“Perché non si è ancora tornato in Italia?”, gli ha subito chiesto Enrico Mentana nell’anticipazione del Tg delle 20. “Perché non sono l’uomo nero”, ha risposto. “Non mi consegno, in attesa che si chiariscano le cose. Gianpi Tarantini ha passato un mese in carcere per nulla. Un mese dopo il Riesame ha cambiato l’impostazione delle accuse. (…) E mi dovrei consegnare, quando magari tra un mese mi diranno: ‘Ci scusi, ci eravamo sbagliati?…’.
Negare sempre.
Pur inciampando sulle domande più spinose, ieri sera Valter Lavitola era spavaldo durante la prima puntata della nuova trasmissione di Mentana, “Bersaglio mobile”. Per nulla intimorito dalle domande dei giornalisti l’imprenditore del pesce, ex direttore de l’Avanti, faccendiere e amico di Berlusconi ieri ha negato tutto ciò di cui è stato accusato (secondo la procura di Napoli avrebbe ricattato il premier con Tarantini dopo che questi gli aveva fornito escort, secondo il tribunale del Riesame è invece complice del premier nel corrompere l’imprenditore barese).
Nulla di tutto ciò corrisponde a verità, dice Lavitola, l’unica cosa che ammette è la minaccia a Niccolò Ghedini, il legale del premier con cui l’editore non è mai andato troppo d’accordo.
“Una telefonata mi scagiona”
E’ a Panama, ritornerà solo quando la sua innocenza sarà provata, spiega. Ma al fuoco delle domande dei quattro giornalisti risponde evasivo. La sua difesa si mantiene tutta su un’intercettazione che non appare nell’inchiesta napoletana. Una conversazione in cui avrebbe cercato di convincere Berlusconi a dare finalmente quei 500.000 che “quel rompiscatole” Tarantini chiedeva, per fargli avviare un’attività imprenditoriale “Che facciamo? Glieli mettiamo a disposizione? Quello consuma come una Ferrari…”, è il passaggio chiave. “Adesso che le carte andranno a Bari farò richiesta a quella Procura per sapere che fine ha fatto quella intercettazione”, dice.
La somma anticipata a Tarantini
Quella somma, peraltro, Lavitola dice di averla anticipata di tasca propria ai Tarantini grazie alla vendita di due pescherecci e di altri beni a Panama.
E gli sarebbe stata restituita solo in parte: 255.500 euro utilizzati per le spese di Tarantini e avuti in diverse tranche, ma mai tramite un bonifico del premier su conto estero. La restituzione della somma avveniva – guardacaso – con il sistema delle “fotografie” (buste con 20.000 euro ciascuna) che mensilmente la segretaria del premier, Marinella, consegnava all’autista di Lavitola. Proprio come la donna ha raccontato ai magistrati.
Nessuna scheda telefonica straniera
Il faccendiere nega anche di aver fornito alcuna scheda telefonica peruviana a Berlusconi: a lui “ho dato una scheda italiana comprata da un mio collaboratore peruviano. Ho dato la scheda per timore di essere intercettato non per i contenuti illegali della telefonata ma perché parlavo di considerazioni riservate”.
Ma Lavitola non convince.
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