Un nuovo scandalo scuote il governo di Giorgia Meloni e riaccende i riflettori sul rapporto, sempre più controverso, tra politica e libertà di stampa. Una mail firmata da Agostino Ghiglia, esponente di punta di Fratelli d’Italia e uomo di fiducia della premier, rivela un contatto diretto con Arianna Meloni, sorella della presidente del Consiglio, proprio alla vigilia della multa milionaria inflitta dall’Agcom al programma di inchiesta Report.
«Domani vado da Arianna Meloni», scrive Ghiglia in un messaggio inviato agli uffici del Garante per le Comunicazioni. Una frase che oggi appare come la chiave di volta di un caso che intreccia potere politico, organi di controllo e giornalismo d’inchiesta.
L’inchiesta di Report, curata da Sigfrido Ranucci, aveva acceso i riflettori su un audio privato della moglie del ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, suscitando reazioni furiose nel governo e nei vertici della Rai. Di lì a poco, l’Agcom aveva deciso una sanzione record contro la trasmissione di Rai3, accusandola di aver violato la privacy e i principi deontologici del servizio pubblico.
Ma la rivelazione di questa mail ribalta tutto. Perché se un alto dirigente di Fratelli d’Italia scrive agli uffici del Garante per annunciare un incontro con la sorella della premier alla vigilia di una decisione così delicata, il sospetto di pressioni politiche diventa inevitabile.
Agostino Ghiglia non è un nome qualunque: ex deputato del partito e militante fin dai tempi del Movimento Sociale Italiano, è considerato da molti un fedelissimo della cerchia meloniana. La sua frase – «Domani vado da Arianna Meloni» – pesa come un macigno. Arianna, da tempo al centro dell’apparato organizzativo di Fratelli d’Italia, è la figura che più di ogni altra rappresenta il legame tra famiglia e partito, tra il potere pubblico e quello privato.
La notizia della mail, emersa nelle ultime ore, rischia di travolgere l’Agcom e di aprire una crisi istituzionale. Perché la Commissione di Vigilanza Rai e l’Autorità per le Comunicazioni, organismi teoricamente indipendenti, si troverebbero ora al centro di un possibile condizionamento da parte del governo. Un colpo durissimo per la credibilità delle istituzioni e per la stessa premier, che ha sempre rivendicato l’autonomia delle autorità di garanzia.
Il caso si inserisce in un contesto già carico di tensioni. Da mesi, la Rai è accusata di essere sotto il controllo diretto del governo: nomine pilotate, giornalisti critici spostati o silenziati, trasmissioni d’inchiesta ridimensionate o penalizzate. Report, da sempre punto di riferimento per il giornalismo investigativo, è diventato il bersaglio privilegiato di chi, nel potere politico, considera la critica un affronto.
Ora la rivelazione di Ghiglia fa saltare il velo. Se l’Agcom è stata influenzata per colpire Report, siamo davanti a una deriva pericolosa, che mette a rischio il principio stesso di indipendenza dell’informazione. Le reazioni non si sono fatte attendere: le opposizioni parlano di “caso gravissimo”, chiedono le dimissioni immediate di Ghiglia e una inchiesta parlamentare urgente. Le associazioni per la libertà di stampa invocano una riforma dell’Agcom che la sottragga definitivamente al controllo politico.
«È in gioco il diritto dei cittadini a sapere», denunciano Articolo 21 e la Federazione nazionale della stampa. «Non può esistere una democrazia dove chi indaga sul potere viene punito dal potere stesso».
Giorgia Meloni, che si è sempre presentata come paladina della trasparenza, si trova ora di fronte a un banco di prova decisivo. La questione non riguarda solo il comportamento di un suo uomo di fiducia, ma la credibilità dell’intero esecutivo.
Stasera Report tornerà in onda con nuovi documenti e testimonianze. E non sarà solo televisione: sarà un atto di resistenza civile. Perché la democrazia, quando il potere tenta di zittire la verità, non si multa. Si difende.