Negli ultimi giorni l’Unione europea è tornata al centro di una convergenza di attacchi politici e simbolici provenienti da più fronti, dagli Stati Uniti alla Russia fino alla Cina. Al di là delle differenze ideologiche, il messaggio che emerge è sorprendentemente uniforme: Bruxelles sarebbe un bersaglio facile, un progetto indebolito e prossimo al collasso.
A rafforzare questa percezione contribuisce anche il clima politico interno al continente. In diversi paesi europei le forze di estrema destra risultano in forte crescita: guidano i sondaggi in Francia e in Germania e avanzano anche nel Regno Unito, che, pur fuori dall’Unione dopo la Brexit, si è riavvicinato all’Europa continentale dopo l’invasione russa dell’Ucraina. Questa dinamica è osservata con attenzione sia a Washington sia a Mosca, come emerge anche dai più recenti documenti strategici statunitensi sulla sicurezza.
In questo contesto, il 17 dicembre a Bruxelles si è svolto un incontro del gruppo dei Patrioti al Parlamento europeo, che riunisce varie forze dell’estrema destra. Marine Le Pen ha utilizzato l’occasione per attaccare frontalmente la Commissione europea e la sua linea sull’Ucraina, con toni insolitamente duri. Nello stesso giorno, il primo ministro ungherese Viktor Orbán ha rilanciato lo slogan “make Europe great again”, riecheggiando apertamente il linguaggio e l’immaginario del movimento Maga di Donald Trump.
Proprio da Washington arriva uno dei principali fattori di pressione sull’Unione. L’amministrazione Trump accusa Bruxelles di discriminare le aziende statunitensi e minaccia ritorsioni commerciali e fiscali, parlando di “persecuzione legale” e di accanimento normativo. La polemica si è intensificata dopo il ritorno di Trump alla Casa Bianca ed è diventata uno dei cardini del confronto transatlantico.
È in questo quadro che si inserisce il gesto di Elon Musk. Il 6 dicembre, il proprietario di X ha pubblicato un tweet in cui invocava apertamente la dissoluzione dell’Unione europea e il ritorno a una struttura fondata sugli stati-nazione. Il messaggio è stato interpretato come una reazione diretta a una multa inflitta dalla Commissione europea alla sua piattaforma per il mancato rispetto delle regole comunitarie sui servizi digitali.
Il tweet di Musk ha trovato immediatamente sponde politiche a Mosca. A condividerlo e approvarlo pubblicamente è stato Dmitry Medvedev, vicepresidente del Consiglio di sicurezza della Federazione Russa, che ha commentato positivamente il messaggio sulla piattaforma X. L’episodio è stato rilanciato anche dall’agenzia russa Tass, diventando parte di una narrazione più ampia sulla presunta fragilità dell’Europa.
Pochi giorni dopo, lo stesso tema è riemerso in Asia. Il South China Morning Post, quotidiano di Hong Kong oggi controllato dal gruppo cinese Alibaba e un tempo considerato una delle voci anglofone più autorevoli della regione, ha pubblicato un editoriale firmato da un commentatore nazionalista cinese. Il titolo era inequivocabile: «Sarà la Russia a mettere fine all’Unione europea, e non viceversa». Un segnale di come l’idea di un’Europa in declino stia attecchendo anche nel discorso pubblico cinese.
Sul fronte russo, l’Ucraina resta il principale terreno di scontro con l’Unione. Il 17 dicembre, mentre erano in corso trattative per un possibile cessate il fuoco, Vladimir Putin ha attaccato verbalmente i leader europei, definendoli “porcellini” destinati a perdere il potere. Nello stesso intervento ha ribadito l’obiettivo di “liberare le terre storiche” della Russia, parole pronunciate proprio mentre i Ventisette si riunivano per discutere come finanziare il sostegno militare a Kiev.
Nonostante questo fuoco incrociato, i dati sull’opinione pubblica raccontano una realtà più complessa. I sondaggi indicano che una maggioranza di cittadini europei continua a sostenere l’Unione e gli aiuti all’Ucraina, una tendenza che resiste persino tra gli elettori delle destre radicali. Tuttavia, dall’esterno, l’Europa appare sempre più come un progetto percepito come logoro, un’eredità del passato su cui è possibile fare pressione senza temere reazioni decisive.
È su questa convinzione che si innestano, in forme diverse, le offensive retoriche di Musk, le prese di posizione di Medvedev, le minacce dell’amministrazione Trump e gli editoriali ostili pubblicati sulla stampa cinese: tasselli di una stessa narrazione che presenta l’Unione europea come un’entità vulnerabile, esposta e sempre più isolata.
