv, Dmytro Sariskyi, 21 anni, ha ricordato che la Russia tenta di controllare l’Ucraina “da anni, politicamente e territorialmente”. Nel piano statunitense, ha detto, Mosca “cede quasi nulla” e mantiene le sue forze sul suolo ucraino. “È un tentativo di spezzare l’Ucraina e imporci condizioni ingiuste”.
Se Zelenskyj firmasse, Kyiv sarebbe costretta a rinunciare alle proprie libertà, ha aggiunto. Senza firma, però, gli Stati Uniti potrebbero interrompere cooperazione e condivisione di intelligence, elemento vitale per le truppe ucraine al fronte. “Non c’è una via d’uscita buona, per ora”.
Un’altra passeggera, Sofia Barchan, 19 anni, ha detto che l’Ucraina “resterà forte” anche senza il sostegno americano: “Combatteremo finché sarà necessario. Il nostro territorio resterà nostro, compresi la Crimea e l’est”. Si è detta certa che Zelenskyj non cederà mai terre ucraine.
Sotto la pioggia, nei pressi della Porta d’Oro, Olena Ivanovna ha espresso gratitudine verso Trump per “i suoi sforzi di pace”. Ha dichiarato che l’Ucraina dovrebbe essere pronta a “concedere temporaneamente” Crimea e Donbas pur di mantenere l’alleanza americana. “Zelenskyj dovrebbe indire un referendum e chiedere al popolo”, ha affermato.
Molti leader europei hanno condannato il piano. L’ex prima ministra finlandese Sanna Marin lo ha definito una catastrofe, non solo per l’Ucraina ma “per tutto il mondo democratico”. Ha ricordato che ogni volta che l’Occidente ha mostrato debolezza — come nel 2014, durante l’annessione della Crimea — sono seguiti “ulteriori aggressioni e conflitti”.
L’ex premier belga Guy Verhofstadt ha citato la celebre frase di Churchill secondo cui un appeaser è “colui che dà da mangiare a un coccodrillo sperando di essere mangiato per ultimo”. “Trump ora si schiera con Putin”, ha scritto. “L’Europa deve scegliere di nuovo: appeasement o valori, imperialismo o libertà. Un altro momento della verità per la nostra Unione”.
