Claudia Sarritzu è una giornalista che ha lavorato con noi 10 anni e ha sempre dimostrato una grande sensibilità per ogni guerra che abbiamo trattato, spesso tra i pochi media in circolazione che hanno fatto luce su conflitti dimenticati e taciuti dalla maggior parte del giornalismo mainstream.
I suoi due profili Facebook (seguiti da un totale di 34 mila follower) nell’ultimo mese hanno condiviso le terribili e angoscianti notizie sulla Striscia di Gaza. Post che erano molto apprezzati e diffusi al punto da creare una insolita attenzione nei confronti delle pagine.
Una visibilità, per i contenuti trattati che non è piaciuta ad alcuni e alcune non d’accordo probabilmente con la “teoria” del genocidio che devono aver deciso di segnalarla in massa. Ed è così che due giorni fa, con una giustificazione generica “i suoi contenuti non rispettano gli standard della community”, Meta ha bloccato definitivamente il suo account.
Come ti sei sentita?
Ingenua. Credo sia la parola più corretta. Avevo inconsciamente creduto che quelle pagine fossero mie e non di Mark Zuckerberg che a giorni alterni si sveglia e decide se aprire o meno il rubinetto delle visualizzazioni su determinati argomenti. A marzo, Gaza dovevamo scriverla G4aza per non essere bannati dall’algoritmo, poi a fine aprile tutto è cambiato. Sembrava che le informazioni sulla Striscia potessero circolare con molta più facilità. Ci siamo illusi in tanti. Mi sono sentita quindi stupida ad aver considerato una potente azienda privata un “editore” illuminato che ti fa esprimere liberamente. Ovviamente nei limiti della democrazia e senza incitare a ulteriore odio, sia chiaro. Comunque tutto svanito, anche Instagram con tutti i ricordi dal 2010 a oggi scomparsi nel nulla. È un po’ come se ti strappassero una identità digitale. Uno spazio virtuale dove avevo condiviso molte battaglie sociali.
Si può fare qualcosa per riavere indietro il tuo account?
Meta stesso ti suggerisce di rivolgerti alla giustizia civile che in sostanza significa anni di attesa e spese legali. Il mio era un account senza stellina. Non pagavo nessun abbonamento come hanno scelto di fare molti giornalisti, politici, influencer. Credo che anche questo abbia influito.
Cioè
La mia pagina non è stata verificata da una persona anche dopo il ricorso ma da un algoritmo. Non ero una “cliente” importante per la piattaforma probabilmente.
Cosa consigli di fare a chi usa i social come te per denunciare crimini e ingiustizie e portare l’attenzione su temi delicati e divisivi?
Come fa a essere divisivo un genocidio? Si può davvero essere d’accordo? Ma anche se lo chiamassimo massacro di bambini, perché dovrebbe dividere? È tutto così assurdo. I crimini non sono opinioni. Ce lo hanno insegnato gli stessi sopravvissuti all’Olocausto. Viviamo un’epoca in cui crediamo semplicemente di essere liberi ma non lo siamo assolutamente. Pensate a tutte le persone identificate per una bandiera palestinese esposta. Sveglia! I palestinesi sono il popolo occupato e massacrato, non i carnefici? Perché si dovrebbe identificare chi manifesta solidarietà per loro?
Consiglio di continuare a non tacere. Mi hanno bloccato il profilo. Ne ho aperto un altro dove continuo a scrivere quello che oggi va scritto su questo genocidio. Non abbiamo altra scelta se vogliamo salvare la nostra umanità