Antisemitismo, l'amarezza di Liliana Segre: "Le cose sono cambiate poco dal giorno della mia deportazione"
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Antisemitismo, l'amarezza di Liliana Segre: "Le cose sono cambiate poco dal giorno della mia deportazione"

La senatrice a vita al Memoriale della Shoah a Milano, dove come ogni anno è stata ricordata la deportazione degli ebrei dalla Stazione Centrale di Milano del 30 gennaio 1944. Cerimonia spostata al 6 febbraio

Antisemitismo, l'amarezza di Liliana Segre: "Le cose sono cambiate poco dal giorno della mia deportazione"
Liliana Segre
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6 Febbraio 2022 - 19.38


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Liliana Segre e l’antisemitismo che non scompare.

“Le cose sono così poco cambiate (rispetto al giorno della mia deportazione ndr), che alla mia età mi è stata destinata, ormai dai due anni e mezzo, una scorta”. 

Lo ha detto la senatrice a vita, Liliana Segre al Memoriale della Shoah a Milano, dove come ogni anno è stata ricordata la deportazione degli ebrei dalla Stazione Centrale di Milano del 30 gennaio 1944.

    “Per più di 20 anni ci siamo incontrati il 30 di gennaio in questo luogo, per ricordare il giorno in cui un gruppo di disgraziati colpevoli solo di esser nati, tutti ebrei, partivano per un viaggio di ignota destinazione – ha aggiunto la senatrice a vita -. Quest’anno c’è stata una variante perché mi sono trovata ad essere una grande elettrice del nuovo, che non è nuovo, Presidente della Repubblica, e quindi il 30 ero a Roma. La Comunità di Sant’Egidio, che organizza questa manifestazione, non ha voluto ricordare il giorno della partenza di questo gruppo di più di 600 persone senza di me e l’abbiamo rimandata ad oggi”.

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“Oggi è una giornata per me molto peggiore di quel 30 gennaio, perché allora partivamo per ignota destinazione, mentre il 6 febbraio, dopo un viaggio di una settimana, era il giorno dell’arrivo ad Auschwitz, il giorno in cui la visione del campo di sterminio ci ha aggredito – ha concluso la Segre -. Avevo 13 anni, ma anche adesso che ne ho 91 mi ricordo ancora tutto di quel giorno, come il dover rispondere a un comando in una lingua che non capivi e diventare un numero. Quel giorno ho lasciato per sempre la mano sacra di mio padre, che non ho mai più rivisto”.     

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