Scrivere a urne aperte è sempre esercizio rischioso.
Ma nel caso del Referendum sul nucleare in Sardegna è quasi un obbligo. La notizia del raggiungimento del quorum – il Referendum è consultivo e quindi basta il 33% degli aventi diritto – con il dato sull’affluenza alla chiusura dei seggi delle 22 è stato accolto, nelle community virtuali, con grande giubilo e soddisfazione, anche se non sono mancati la delusione per “l’esiguità” del dato numerico.
Il 39,8% dei sardi ha votato per il Referendum – si vota anche oggi fino alle 15 – ma il rischio, ed è comprensibile che sia così, è che il risultato sul questito referendario passi in secondo piano rispetto alle amministrative di Cagliari, Olbia, Carbonia, Iglesias, Villacidro e di tutti gli altri centri, piccoli e grandi, nei quali si vota per eleggere il Sindaco e il Consiglio Comunale.
Alcuni, leggendo il dato sull’affluenza, hanno storto il naso: troppo pochi, dicono, per un tema che riguarda il nostro futuro. Io credo che la prima cosa da fare è essere estremamente soddisfatti del fatto che nella prima giornata nella quale si è votato il quorum, e non era scontato, sia stato raggiunto.
Non era scontato perchè le elezioni amministrative si svolgono in 97 comuni su 377 e perchè su questi temi, soprattutto nelle aree rurali e nei piccoli centri, non è semplice intercettare gli elettori.
Se a ciò si aggiunge la confusione con il Referendum del 12 e 13 giugno, la presenza, soprattutto nelle aree rurali, di un elettorato anagraficamente vecchio e la “zavorra” degli elettori iscritti nelle liste estero dei comuni si capisce che il raggiungimento del Quorum fin dal primo giorno sia un dato assolutamente positivo.
A tal proposito sarebbe interessante che qualcuno, magari le Università sarde, facessero un’indagine sull’età dei votanti per il solo Referendum ovvero nei Comuni nei quali non si è votato per le amministrative, ma solo per il quesito referendario. Io credo che la sorpresa – almeno dal mio punto di osservazione la vedo così – sarebbe nel fatto che questo è un Referendum che ha visto coinvolti soprattutto i giovani. Giovani, coinvolti e informati, non attraverso i consueti canali della propaganda elettorale (manifesti, stampa), ma attraverso i Social Network. E credo che siano stati i giovani a coinvolgere nonni e genitori per indurli ad andare a votare.
Nei paesi della Sardegna non si è visto un manifesto, un volantino. Solo qualche sporadica e lodevole iniziativa di singoli esponenti dei partiti di centrosinistra e del mondo indipendentista. E nonostante questo il quorum è stato raggiunto. Nonostante il finto impegno a favore dell’affluenza e del Si della destra al governo, una destra – ed è bene rimarcarlo – che non ha mosso un dito, lasciando l’onere del raggiungimento del quorum al Pd, ai partiti di centrosinistra e del variegato mondo dell’indipendentismo sardo.
Nella giornata di oggi, trainati anche dalla crescita dell’affluenza a Cagliari e Olbia e negli altri centri nei quali si vota per le amministrative, bisogna incrementare notevolmente il risultato. Penso che la soglia del 50% dei votanti possa essere raggiunta e superata con relativa facilità, poi il dato che mediaticamente dovrebbe sostiruire quello sull’affluenza riguarda il numero dei Si.
Se come credo i Si raggiungeranno percentuali consistenti i sardi e la Sardegna – vista anche la normativa che delega le Regioni per la decisione finale sul nucleare – avranno posto un argine invalicabile alla costruzione di centrali nucleari e allo stoccaggio di scorie sulla nostra terra.
Un argine che i sardi avranno posto nonostante l’ambiguità della destra al governo, nonostante la mancata informazione, nonostante il favore di Berlusconi e dei suoi accoliti.
il Gran Capo e i suoi vassalli sardi saranno i veri sconfitti da questo Referendum che ha il futuro della Sardegna come risultato immediato e come orizzonte politico. Un orizzonte politico che deve mettere le esigenze della nostra terra davanti a tutto, contro colonialismi vecchi e nuovi, contro i saccheggi delle risorse naturali e contro la trasformazione definitiva della nostra terra in un villaggio vacanza o in una lurida pattumiera.
Ogni voto che si aggiungerà da qui alle 15 rafforzerà l’idea che una Sardegna diversa è possibile, una Sardegna orgogliosa nel difendere se stessa dagli attacchi dei gerarchi berluscosardi proni ai desideri di un capo depravato per cui è cominciato “l’inizio della fine”.
Una fine che sarebbe bello iniziasse dalla Sardegna, terra che ha sempre umiliato e vilipeso.