Oms: storico accordo sulle pandemie ma l'Italia si astiene per mantenere un ponte con i negazionisti
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Oms: storico accordo sulle pandemie ma l'Italia si astiene per mantenere un ponte con i negazionisti

Nel giorno in cui la comunità internazionale compie un passo storico verso una maggiore cooperazione nella prevenzione e nella gestione delle pandemie, l’Italia ha scelto di astenersi.

Oms: storico accordo sulle pandemie ma l'Italia si astiene per mantenere un ponte con i negazionisti
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20 Maggio 2025 - 17.12


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Nel giorno in cui la comunità internazionale compie un passo storico verso una maggiore cooperazione nella prevenzione e nella gestione delle pandemie, l’Italia ha scelto di astenersi. Un segnale che va ben oltre il merito tecnico del voto e che racconta molto delle priorità dell’attuale governo. Mentre 124 Paesi hanno approvato il primo accordo globale sull’architettura sanitaria post-Covid, l’Italia — insieme ad altre dieci nazioni — si è smarcata, motivando l’astensione con la volontà di “riaffermare la sovranità degli Stati”.

È un argomento apparentemente legittimo, ma che suona come un riflesso condizionato di una certa propaganda. La stessa che, fin dai tempi più bui della pandemia, ha strizzato l’occhio ai negazionisti, agli scettici dei vaccini, ai contestatori delle misure sanitarie. In nome di una libertà astratta e individualista, si è spesso sacrificato il principio — profondamente democratico — della tutela collettiva della salute.

Oggi, quello stesso atteggiamento riemerge nella forma anodina di un’astensione, ma il messaggio resta intatto: quando si tratta di scegliere tra cooperazione sanitaria e sovranismo ideologico, l’attuale maggioranza non ha dubbi. Preferisce lasciare sullo sfondo l’interesse sanitario globale, pur di difendere una narrazione che, da mesi, cerca di riscrivere anche la memoria del Covid come “esagerazione” o “strumentalizzazione”.

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L’accordo dell’OMS non impone obblighi coercitivi, come pure sottolinea il governo stesso nel suo documento ufficiale: non si autorizza l’Organizzazione a imporre lockdown, vaccinazioni o restrizioni ai viaggi. Il principio di sovranità è stato esplicitamente preservato. E allora perché astenersi? Perché ribadire ciò che è già sancito, se non per inviare un segnale politico a quella parte dell’elettorato che ancora si nutre di sospetto verso la scienza, verso le istituzioni internazionali, verso ogni idea di solidarietà oltre confine?

È difficile non cogliere, dietro questa mossa, una preoccupazione più rivolta agli equilibri interni che alla salute pubblica globale. Ancora una volta, il primato della convenienza politica prevale su quello della responsabilità. In gioco non c’è solo un documento tecnico, ma un principio cardine: la consapevolezza che la prossima pandemia — perché ci sarà — ci troverà più o meno pronti a seconda delle scelte che facciamo oggi.

L’accordo adottato a Ginevra è tutt’altro che perfetto, ma rappresenta una base su cui costruire un futuro più sicuro, più equo, più collaborativo. Rifiutare anche solo simbolicamente di sostenerlo, in nome di una “sovranità” svuotata di contenuto, non è prudenza. È miopia. E, peggio ancora, è l’ennesima dimostrazione che per una certa destra — quella che guarda con fastidio alla scienza e con sospetto alla cooperazione internazionale — la priorità non è la salute dei cittadini, ma il tornaconto politico di breve periodo. Anche a costo di riscrivere la lezione del Covid come se non fosse mai accaduta.

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