Eliminata, per ora, la chiamata diretta dei docenti da parte delle scuole, che aveva turbato i sindacati, il disegno di legge per la riforma degli organi collegiali continua l’iter in commissione Cultura a Montecitorio. E’ il Ddl Aprea contro cui venerdì scorso sono scesi in piazza li studenti medi di tutta Italia scontrandosi con uno sproporzionato schieramento di truppe antisommossa.
Valentina Aprea (Pdl) è la presidente della Commissione Cultura della Camera e relatrice del ddl.
Le scuole avrebbero autonomia statutaria, secondo il testo in discussione, e gli organi collegiali verranno spiazzati attraverso “il principio della distinzione tra funzioni di indirizzo, funzioni di gestione e funzioni tecniche”. L’autonomia statutaria, tradotta in italiano significa che l’unitarietà dell’istruzione sul territorio nazionale si va a far benedire assieme al pezzo di Costituzione su cui era sancita. Addio al Consiglio di Istituto che si restringe drasticamente e muta geneticamente in «Consiglio di Autonomia» (Cda, suona come consiglio di amministrazione) con l’ingresso dei privati a minare l’autonomia stessa e la qualità degli insegnamenti.
Il Dirigente scolastico sarà membro di diritto del Consiglio di Autonomia, la rappresentanza di genitori e insegnanti è paritetica e «agli studenti è assicurata la rappresentanza» ma lo Statuto di ogni singola scuola definirà le modalità di partecipazione delle componenti. Anche il Consiglio nazionale della pubblica Istruzione verrà cancellato con gli altri organi collegiali, rimpiazzato dal Consiglio nazionale delle Autonomie scolastiche presieduto dal Ministro con rappresentanti degli enti locali e provinciali e il Presidente dell’Invalsi.
Dalla scuola della Repubblica alla scuola del Governo fanno notare gli inguaribili sostenitori degli articoli 33 e 34 della Carta sempre più evanescenti. Dunque, ogni scuola avrà organi collegiali che funzionano in modo diverso e addirittura diversi organi di partecipazione. La partecipazione di studenti e genitori nelle classi è demandata allo statuto della scuola, non è più garantita dalla legge, diventa una sorta di concessione della scuola stessa. Potrebbero perfino non essere eletti ma cooptati in altro modo. Basta con l’assemblea di classe, il comitato degli studenti e dei genitori (riunione dei rappresentanti di classe) e l’assemblea generale d’istituto. Autonomia finta, partecipazione simbolica e privati liberi di influenzare l’istruzione.
Ecco perché i liceali si stanno ribellando al «porcellum scolastico», risultato della volontà bipartisan di smantellare la scuola della Repubblica.
L’Assemblea Cittadina dei licei romani, dopo le cariche di venerdì, ha voluto ricordare le ragioni di una vertenza che è solo all’inizio e che è scaturita dall’assemblea in Val Susa degli studenti della rete nazionale “studaut, uno dei settori giovanili dell’opposizione sociale al governo Monti e alle politiche di austerity. Ai ragazzi inseguiti dai celerini a Milano, Torino e Roma, non sfugge che la mancanza di fondi per l’istruzione è connessa strettamente al dirottamento di 500 milioni per cacciabombardieri e al fiume di soldi destinato alle grandi opere: «2 cm di Tav corrispondono a una borsa di studio universitaria» era scritto nel comunicato licenziato al termine della prima giornata di mobilitazione nazionale.
«La scuola rimane ancora una volta un luogo di costruzione e progettazione, opposizione e conflitto», hanno spiegato i settori che provano a contrastare il progetto di scuola-azienda comune ai governi degli ultimi vent’anni. Che sia l’inizio di un autunno che tarda a venire?
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