Dopo la fiaccolata nella notte, per attendere le tragiche 3.32, ora della scossa distruttiva, oggi, finiti i trionfalismi di Protezione civile e capo del Governo, la visita accolta con gratitudine del Presidente della Repubblica.
«Gli aquilani non devono aver paura di essere dimenticati». Lo ha detto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, oggi all’Aquila per partecipare alla funzione religiosa, celebrata dall’arcivescovo Giuseppe Molinari, in ricordo delle vittime del terremoto di due anni fa. «Per fortuna – ha detto il capo dello Stato – la coscienza civica del nostro paese, degli italiani, non è al di sotto del dovere, del ricordo e della vicinanza. La mia presenza qui oggi, al di là della mia persona, rappresenta sul piano istituzionale il capo dello Stato e conferma come gli italiani siano sempre stati e siano sempre vicini e solidali». «Nessuno – ha sottolineato – ha cancellato neanche per un solo momento dalla sua memoria la tragedia del terremoto che ha colpito questa bellissima città e che ha visto poi impegnati popolazione e cittadini con il concorso di altre parti d’Italia in uno sforzo straordinario per la sopravvivenza ed il rilancio. Sappiamo che le questioni di prospettiva sono complesse ma deve essere chiaro che per noi L’Aquila vale quanto la più grande delle città storiche del nostro paese». Secondo Stefania Pezzopane, assessore comunale alla Cultura e alle Politiche sociali de L’Aquila, «la città nel 2010 era arrabbiata. Ora, dopo due anni, si ritrova disillusa, rassegnata».
La commozione degli aquilani
Di città storiche ha proseguito Napolitano «ne abbiamo di grandi, di medie e anche di piccole quanto a dimensioni e tutte costituiscono un tesoro del nostro paese riconosciuto in campo internazionale: anche con quest’occhio guardiamo a L’Aquila che non solo ha bisogno di lavoro, studio e attività quotidiana dei cittadini, ma anche della rinascita di questo bellissimo centro storico». Prima di prendere parte alla messa in suffragio delle vittime, il presidente ha voluto salutare un gruppo di studenti delle scuole e dell’università che lo hanno atteso e applaudito davanti alla basilica di Collemaggio. Alcuni di loro si sono commossi: «Se l’emozione significa, come significa – ha detto Napolitano – capacità di riflessione e di coinvolgimento anche umano e sociale, questo non può che essere un dato positivo».
Era il 6 aprile 2009
Inadeguatezza delle parole e il rischio della retorica. Partiamo dal ricordo dei fatti. Rifugio contro ogni ipocrisia, la breve scheda che possiamo tutti leggere su Wikipedia. Didascalico e asettico. «Il terremoto de L’Aquila del 2009 consta di una serie di eventi sismici iniziati nel dicembre 2008 e susseguitesi per diversi mesi fino a maggio 2010, con epicentri nell’intera area della città, della conca aquilana e di parte della provincia de L’Aquila. La scossa principale, verificatasi il 6 aprile 2009 alle ore 3:32, ha avuto una magnitudo pari a 5,9 della scala Richter e 6, con epicentro nella zona compresa tra le località di Roio Colle, Genzano e Collefracido, interessando in misura variabile buona parte dell’Italia centrale. Ad evento concluso il bilancio definitivo è di 308 vittime, oltre 1600 feriti e oltre 10 miliardi di euro di danni stimati». La forma impersonale di un’autopsia. Crudele. Ce ne scusiamo e assieme la facciamo nostra. Il terremoto ha ammazzato e distrutto ma altre responsabilità, successive, ci appaiono più gravi e colpevoli. Per ricordarvi e ricordarci ci siamo rifugiati nella raccolta delle testimonianze. Il racconto di ieri per parlare del domani che vi era stato promesso subito e che neppure si affaccia all’orizzonte.