In galera per non morire di fame
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In galera per non morire di fame

A Calogero De Caro è stato contestato il reato di evasione dagli arresti domiciliari. Lo ha fatto intenzionalmente per farsi arrestare. «In carcere almeno mangio».

In galera per non morire di fame
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Onofrio Dispenza Modifica articolo

21 Ottobre 2013 - 10.07


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di Onofrio Dispenza

Per amare questo Paese che ci fa tanto penare, ci si deve sforzare a cercare nelle pieghe della sua veste una qualche lucciola impigliata nella trama del tessuto. E allora, continuerai ad amarlo perché avrai capito che è fatto anche di una umanità dolente che non ha alcuna attenzione e che andrebbe scoperta e raccontata.

Nella storia che andiamo a raccontare ci sono due elementi del nostro tempo: la fame e il carcere, due piaghe sul corpo coperto da quella veste che nelle pieghe può offrirci una lucciola.

Calogero De Caro ha 41 anni. Vive a Licata, profondo Sud coi piedi nel Mediterraneo, acquario nel quale affogano le disperazioni. Calogero ha violato intenzionalmente gli arresti domiciliari per farsi arrestare dai carabinieri, per farsi portare in carcere. Quando ha bussato in caserma, violando i domiciliari, ha detto: “Ho fame, portatemi in carcere. Lì almeno mangio… Ed anche due volte al giorno…”.

Qualche tempo fa, Calogero era stato denunciato dalla moglie. La picchiava, forse anche per rabbia, per la disastrosa situazione economica in cui versava la famiglia. La fame toglie il senno. C’era stata la separazione, il giudice aveva disposto gli arresti domiciliari per Calogero in vista del processo.

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Non potendo lavorare, Calogero ha vissuto in una situazione disastrosa: senza luce, senza acqua e senza cibo.
Unica amica, la fame. È stata questa a consigliargli di farsi arrestare. Lui ci ha pensato un pò, poi si è reso conto di non avere scelta.

Così, qualche giorno fa si è alzato, ha chiuso la porta alle spalle e si è consegnato ai carabinieri che non hanno potuto fare altro che arrestarlo. L’indomani, il processo. Il giudice decide di scarcerarlo, spedendolo nuovamente ai domiciliari. Aprendo la porta di casa, ecco l’incubo che aveva pensato di aver lasciato.

Calogero ha avuto solo il tempo di guardarsi attorno, forse di pensare ad una nuova, estrema provocazione. È stato a quel punto che hanno bussato alla sua porta. Erano i carabinieri, ma con alcuni sacchetti della spesa. Per lui. In caserma avevano fatto una colletta, erano andati al supermercato e comprato da mangiare per quell’uomo che si era aggrappato a loro per fame.

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Lucciole nella trama della veste di un Paese che ha tanta brava gente.

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