Picchi chi ti ha picchiato il figlio? È reato

La Cassazione condanna un genitore che aveva preso per capelli e orecchie il bullo che aveva umiliato il figlio: violenza privata. Tre mesi di carcere (convertiti in multa).

Picchi chi ti ha picchiato il figlio? È reato
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8 Ottobre 2012 - 15.55


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Dalla Cassazione arriva oggi un netto no alla giustizia fai da te per difendere il proprio figlio da un piccolo bullo. I genitori non possono lasciarsi andare a condotte violente per punire o rieducare chi maltratta il proprio bambino. Così i giudici hanno confermato la condanna a tre mesi di reclusione
(convertita in 3.420 euro di multa) al risarcimento dei danni, al pagamento di una provvisionale di 4mila euro e alla refusione delle spese per la parte civile, inflitta a un uomo dalla Corte d’Appello di Bologna per violenza privata e percosse ai danni di un ragazzino tredicenne.

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L’uomo, ora condannato, aveva costretto l’adolescente, prendendolo per i capelli e per un orecchio, a
seguirlo nella camera del proprio figlio di undici anni, e a inginocchiarsi dinnanzi a quest’ultimo per chiedergli scusa per le “umilianti e ripetute vessazioni”. Il papà aveva minacciato il tredicenne che, se non lo avesse fatto, “gli avrebbe pisciato in bocca”, e lo aveva colpito con due schiaffi sul viso.

La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso dell’imputato rilevando che la condotta di questo era stata “reiteratamente violenta, sotto tutti i profili” e “proiettata verso un obiettivo di punizione e rieducazione, assolutamente al di fuori della sua competenza ed estranea alle regole di civiltà che sempre e comunque devono vincolare le azioni e le reazioni dei
cittadini”.

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La pena inflitta all’imputato, secondo la Cassazione, è stata “calibrata e commisurata razionalmente
alla gravità del danno cagionato al minorenne, la cui persona è stata sicuramente sconvolta e alterata sul piano psichico”. Infine, i giudici di Piazza Cavour osservano come, nel caso in
esame, non si possa parlare di legittima difesa: “l’imputato – si legge nella sentenza depositata oggi – era dinanzi a una singola e civile prospettiva decisionale e operativa”, ossia rivolgersi ai gestori del centro sportivo dove gli atti di bullismo si erano verificati. La sua “scelta di agire con molteplice violenza sul giovane e immatura – conclude la Corte – non è stata assolutamente necessitata”.

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