di Angelo Angeli
Berlusconi ha deciso di dire sì all’interrogatorio dei giudici di Napoli. Sarà sentito, in qualità di testimone del ricatto subito dai Tarantini e da Lavitola, domani o venerdì a Palazzo Chigi.
I magistrati della Procura napoletana che indagano sul caso Tarantini gli avevano dato, ieri, un ultimatum (il Pdl aveva parlato addirittura di golpe).
Il premier poteva scegliere tra quattro date, ma doveva presentarsi a Napoli.
Poi la svolta con il sì del presidente del Consiglio.
Ieri sera è stato interrogato, a Roma, anche l’avvocato-parlamentare Ghedini, che aveva detto, in precedenza, di non aver mai saputo nulla dei pagamenti ai Tarantini.
L’ultimatum a Berlusconi: le notzie del 13 settembre
Questo l'”ultimatum” della Procura partenopea al presidente del Consiglio, che da giorni chiede di ascoltarlo in qualità di testimone nell’inchiesta sulla presunta estorsione ai suoi danni da parte di Giampaolo Tarantini e Valter Lavitola.
La rosa di possibili date per l’audizione di Berlusconi è stata stilata dalla Procura: il calendario va da giovedì 15 settembre a domenica 18, dalle ore 8 alle ore 20.
A quanto si è appreso, nel caso di un rifiuto a farsi ascoltare, i pm avvierebbero la procedura per l’accompagnamento coatto del testimone.
Un’ipotesi – va precisato – comunque giudicata “remota” da fonti della Procura e che dovrebbe essere avallata dal parere positivo della Camera.
Intanto il presidente del Consiglio, tramite il suo difensore napoletano, Michele Cerabona, ha presentato un memoriale nel quale ricostruisce le somme di denaro versate a Giampaolo Tarantini.
Una memoria che la Procura, come sottolineato già nei giorni scorsi, non reputa sufficiente in quanto i magistrati ritengono che il premier debba chiarire anche altri aspetti. In pratica, rispondere alla domande dei magistrati.
Berlusconi oggi a Bruxelles
Un primo faccia a faccia tra il Cavaliere e i pm napoletani era in programma per oggi, ma è saltato a causa degli impegni in Europa del capo del governo.
Questo l’escamotage ecogitato dal Cavaliere per evitare l’interrogatorio dei giudici di Napoli. Non a caso, lo staff di Barroso ha confermato che è stato proprio Berlusconi a chiedere l’incontro. E per questo il nostro presidente del Consiglio viene snobbato dagli stessi leader europei.
Il presidente del Parlamento europeo, Jerzy Buzek, ieri sera lo ha addirittura gelato facendo sapere che non potrà dedicargli più di un paio di minuti, visto che non si tratta nemmeno di una visita ufficiale.
Ad ogni modo la trasferta europea del Cavaliere lo vedrà passare da Bruxelles a Strasburgo per incontrare il presidente del Consiglio Van Rompuy e quello della commissione Ue, Josè Barroso.
Si mostra tranquillo
Ma il premier rigetta con sdegno le accuse di chi all’opposizione considera il suo un viaggio messo in piedi ad arte per sfuggire i pm di Napoli che avrebbero dovuto oggi far visita a palazzo Chigi per sentirlo come persona informata sui fatti nell’affaire Tarantini-Lavitola.
Nelle sue uscite pubbliche il Cavaliere ostenta una certa tranquillità, ma in privato il suo umore è altalenante.
Il timore di una terza manovra
Alla full immersion europea di oggi, infatti, il premier ci arriva con un doppio timore. Da una parte pesa l’avvertimento contenuto nel Rapporto 2011 della Commissione europea sulle Finanze pubbliche, in cui si ventila per l’Italia l’ipotesi di “azioni aggiuntive” se “le entrate da una migliorata tax compliance saranno minori di quanto previsto”. Insomma, il rischio di una terza manovra.
Le intercettazioni di Bari
Dall’altra, c’è lo spettro della notizia di fine indagini dell’inchiesta di Bari su Tarantini che potrebbe portare da metà settimana sulla stampa un profluvio di intercettazioni che vengono definite “imbarazzanti”. Nel frattempo Berlusconi, che ieri ha passato buona parte della giornata chiuso ad Arcore con i suoi avvocati, oggi farà pervenire ai pm partenopei una memoria scritta in cui dà tutte le spiegazioni sulla vicenda che lo vede parte lesa.
Il presidente del Consiglio continua a sostenere di aver soltanto aiutato una famiglia in difficoltà e si sfoga contro quello che ritiene l’ennesimo accanimento di certi pm che tentano di sovvertire la volontà popolare per via giudiziaria.
E se nei momenti di scoramento con alcuni collaboratori fidati butta lì la sua voglia di mollare, di certo Berlusconi rispedisce al mittente qualsiasi ipotesi di “exit strategy” in cambio di un suo precoce allontanamento da palazzo Chigi. “Se sono in grado – insiste – mi sfiducino in Parlamento, vedremo chi ha i numeri”.
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