Ricercatori e attivisti nel campo dell’autismo stanno sollevando forti obiezioni contro la creazione di un nuovo database destinato a raccogliere dati sanitari sulle persone autistiche nell’ambito di un importante studio di ricerca. Tali banche dati, avvertono, potrebbero facilmente essere soggette a gravi abusi.
Il Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani degli Stati Uniti (HHS) nega che si tratti di un “registro”, ma ha confermato che verrà realizzato un database su larga scala per supportare uno studio sull’autismo del valore di 50 milioni di dollari. Il segretario alla Salute, Robert F. Kennedy Jr., ha dichiarato la scorsa settimana che intende annunciare i primi risultati dello studio entro pochi mesi.
Una petizione contro il presunto registro ha rapidamente raccolto decine di migliaia di firme, passando da 2.500 a quasi 35.000 in appena 24 ore.
«Sono una persona riservata, preferisco restare in disparte», ha detto Ryan Smith, padre di due figli neurodivergenti che vive in Idaho e autore della petizione. «Ma su questo tema sento di dover parlare, per i miei figli che non possono farlo da soli».
La petizione ha raggiunto quasi 50.000 firme prima di dichiarare “vittoria”, quando il dipartimento sembrava aver fatto marcia indietro.
«Non stiamo creando un registro dell’autismo», ha affermato un portavoce dell’HHS.
Tuttavia, la differenza sembra risiedere solo nel nome. L’agenzia sta sviluppando una “piattaforma di dati reali” per collegare insiemi di dati già esistenti, con l’obiettivo di studiare le cause dell’autismo e sviluppare trattamenti, ha confermato il portavoce.
«Dicono che non è un registro, ma sembra solo un cambio di etichetta», ha osservato Amy Marschall, psicologa autistica da tempo contraria ai registri obbligatori.
L’agenzia non ha risposto alle domande del Guardian su aspetti cruciali come la possibilità per i singoli di rifiutare l’inserimento nel database, la struttura del sistema, le misure di sicurezza e privacy previste, né su eventuali progetti analoghi per altre condizioni.
Le cause dei disturbi dello spettro autistico – un insieme di condizioni neurologiche e dello sviluppo che influenzano comunicazione, comportamento e apprendimento – sono già state in larga parte identificate come di origine genetica.
Nonostante ciò, Kennedy ha annunciato in un incontro di governo che lo studio è già partito: «Entro settembre avremo le prime risposte. E sei mesi dopo, risposte definitive».
Smith teme che questo database e la ricerca possano aumentare lo stigma verso le persone autistiche, scoraggiando famiglie e individui dal cercare diagnosi e cure.
«Nel peggiore dei casi, temo una deriva verso l’eugenetica», ha affermato. «Il pensiero corre subito alla storia, a ciò che è accaduto nella Germania nazista. Può sembrare estremo, ma è una possibilità reale». Ricorda che furono proprio le persone disabili le prime a essere perseguitate allora.
I critici sollevano anche interrogativi su privacy e sicurezza dei dati – ancora non chiariti dalle autorità sanitarie – e su come le informazioni raccolte potrebbero essere usate contro le persone.
«Volete usare questi dati per togliermi i diritti, trattenermi contro la mia volontà, impedirmi di avere figli o di gestire i miei soldi?» si chiede Marschall.
«È proprio per evitare questi rischi che esistono tutele per la ricerca su esseri umani, per proteggere le persone e i loro interessi», ha spiegato Diana Schendel, docente presso l’AJ Drexel Autism Institute.
Molti progetti di ricerca creano registri di partecipanti, ma seguendo protocolli rigorosi per garantire il consenso informato e la sicurezza dei dati prima di iniziare.
«Si possono creare database usando dati esistenti, ed è ciò che sembra stia facendo l’HHS», ha aggiunto Schendel. «Ma non si può prima raccogliere le informazioni e solo dopo chiedere il permesso».
Secondo la studiosa, il progetto federale potrebbe minare la fiducia nelle ricerche sull’autismo: «Le persone diventeranno ancora più diffidenti e potrebbero abbandonare studi già in corso».
Anche i tempi stretti promessi da Kennedy destano preoccupazione: «Pensare di aggregare tanti dataset diversi in poco tempo e ottenere risposte affidabili è ingenuo. Ne uscirebbe solo confusione».
Per raccogliere i dati, il National Institutes of Health (NIH) sta cercando collaborazioni con altre agenzie federali, tra cui i Centers for Medicare and Medicaid Services, i CDC, il Dipartimento della Difesa, quello dei Veterani e altri.
Il direttore del NIH, Jay Bhattacharya, ha anche proposto di usare dati di farmacie, compagnie assicurative, dispositivi indossabili come smartwatch e cartelle cliniche per monitoraggi sanitari in tempo reale. Ma anche qui emergono problemi di privacy: tali dati sono stati raccolti per altri scopi e spesso non è previsto il loro utilizzo per la ricerca.
«Immagino che le aziende coinvolte saranno molto preoccupate, perché responsabili della tutela di quei dati», ha commentato Schendel.
Attualmente, sette stati americani – Delaware, Indiana, North Dakota, New Jersey, Rhode Island, Utah e West Virginia – hanno registri obbligatori sull’autismo. Anche alcune città e dipartimenti di polizia locali mantengono banche dati sulle persone disabili.
Le modalità di raccolta variano: in North Dakota, ad esempio, i medici sono obbligati a segnalare le diagnosi di autismo. In Utah, oltre alla segnalazione, si effettuano controlli incrociati con le cartelle ospedaliere.
Marschall spera che l’attenzione sul database federale fermi il progetto e stimoli una revisione anche dei registri statali. «Perché volete le mie informazioni riservate, senza che io vi abbia dato il consenso?»
«Nessuno sta dicendo: “Non fate ricerca su di noi”. Nessuno dice: “Non cercate modi per migliorare le nostre vite”. Quello che diciamo è: “Non fate ricerca su di noi senza di noi – e aiutateci, non cercate di cancellarci”.»
Anche il New Hampshire aveva un registro obbligatorio, ma nel 2024 il deputato statale Eric Gallager ha promosso una legge bipartisan per abolirlo e distruggere i dati raccolti.
«Ero preoccupato per le informazioni personali potenzialmente identificabili contenute», ha detto. «Tutti gli stati con registri dovrebbero valutarne i rischi per la privacy».
Gallager ha sottolineato che per cambiare queste leggi è utile costruire alleanze tra esponenti di vari schieramenti politici.
Smith è d’accordo: la sua petizione ha colpito persone di ogni orientamento. «Non è una questione politica», ha detto. «È una questione umana. E coinvolge tantissime persone».