Maria Paola, il cerchio mortifero del familismo, degenerazione della famiglia

Una società arcaica, premoderna, fondata sui valori della famiglia, della religione e della Patria è inevitabilmente una società violenta, omologata e omologante che reprime ogni pluralismo e ogni diversità.

Maria Paola e il fratello Michele
Maria Paola e il fratello Michele
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Antonio Rinaldis Modifica articolo

16 Settembre 2020 - 09.08


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Iniziamo dalla fine. Dal cartello che Ciro ha steso al funerale di Maria Paola: “Correvamo soltanto verso la nostra libertà o almeno credevamo di farlo.” Firmato dal tuo grande amore Ciro.

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I dettagli della storia sono stranoti. Il fratello di Maria Paola, Michele Antonio che provoca la caduta del motorino della sorella e la uccide. Il motivo di un gesto così insano è altrettanto conosciuto. Michele Antonio e con lui tutta la sua famiglia erano contrari alla relazione tra Ciro, nato donna che però si sente uomo e la giovane Maria Paola che di anni ne aveva soltanto 18.

L’inseguimento e l’aggressione nella quale la sorella ha perso la vita sono stati l’ultimo episodio di una serie di intimidazioni, minacce, soprattutto nei confronti di Ciro, con le quali il trentenne Michele Antonio aveva cercato di impedire una relazione ritenuta insana, al punto da credere che il giovane transgender potesse infettare la sorella. In un’epoca inquinata dalla psicosi del contagio, gli amori non convenzionali devono essere sanificati, ed era questo il proposito dell’infettivologo Michele Antonio.

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Questa storia terribile, per i protagonisti coinvolti, ha assunto immediatamente connotazioni politiche, suscitando reazioni in tutti gli schieramenti. Tra tutti la voce di Salvini ha tuonato contro il fratello di Maria Paola, chiedendo il carcere a vita per “un vigliacco e un infame”, ed ha polemizzato contro coloro i quali lo accusano di avere seminato intolleranza e odio nei confronti dei cosiddetti “diversi”.

Salvini ha ragione. L’assassino di Maria Paola non avrebbe certamente partecipato a nessun family day, ma il suo comportamento risponde a una logica che potremmo definire familista. Il familismo è la degenerazione della famiglia, perché considera i componenti del nucleo naturale, membri di uno stesso organismo, privi di qualsiasi autonomia. Il familismo si fonda sulla convinzione errata che esistano comportamenti naturali, corretti dal punto di vista morale, e comportamenti contrari alla natura e quindi immorali, perversi, che non possono essere tollerati. Quando il familismo si unisce al maschilismo si accende una miccia esplosiva, dal momento che il maschio, che deve garantire l’ortodossia del gruppo, si sente investito di un compito divino, la difesa dell’integrità morale e persino fisica dei familiari.

Nella logica del familismo la libertà non esiste, è un’illusione. Lo ha capito, seppure nella forma più atroce, Ciro, che ha scritto il messaggio di addio alla sua giovane compagna. Pensavano di correre verso la libertà, ma era soltanto un miraggio, perché dalla famiglia non si sfugge e neppure dalle sue regole, e se qualcuno prova a forzare il muro di protezione dei legami viene inesorabilmente punito, per riportare ordine e scongiurare future defezioni. Siamo convinti che Michele Antonio non volesse uccidere la sorella, e che il suo fosse un intervento, definiamolo pedagogico, con una discreta dose di crudeltà e di violenza, per indurre la sorella a rientrare nei ranghi, ma qualcosa è andato storto, il Destino, il Caso, gli Dei, hanno forzato la mano e del giustiziere e lo hanno trasformato in assassino.

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Pier Paolo Pasolini disse che la famiglia è un’associazione a delinquere, tesi ripetuta anche da Andrea De Carlo che l’ha definita “un’istituzione orribile, un luogo di crimini, riparato dalla legge.” Sono giudizi estremamente severi, probabilmente esagerati, ma resta il fatto che nell’impianto ideologico di una certa Destra reazionaria, la famiglia naturale, costituita dall’unione di due individui di sesso diverso, in vista della procreazione, è ancora ritenuta il modello perfetto di associazione fra gli esseri umani.

Resta da chiarire però un punto che è essenziale. Di natura si può parlare in due modi: in un senso descrittivo e in un senso prescrittivo e sono prospettive assai differenti. Una cosa è dire che per natura la procreazione è possibile solo in una coppia eterosessuale, e questo è indubbio, perché corrisponde a un dato di fatto; altro però è dire che quel modello naturale è anche giusto e moralmente corretto, escludendo ogni altra forma che in quanto non naturale è da ritenersi malvagia.

É il richiamo della foresta, quello che riaffiora in maniera perentoria, la

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riaffermazione di un universo di valori e di simboli che rimandano a una visione ancestrale della vita e delle relazioni umane. La risposta di Salvini elude il problema, utilizzando gli slogan del giustizialismo più becero. È una strategia molto precisa: si preferisce infierire sul colpevole, senza ricercare le cause del suo comportamento, perché in quel caso si sarebbero dovute prendere le distanze dal retroterra culturale nel quale il gesto assassino si è nutrito, la costellazione assortita di omofobia, sessuofobia, paternalismo, bigottume pruriginoso. Salvini non può permettersi questo scatto in avanti, perché vorrebbe dire rinunciare all’impalcatura ideologica sulla quale ha edificato la maggior arte del proprio consenso. Una società arcaica, premoderna, fondata sui valori della famiglia, della religione e della Patria è inevitabilmente una società violenta, omologata e omologante che reprime ogni pluralismo e ogni diversità.

Se vogliono davvero essere rispettosi della memoria di Maria Paola e del suo tragico anelito di libertà, leghisti e fratelli d’Italia possono contribuire ad approvare la legge proposta da Alessandro Zan contro l’omotransofobia. Sarebbe un segnale importante, ma dubito che possa arrivare da questa Destra ottusa e retrograda.

 

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